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Non è un mistero che le compagnie assicurative siano “maestre” nell’introdurre nei contratti clausole e postille “fumose” che poi, al momento opportuno, estraggono dal cilindro per negare il dovuto indennizzo ai propri clienti, ma gli assicurati non devono mai demordere andando fino in fondo per far valere le proprie ragioni, tenendo ben presente un principio ormai assodato nella giurisprudenza, teso appunto a tutelare i danneggiati da queste condotte e riaffermato con forza nell’ordinanza n. 28173/22 che la Cassazione ha depositato il 28 settembre 2022: le clausole di polizza che delimitano il rischio assicurato non possono mai prescindere dalle condizioni generali, che sono in ogni caso soggette al criterio ermeneutico posto dall’articolo 1370 del codice civile e che pertanto, nel dubbio, devono essere intese in senso sfavorevole all’assicuratore e pro assicurato.

 

Rigettata la domanda di manleva di un’impresa edile verso le compagnie con cui era assicurata

La vicenda si cui si è occupata la Suprema Corte è legata a una controversia condominiale. Una palestra di Bologna nel 2003 aveva citato in giudizio il condominio dove si trovava chiedendo che questo fosse condannato a risarcirle i danni causati dalle infiltrazioni provenienti dall’area cortiliva condominiale sovrastante i suoi locali. Il condominio, costituendosi, aveva chiesto di chiamare in causa l’impresa che aveva realizzato i lavori, la quale a sua volta aveva fatto altrettanto con un’altra ditta a cui erano state subappaltate parte delle opetre, nonché con le compagnie assicurative Zurich Insurance Company e Aurora s.p.a. Queste tuttavia si erano costituite eccependo la non operatività delle polizze sottoscritte dalla ditta, in quanto relative a una attività di impresa e a un rischio che non sarebbero stati coperti dalle stesse.

Il giudice di primo grado, qualificata la domanda nell’ambito della tutela di cui all’art. 1669 c.c. e valutata la piena conoscibilità dei vizi solo a seguito della relazione del consulente nominato nel procedimento di accertamento tecnico preventivo svoltosi in corso di causa, aveva respinto le eccezioni dell’impresa di decadenza e prescrizione dell’azione, e aveva dichiarato la responsabilità concorrente e oggettiva per i danni del Condominio e della stessa ditta, condannandoli ex art.2051 c.c. in solido al pagamento di quanto determinato dal Ctu, escludendo qualsiasi responsabilità della impresa subappaltatrice. Il giudice inoltre, ed è l’aspetto che qui interessa, aveva respinto la domanda di manleva dell’impresa nei confronti delle due compagnie assicurative, condannandola al pagamento di euro 375.863 euro.

L’impresa aveva quindi appellato la sentenza ma la Corte d’Appello di Bologna, con decisione del 2017, aveva accolto il gravame unicamente in relazione alla censura di eccessività della condanna nei confronti del condominio al pagamento del rifacimento della copertura e sotto il profilo del conteggio degli accessori effettuato dal giudice di primo grado.

 

La ditta ricorre per Cassazione sostenendo la piena operatività delle polizze per la Rct

Di qui dunque l’ulteriore ricorso per Cassazione del quale preme soprattutto il primo motivo, nel quale la ditta ha lamentato – in relazione alla conferma del rigetto della domanda di garanzia nei confronti delle compagnie di assicurazione  – “violazione degli artt. 1321, 1339, 1341, 1363, 1366, 1370 e 1372 c.c., 115 c.p.c.”: secondo i ricorrenti, la Corte territoriale, nel negare che l’attività svolta (ossia lavori edili) rientrasse nell’oggetto dell’assicurazione (la ricorrente era, al momento della realizzazione dei lavori, titolare di due polizze per la responsabilità civile con Zurich e, in coassicurazione, con Aurora), aveva violato le disposizioni richiamate.

E la Suprema Certe le ha dato ragione ritenendo il motivo fondato. La Corte d’appello, nel confermare il rigetto della domanda di manleva nei confronti delle compagnie assicurative, aveva rilevato che l’attività svolta dall’assicurato, così come descritta nella polizza (in cui era scritto, testuale “la ditta assicurata svolge attività di ingegneria applicata costituita da prospezioni geologiche e geotecniche con metodi meccanici e geofisici a terra; produzione, istallazione e gestione di reti di monitoraggio tecnico, strutturale, idraulico e ambientale; prove non distruttive; rilievi topografici e ad infrarosso termico; prospezioni e scavi archeologici; attività di bonifica di ordigni bellici”) era relativa ad attività del tutto diversa da quella svolta nella fattispecie in esame, ossia il rifacimento della copertura sovrastante la palestra, da ricondursi ad attività edilizia.

E aveva altresì escluso che l’operatività della garanzia per lavori edili potesse ricavarsi dalle condizioni generali della polizza, in quanto tali condizioni, che sì comprendevano lavori edili, sarebbero state estremamente ampie, ragion per cui, secondo i giudici di seconde cure, per “essere operanti avrebbero dovute essere richiamate dall’intestazione delle polizze sottoscritte dalle parti, con la chiara indicazione delle pattuizioni applicabili“. Al riguardo, per la Corte d’Appello felsinea non sarebbe stato sufficiente il fatto che all’intestazione “condizioni generali” seguisse, nel caso in esame, l’espressione “sempre operanti”, trattandosi di una dicitura troppo “troppo generica“.

 

Le clausole non prescindono dalle condizioni generali e vanno interpretate pro assicurato

In questo modo – obiettano gli Ermellini – la Corte d’appello sembra richiedere per l’operatività delle condizioni generali, condizioni che sono state predisposte dalla compagnia assicurativa, che queste vengano specificamente sottoscritte dallo stesso predisponente, ma in tal modo trascura come le clausole di polizza che delimitano il rischio assicurato non possano prescindere dalle condizioni generali, condizioni che sono in ogni caso “soggette al criterio ermeneutico posto dall’articolo 1370 c.c. e, pertanto, nel dubbio devono essere intese in senso sfavorevole all’assicuratore”.

La sentenza è stata pertanto cassata e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione, che dovrà rivalutarla sulla base di questo principio di diritto e con la conseguente condanna delle compagnie assicurative a tenere indenne l’impresa da loro assicurata.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Responsabilità Civile

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