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Il committente non va esente da colpe in caso di danni arrecati a terzi dall’esecuzione di opere effettuate sulla base di un contratto d’appalto ed è sempre gravato dalla responsabilità oggettiva di cui all’art. 2051 del codice civile, che non viene meno per la semplice consegna dell’immobile in questione all’appaltatore per l’esecuzione dei lavori.

Con l’ordinanza n. 12909/22 depositata il 22 aprile 2022 la Cassazione ha ribadito con forza un orientamento ormai assodato della Suprema Corte e chi dà in appalto un determinato intervento su un proprio bene deve tenerne debitamente conto e non ritenere, come si fa spesso, che se accede qualcosa ne risponderà solo l’esecutore delle opere.

Proprietà condannata a risarcire i danni di un incendio causato da lavori sul suo edificio

Con sentenza del giugno del 2019 la Corte d’Appello di Milano, confermando peraltro la decisone di prime cure, aveva condannato ai sensi dell’art. 2051 c.c. una società immobiliare e un’impresa edile a risarcire i danni subiti da altre due attività a seguito di un incendio sviluppatosi dal tetto del fabbricato dove queste ultime due società avevano la propria sede in locazione nel periodo in cui sull’edificio la ditta edile stava eseguendo un intervento di manutenzione della guaina impermeabilizzante su incarico della proprietà rappresentata appunto dall’immobiliare.

La società immobiliare ricorre per Cassazione contestando la responsabilità oggettiva

La quale ha impugnato la sentenza anche per Cassazione contestando la ritenuta configurabilità in capo ad essa di una responsabilità oggettiva da cose in custodia, ex art. 2051 cod. civ., e per avere la Corte di merito comunque esclusa la sussistenza del caso fortuito, rappresentato dalla condotta colposa dell’appaltatrice, considerato che l’evento si era verificato in contemporanea a lavori svolti con l’utilizzo di un bruciatore a gas liquido.

 

Affidare un appalto non significa perdere la custodia del bene

Per la Suprema Corte, tuttavia, la doglianza è infondata. Gli Ermellini spiegano infatti che, “secondo l’orientamento venutosi consolidando nella giurisprudenza di questa Corte, la conclusione di un appalto di opere non comporta in alcun modo la perdita della custodia da parte del committente, non essendo in alcun modo sostenibile che la consegna dell’immobile, affinché vi siano eseguiti i lavori, equivalga a un corrispondente “trasferimento” del ruolo di custode verso i terzi, poiché una simile evenienza finirebbe con l’integrare una sorta di esonero contrattuale da responsabilità nei confronti di chi del negozio non è parte”.

In altri termini, la conclusione dell’appalto tra due parti non può giungere a incidere surrettiziamente sulla sfera giuridica del terzo, “nel senso di deprivarlo del proprio diritto risarcitorio nei confronti del committente/custode”; e del resto, nell’appalto d’opere, siano esse pubbliche o private, “il committente non può non conservare un rapporto con il bene sul quale (o nel quale) vengono eseguite le opere, poiché l’iniziativa consistente nel disporre l’esecuzione di talune opere sul proprio bene non rappresenta null’altro che l’esercizio di un potere giuridico o di fatto su di esso”.

Pertanto, tira le fila del ragionamento la Cassazione, “se rispetto all’appaltatore il titolare di tale potere è un committente, rispetto ai terzi è un custode: l’autonomia dell’appaltatore rimane un fatto di natura tecnica esclusivamente endocontrattuale, e in relazione agli illeciti extracontrattuali si riverbera sull’art. 2055 c.c., a prescindere dai casi in cui l’appalto sia ab origine concepito alla stregua di un mero schermo, o che comunque, nella fase esecutiva, si sia radicalmente svuotato, ossia a prescindere dai casi in cui il soggetto che realizza l’opera sia un mero nudus minister”.

 

Committente sempre gravato della responsabilità oggettiva

Di qui dunque la ri-affermazione del principio di diritto ai sensi del quale, nei confronti dei terzi danneggiati dall’esecuzione di opere effettuate in forza di in contratto di appalto, “il committente è sempre gravato della responsabilità oggettiva di cui all’art. 2051 c.c., la quale non può venir meno per la consegna dell’immobile all’appaltatore ai fini dell’esecuzione delle opere stesse, bensì trova un limite esclusivamente nel ricorso del caso fortuito; il che naturalmente non esclude ulteriori responsabilità ex art. 2043 c.c. del committente e/o dell’appaltatore”.

Il caso fortuito non può coincidere con l’inadempimento dell’appaltatore

Gli Ermellini si soffermano anche sul concetto di caso fortuito, che – sottolineano – “non può essere applicato con una modalità peculiare e riduttiva, così da reintrodurre, per altra via, un’abusiva contrattualizzazione della fattispecie: esso non può automaticamente coincidere con l’inadempimento dell’appaltatore agli obblighi contrattualmente assunti nei confronti del committente, non potendosi sminuire il concetto di imprevedibilità/inevitabilità che costituisce la sostanza del caso fortuito previsto dall’art. 2051 c.c. come limite della responsabilità oggettiva ivi configurata”. In altre parole, l’imprevedibilità/inevitabilità, non dev’essere “degradata a una vuota fictio, bensì afferire a una condotta dell’appaltatore non percepibile in toto dal committente”.

Ciò posto, pertanto, una volta che il giudice di merito abbia escluso che “il fatto dell’appaltatore abbia assunto quei caratteri di eccezionalità, imprevedibilità e autonoma incidenza causale rispetto all’evento dannoso, tali da integrare il caso fortuito, la contestazione del committente che non discuta i principi di diritto sopra richiamati, deve ritenersi confinata a una mera rilettura nel merito dei fatti di causa”. Ed è esattamente quello che è accaduto nel caso di specie avendo la Corte d’appello già espressamente escluso l’emergenza di elementi idonei a risalire alle cause dell’incendio, “correttamente escludendo, in piena conformità agli esposti principi, che potesse dirsi raggiunta la prova del caso fortuito, il cui onere incombe sul custode”.

Per la cronaca la Suprema Corte ha rigettato anche il secondo motivo del ricorso, in cui si lamentava che i giudici di merito avessero confermato in 325mila euro la liquidazione del danno in favore di una delle sue società danneggiate, senza detrarre quanto queste aveva già incassato dalla propria compagnia assicuratrice, Zurich. Dunque, ricorso rigettato e risarcimento in capo (anche) al committente confermato.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Responsabilità Civile

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