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Il proprietario di un cane che ferisca altre persone deve sempre risponderne, tanto più se l’animale è di grossa taglia, e anche se l’aggressione avviene in luogo privato: neanche il cartello “attenti al cane” basta a mandare indenne il padrone da responsabilità.

Con la sentenza n. 31821/23 depositata il 24 luglio 2023 la Cassazione ha riaffermato con forza i doveri e la posizione di garanzia di chi detiene un cane, al quale sono peraltro richieste cautele e una prudenza ancora maggiori laddove l’animale sia di una mole particolarmente importante e appartenga a razze definite pericolose.

 

Condannato padrone di un pitbull che ha aggredito un altro cane e il suo proprietario

L’episodio di cui si sono occupati gli Ermellini è accaduto a Reggio Emilia nell’ottobre 2017. Un uomo, mentre stava passeggiando con il suo cane, si era visto all’improvviso davanti un pitbull che era sceso da un’auto dopo essere sfuggito al padrone e che aveva attaccato il suo animale. Nel tentativo di staccare il suo cagnolino dalle fauci del cane più grosso, il padrone era stato da questi morso ad una mano e aveva riportato lesioni per una prognosi di dieci giorni.

Il proprietario del pitbull aveva dovuto quindi rispondere del reato di lesioni colpose ed era stato puntualmente ritenuto colpevole sia dal giudice di pace di Reggio Emilia sia, con sentenza del 2021, dal giudice monocratico del tribunale cittadino, che lo aveva condannato alla pena di 180 euro di multa oltre al risarcimento dei danni in favore della parte offesa quantificati in duemila euro.

Il proprietario sanzionato ricorre per Cassazione sostenendo che il suo cane aveva il guinzaglio

Il padrone del pitbull tuttavia non si è rassegnato e ha proposto ricorso anche per Cassazione, deducendo l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale in relazione all’errata individuazione della regola cautelare e sulla sua violazione. Il ricorrente ha innanzitutto sostenuto che il tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che il suo cane fosse senza guinzaglio e ha censurato come contraddittoria e illogica la motivazione della sentenza di condanna nella parte in cui giudicava credibile la testimonianza resa dalla parte civile.

Ma per la Suprema Corte il ricorso è del tutto inammissibile, sia per vizi procedurali sia soprattutto nel merito. “In tema di lesioni colpose la posizione di garanzia assunta dal detentore di un cane impone l’obbligo di controllare e custodire l’animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi, finanche all’interno dell’abitazione – premettono gli Ermellini citando un caso in cui erano stati ritenuti responsabili del reato di lesioni colpose gli imputati che avevano omesso di sistemare il cane in una zona dell’abitazione diversa da quella frequentata dagli ospiti)”.

 

Obblighi ancora più stringenti per le razze definite pericolose

E l’obbligo di custodia che grava sul detentore, proseguono i giudici del Palazzaccio, “a fronte di un cane di una razza che, per mole ed indole, si palesi più aggressivo, si attiva ancor più. Ne consegue che al proprietario del cane fa capo una posizione di garanzia per la quale egli è tenuto ad adottare tutte le cautele necessarie a prevenire le prevedibili reazioni dell’animale, considerando la razza di appartenenza ed ogni altro elemento rilevante”.

E qui la Cassazione si sofferma sulla particolare attenzione che viene richiesta nel caso in cui l’animale sia per sua natura più aggressivo. “Rientra in un criterio di assoluta logica che, attese le diverse potenzialità lesive, pur senza che operi alcuna presunzione, vi siano talune razze di cani che necessitino, normalmente, di una maggiore attenzione da parte di chi li detiene. Si tratta di un principio corretto, collegato alla posizione di garanzia che fa capo al detentore del cane, per la quale questi è tenuto ad adottare cautele necessarie a prevenire le prevedibili reazioni dell’animale, principio di cui deve essere ribadita la validità e che la sentenza impugnata ha effettivamente tenuto presente, pure oggi che è stata esclusa la rilevanza normativa della colpa collegata alla pericolosità dell’animale per l’abrogazione della lista delle razze pericolose, con una valutazione operata in concreto, In definitiva, la responsabilità del proprietario di un animale per le lesioni arrecate a terzi dall’animale medesimo, può  essere affermata ove si accerti in positivo la colpa in forza dei parametri stabiliti in tema di obblighi di custodia dall’art. 672 cod. pen.

 

Neanche il cartello “Attenti al cane” basta per andare esenti da colpe in caso di aggressioni

Non solo, la Suprema Corte ribadisce anche che, “in caso di custodia di animali, al fine di escludere l’elemento della colpa, rappresentato dalla mancata adozione delle debite cautele nella custodia dell’animale pericoloso, non basta peraltro che questo si trovi in un luogo privato o recintato, ma è necessario che in tale luogo non possano introdursi persone estranee”. E qui gli Ermellini citano una recente sentenza della stessa Cassazione, sezione IV, la n. 17133/17, nella quale “questa Corte di legittimità ha altresì ritenuto che un cartello “Attenti al cane” ben in vista al cancello d’ingresso della villetta non bastasse, ex se, per escludere la responsabilità del padrone per il comportamento violento del cane che aveva aggredito e cagionato lesioni ad un postino, in quanto egli dovesse comunque provvedere ad un’adeguata custodia, così da evitare la possibilità di danni alle persone”. 

Peraltro, fanno notare i giudici del Palazzaccio, la circostanza che il cane fosse al guinzaglio era stata smentita dalle dichiarazioni testimoniali, che avevano chiarito come il cane avesse sì il guinzaglio al collo ma se lo fosse “tirato dietro” e al riguardo delle prove testimoniali, la Cassazione rammenta anche che, per quanto attiene la loro valutazione, l’attendibilità della persona offesa dal reato è una “questione di fatto, non censurabile in sede di legittimità, salvo che la motivazione della sentenza impugnata sia affetta da manifeste contraddizioni, o abbia fatto ricorso a mere congetture”. Ma non era il caso della sentenza impugnata, nella quale il giudice aveva ben dato conto dei “criteri in base ai quali ha ritenuto attendibile la persona offesa”. Ergo, ricorso rigettato e condanna a padrone del pitbull confermata.

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Responsabilità Civile

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