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Ululati a ogni ora del giorno e, soprattutto, di notte “meritano” un congruo risarcimento. Non è un mistero che le liti condominiali rappresentino uno dei “filoni” principali delle cause che oberano i tribunali italiani, secondo alcune fonti coprirebbero addirittura il 50 per cento dell’intero contenzioso civile: non esistono al riguardo dati ufficiali, ma si parla di oltre due milioni di cause pendenti.

E la il Covid ha, se possibile, addirittura peggiorato la situazione avendo aumentato le ore in cui le persone sono dovute restare a casa, e quindi avere inevitabilmente più rapporti con i vicini, prima con il lockdown e poi con il massiccio utilizzo dello smart working: da alcune statistiche emerge che se prima della pandemia erano sei su cento le persone in lite con i vicini, ora sono saliti a dieci. 

Rapporti con gli animali domestici uno dei motivi più frequenti delle liti condominiali

Tra i motivi più frequenti alla base dei contenziosi si trovano gli odori e i rumori molesti, casistica, questa, acuita durante i mesi estivi, e quella, strettamente connessa, dei rapporti con gli animali domestici, in particolar modo quando questi si trovano in aree comuni del condominio come l’ascensore ed il cortile. 

Ma se si è tormentati dai cani del vicino che abbiano senza soluzione di continuità, impedendo anche il riposo notturno, e se le rimostranze e le richieste alla controparte di mettere la sordina agli animali non trovano alcun riscontro, si si possono chiedere i danni? Assolutamente sì, prova ne sia una recente ordinanza della Cassazione, la n. 23408/22, depositata il 27 luglio 2022, che ha affrontato un tipico caso sul genere. 

 

Condomino cita il vicino per i danni causatigli dal disturbo provocato dai cani di quest’ultimo

Un condomino aveva citato in causa un vicino chiedendogli i danni alla salute subiti a causa dei continui e fastidiosi ululati e guaiti emessi dai cani di quest’ultimo, soprattutto nelle ore notturne dedicate al riposo, e prodotti sia nel terrazzo del suo appartamento sia sul terreno condominiale comune.

La domanda era stata accolta prima dal Tribunale di Nicosia nel 2012 e poi, con sentenza del 2020, dalla Corte d’Appello di Caltanissetta, che aveva parzialmente accolto il gravame in via principale proposto dal danneggiato e rigettato quello in via incidentale del proprietario degli animali. 

Il padrone degli animali ricorre in Cassazione, che però conferma la condanna al risarcimento

Il quale tuttavia non si è dato per vinto e ha proposto ricorso anche per Cassazione denunciando la violazione e falsa applicazione di tutta una serie di capi di legge, tra cui gli articoli, 2043, 2056, 2059, 2697 del codice civile e dell’art. 360 del Codice delle assicurazioni private.

Per la Suprema Corte, tuttavia, i motivi di doglianza sono tutti inammissibili. “A fronte dell’accertamento in fatto e delle ragioni poste dai giudici di merito a base delle conclusioni raggiunte nell’impugnata sentenza, l’odierno ricorrente formula censure invero prospettanti inammissibili profili di novità, inammissibili vizi di carattere, ovvero improntati ad assoluta apoditticità” obietta la Cassazione.

In buona sostanza, il ricorrente ha prospettato ai giudici del Papazzaccio una rivalutazione del merito della vicendacomportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità, nonché una rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimità riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi”.

Dunque, condanna al risarcimento del vicino confermata e anche quella al pagamento delle spese di giudizio.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Responsabilità Civile

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