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L’indennizzo percepito dall’assicurazione per una polizza infortuni stipulata è cumulabile anche con il risarcimento danni per il sinistro accaduto? Il Tribunale di Milano, decima sezione, con la sentenza n.2894 depositata l’11 aprile 2023, prova a fare chiarezza su questa spinosa questione.

Una violenta aggressione

Il caso verte su di un’aggressione avvenuta nel settembre del 2016 proprio nel territorio meneghino: un uomo, stanco della musica troppo alta e infastidito dal rumore, è uscito dalla propria abitazione per chiedere ad un artista di strada di abbassare il volume. Quest’ultimo, tuttavia, ha reagito in modo aggressivo, rivolgendo insulti all’uomo e, in un secondo momento, colpendolo con un violento pugno al volto.

La Polizia era già presente in loco ed è subito intervenuta per placare il contenzioso. L’uomo è stato portato in Pronto Soccorso, il quale ha accertato che il colpo subito è costato – per citare il documento – un “trauma orbitario dx con frattura pluriframmentaria del pavimento orbitario di destra, con affondamento dei frammenti nel seno mascellare, protrusione di adipe orbitario e prominenza del muscolo retto inferiore a livello del focolaio fratturativo. Frattura della parete mediale dell’orbita, con infossamento di alcune lamelle ossee dell’etmoide”.

Su questa base, l’aggredito ha optato per convenire in giudizio sia l’artista di strada, ovvio principale responsabile dell’accaduto, che anche il Comune di Milano, il quale non avrebbe adempiuto ai propri doveri di prudenza e diligenza che avrebbero – secondo il danneggiato – verosimilmente scongiurato il verificarsi del danno patito.

La compensatio lucri cum damno entra in gioco?

Grazie ad una polizza infortuni che copriva eventi di questo genere l’uomo è stato inizialmente risarcito, ma questi ha anche chiesto un ulteriore indennizzo a quelli che a suo dire sono i responsabili del sinistro. L’ente comunale, però, ha sostenuto fermamente che la vittima fosse stata già adeguatamente ripagata dal suo assicuratore e quindi nulla le spettava a titolo di risarcimento del danno. Per la polizza stipulata, infatti, l’assicurazione aveva già versato al proprio assistito 27.000 euro. Il principio richiamato secondo il Comune di Milano – per citare l’ordinanza –  “è quello della compensatio lucri cum damno, obiettando che l’obbligazione risarcitoria fatta valere dall’attore dovesse ritenersi integralmente estinta con l’indennizzo dallo stesso già percepito dalla propria compagnia assicurativa”.

Stando al Codice Civile, inoltre, esiste per l’assicuratore nei diritti dell’assicurato il cosiddetto diritto di surroga nei confronti dei responsabili. Questo consiste nel fatto che ogni qualvolta un’assicurazione risarcisce una persona che ha alle proprie spalle una polizza danni, l’assicurazione può poi rivalersi contro il danneggiante per ottenere il rimborso delle somme erogate al proprio cliente. Nonostante ciò alcune prevedono nel contratto proprio una clausola di rinuncia a questo diritto, con chiaramente tutte le conseguenze economiche del merito per entrambe le parti.

La compensatio lucri cum damno, quindi, è quel principio che impone di scomputare dal risarcimento del danno dovuto da fatto illecito tutti gli eventuali effetti vantaggiosi che il danneggiato abbia tratto quale conseguenza diretta del fatto dannoso medesimo. La Cassazione, in merito, ha sempre affermato che se si è già ottenuto un indennizzo da una polizza infortuni, la somma in questione va sottratta dal risarcimento del danno.

Le condizioni della polizza

Tornando al caso specifico, però, leggiamo nella sentenza che il danneggiato aveva sottoscritto “una polizza in forza della quale, verso il pagamento dei premi convenuti, la compagnia assicurativa si obbligava a garantire l’assicurato contro il rischio di morte o invalidità permanente derivante da infortunio” in cui all’interno si inseriva concordemente proprio la rinuncia alla rivalsa secondo cui – per citare l’accordo – “la Compagnia rinuncia a favore dell’assicurato, o degli aventi diritto, ad ogni azioni di regresso verso i terzi responsabili per le prestazioni da essa effettuate in virtù del presente contratto”.

Il conflitto generato, quindi, è il seguente: sebbene l’assicurazione avesse già effettivamente indennizzato il proprio assistito, la rinuncia alla rivalsa impone che il responsabile debba pagare un ulteriore risarcimento?

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Per gli Ermellini il cumulo favorisce il danneggiato

Pattuita la veridicità – e il conseguente obbligo di rispetto – di tale clausola, oltre che la sua presenza effettiva nella polizza del caso trattato, il Tribunale di Milano ha passato al vaglio alcune delle precedenti sentenze della Cassazione sulla questione in essere. Riassumendo tutta l’analisi fatta, nell’atto si evince che la Cassazione, a suo tempo, ha convenuto che:

– “in primo luogo, ammettendo il cumulo (“doppio” risarcimento, ndr), il danneggiato si troverebbe in una condizione patrimoniale più favorevole rispetto a quella in cui si trovava prima dell’illecito, in violazione del principio indennitario pienamente operante anche nel caso di pagamenti fondati su titoli differenti (rispettivamente, il contratto assicurativo e il risarcimento);

– in secondo luogo, escludendo la compensatio, si verrebbe a configurare in capo all’assicurato un interesse positivo al verificarsi dell’infortunio, trasformando così il contratto assicurativo in un’occasione di lucro e finendo così per configurare la polizza – ammantata di un intento “speculativo” – come una sorta di “scommessa”;

– in terzo luogo, “se il terzo responsabile risarcisce la vittima prima che questa percepisca l’indennizzo, il credito risarcitorio si estingue per effetto dell’adempimento, e con esso il danno risarcibile. L’assicuratore non sarà tenuto al pagamento di alcun indennizzo, per la semplice ragione che non v’è più alcun danno da indennizzare. Lo stesso dicasi nell’ipotesi inversa, in cui il danneggiato percepisca l’indennizzo assicurativo prima del risarcimento. Anche in tal caso l’obbligo risarcitorio del terzo responsabile verrà meno non per effetto della compensatio, ma per la semplice ragione che l’intervento dell’assicuratore ha eliso (in tutto od in parte) il pregiudizio patito dal danneggiato e non si può pretendere il risarcimento di un danno che non c’è più” (cfr. Cass., sent. n. 13233/2014)”.

Il pensiero della Cassazione sul diritto di surroga

Il tutto, inoltre, vale – secondo la Cassazione – anche se l’assicurazione ha preventivamente rinunciato al proprio diritto di surroga, di cui si parlava poc’anzi, verso il responsabile civile ex art. 1916 c.c. (o ha comunque scelto di non esercitarlo). Si legge ancora che “la surrogazione ex art. 1916 c.c., costituisce, secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente, una successione a titolo particolare dell’assicuratore nel diritto dell’assicurato. Perché il diritto si trasferisca, è necessario che esso sia perso dall’assicurato ed acquistato dall’assicuratore. Tuttavia, l’estinzione del diritto al risarcimento in capo all’assicurato avviene per effetto del solo pagamento, non certo per effetto della surrogazione”.

Per queste ragioni l’inserimento della clausola di rinuncia al diritto di surroga non basta a far mutare la natura del contratto assicurativo, poiché il principio indennitario in materia assicurativa è inderogabile, essendo di ordine pubblico. Si evince, pertanto, che l’indennizzo dovuto dall’assicuratore e il risarcimento dovuto dal responsabile assolvano ad una medesima funzione risarcitoria, e non possano essere cumulati.

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Polizze danni e polizze infortuni

Nonostante quanto affermato nella lunga enunciazione delle precedenti affermazioni proposte dagli Ermellini, il Tribunale di Milano si è posto in contrasto con l’ultimo grado di giudizio, convenendo che nello specifico caso il principio della compensatio non trovi applicazione. Per riportare quanto affermato dal giudice “la tesi che postula un’automatica equiparazione (o comunque un’integrale estensione di disciplina) tra polizza infortuni non letali e assicurazione contro i danni non persuade“.

Il primo importante tema trattato è quello di distinzione tra la res e la persona: se alla prima risulta “più facile” stabilire una cifra ed un indennizzo, per la seconda subentrano ovviamente in causa una molteplicità di fattori che rendono impossibile attribuire un reale valore economico. 

Entra poi in gioco, rispettivamente, la differenziazione tra le polizze danni e le polizze infortuni che rende evidente come “non solo non può sostenersi la piena equiparazione delle polizze contro infortuni non letali alle assicurazioni contro i danni, ma, a ben vedere, neppure può patrocinarsi – come invece parrebbe sostenere Cass., Sez. Unite, sent. n. 5119/2002 – un’integrale estensione analogica di dette disposizioni alle polizze infortuni stesse” spiega il Tribunale.

Oltre il “contratto misto”

Va quindi scongiurato anche quell’equivoco che invoca la teoria del contratto misto, ossia quando in presenza di una polizza infortuni contestualmente stipulata per esiti letali e non letali, si devono applicare norme diverse a seconda dell’evento che in concreto si è verificato. E’ però evidente che la disciplina di un unitario contratto non può certo mutare a seconda dell’evenienza della vita che viene ex post in rilievo, ma è necessario ricostruire la volontà delle parti secondo una chiave evolutiva.

Ritornando al caso dell’aggressione, il contratto del danneggiato basa molto sull’esclusione convenzionale del diritto di rivalsa dell’assicuratore che pertanto porta a considerare una scissione tra il profilo risarcitorio e quello indennitario. “In altri termini – si legge nell’ordinanza – le parti, prevedendo la preventiva rinuncia dell’assicuratore alla surroga, hanno inteso pattuire che, in caso di infortunio imputabile a responsabilità del terzo, l’assicurato potesse cumulare il risarcimento del danno con l’indennizzo assicurativo”. 

La similarità con la polizza vita dal punto di vista previdenziale

In definitiva, spiega il Tribunale, “la polizza stipulata dalle parti, per come in concreto articolata, risponda ad una finalità previdenziale: il danneggiato ha inteso cautelarsi contro il rischio di morte o invalidità permanente, sopportando il pagamento di una serie di premi e assicurandosi la possibilità di poter celermente disporre, in caso di verificazione di un evento traumatico, di una somma di denaro certa nel suo ammontare e proporzionata – in quanto ancorata ad un prescelto capitale assicurato – non già al danno effettivamente patito, ma alla propria capacità di spesa e alla propria propensione all’investimento previdenziale”.

Spiega ancora il Giudice che il contratto assicurativo stipulato dal danneggiato “lungi dall’assolvere una funzione di neutralizzazione di un pregiudizio subìto, ma intende precipuamente garantirgli una provvidenza dallo stesso stimata come idonea. E ciò dovrebbe valere sia nel caso di infortunio letale, sia nel caso di trauma solo invalidante: non si vede del resto per quale ragione la finalità previdenziale (riconosciuta dalle Sezioni Unite n. 5119/2002 solo per gli esiti mortali) dovrebbe mutare a seconda dell’evento – letale o non letale – che in concreto si verifica“.

Senza il cumulo, si favorisce il danneggiante

La presenza di una clausola di rinuncia conferma, quindi, l’intenzione dei contraenti di scindere il profilo risarcitorio da quello indennitario, in quanto la suddetta preventiva rinuncia consentirebbe, in caso di infortunio addebitabile ad un terzo, il cumulo del risarcimento con l’indennizzo assicurativo.

Stabilita questa similarità, il Tribunale spiega infatti che “laddove sia prevista la clausola di rinuncia alla rivalsa, l’unico soggetto che si troverebbe beneficiato dal contratto assicurativo sarebbe paradossalmente il danneggiante, il quale potrebbe non dover corrispondere alcun risarcimento ove il danneggiato abbia già percepito un’indennità dalla propria compagnia assicurativa”.

Convenuto tutto ciò, il Tribunale di Milano si è posto a favore del danneggiato, ritenendo che la sua polizza, assimilabile più a quelle vita che a quelle per danni (sebbene non aderente in tutto e per tutto a nessuna), fosse preventivamente stipulata e pensata per un indennizzo anche da terzi, specie per la presenza della rinuncia alla rivalsa.

Il responsabile dell’aggressione, quindi, è stato provvisoriamente condannato a liquidare un risarcimento al danneggiato, in attesa però dell’ultimo e decisivo grado di giudizio.

 

Scritto da:

Dott. Andrea Biasiolo

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Categoria:

Responsabilità Civile

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