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Mai avventurarsi a piedi in una strada totalmente buia senza alcuna fonte di luce, perché se si cade e ci si ferisce non si viene risarciti, neanche se la caduta è stata determinata da negligenza altrui.

 

Donna cade per una macchia d’olio persa da un camion

E’ il principio espresso dall’ordinanza 24491/23 depositata il 10 agosto 2023 dalla Cassazione, terza sezione Civile, che ha definitivamente respinto le richieste risarcitorie di una donna che era per l’appunto rovinosamente caduta mentre scendeva da una rampa carrabile, procurandosi la frattura di una caviglia, a causa di una macchia d’olio persa poco prima da un camion.

I giudici di merito la ritengono esclusiva responsabile avendo percorso una rampa al buio

La donna, essendo riuscita a risalire all’autocarro responsabile dello sversamento, ne aveva citato in giudizio il proprietario e la compagnia di assicurazione chiedendo i danni, ma il tribunale di Napoli aveva rigettato la domanda ritenendo che il pregiudizio fosse del tutto evitabile dalla danneggiata, avendo questa percorso la rampa nonostante non fosse in alcun modo illuminata, addebitando dunque a questo il fatto che non si era avveduta della macchia di olio su cui poi era scivolata. Una decisione, con il relativo apprezzamento della condotta colposa del pedone, confermata anche dalla Corte d’Appello partenopea.

La signora tuttavia ha proposto ricorso anche per Cassazione, sostenendo, come primo motivo di doglianza, che il caso andava inquadrato nell’articolo 2054 c.c. primo comma, con la conseguenza che non avrebbe potuto, secondo la sua tesi, operare il concorso colposo del danneggiato, poiché la norma, nel suo ultimo comma, specifica che “in ogni caso le persone indicate dai commi precedenti sono responsabili dei danni derivati da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione del veicolo”.

 

Il concorso colposo del danneggiato non esimeva comunque il responsabile dello sversamento

L’espressione “in ogni caso”, secondo la ricorrente, lasciava intendere che la responsabilità non poteva essere esclusa da una condotta del danneggiato: il danneggiante, cioè, doveva rispondere sempre e comunque. E poiché era emerso come pacifico che l’olio era fuoriuscito dal camion, e dunque per un difetto di manutenzione, la previsione dell’ultimo comma dell’articolo 2054 c.c., e in particolare l’espressione “in ogni caso“, avrebbe lasciato intendere che il proprietario del veicolo doveva rispondere comunque: al massimo poteva esservi una riduzione del risarcimento a suo carico, in base al primo comma dell’articolo 1227 c.c., ma non già la completa esenzione da responsabilità per concorso del danneggiato ex secondo comma dell’articolo 1227 c.c..

Ma per la Suprema Corte il motivo è infondato. Gli Ermellini chiariscono innanzitutto che la fattispecie “non è riferibile all’articolo 2054 c.c., primo comma: quella norma presuppone pur sempre che il danno sia cagionato direttamente dalla circolazione del veicolo, nel senso che la circolazione deve essere la causa del danno, e non la mera occasione. Nel caso presente il danno è derivato dalla caduta dell’olio sul manto stradale, durante la circolazione del veicolo. La norma è chiaramente riferita ai danni che la circolazione provoca, non a quelli che derivino da altri fattori (perdita di olio), sia pure occasionalmente riconducibili al mezzo di circolazione.

 

Il danno non è dovuto direttamente alla circolazione del veicolo ma ad altro fattore, l’olio perso

In sostanza, proseguono gli Ermellini, l’articolo 2054 c.c. “pone una presunzione di colpa nella conduzione del veicolo, non già per il caso di danni che, pur dal veicolo, possano derivare, ma che non sono dovuti alla sua guida da parte del conducente. La previsione dell’ultimo comma, che esclude l’esonero da responsabilità per difetti di manutenzione, presuppone pur sempre che il danno sia dovuto, quale causa, e non quale occasione, alla circolazione del veicolo”.

Dunque, i giudici del Palazzaccio concludono che il caso di specie è invece riconducibile all’articolo 2043 c.c., “ossia ad un danno dovuto ad un fatto colposo del proprietario del veicolo che, in difetto di manutenzione di quest’ultimo, ha provocato la fuoriuscita di olio: la condotta sta non nella guida colposa ma nella colpevole omissione che ha consentito la fuoriuscita di olio”.

Con la conseguenza “che si applicano pienamente le norme sul concorso di colpa del danneggiato”. Le quali, peraltro, si applicherebbero altresì se la fattispecie fosse quella dell’articolo 2054, primo comma c.c., puntualizza la Suprema Corte, che rigetta poi anche il secondo motivo di doglianza proposto dalla danneggiata.

 

La ricorrente contesta il mancato risarcimento per il fatto che aveva camminato al buio

La ricorrente censurava la sentenza impugnata per aver ravvisato il concorso di colpa della danneggiata nel fatto che costei aveva percorso la rampa quasi al buio, senza provvedere ad illuminare il passaggio con qualche mezzo, come una torcia o altro. E comunque conoscendo la scarsa visibilità del luogo, per averlo percorso spesso. Secondo la donna, questa “ratio” avrebbe fatto cattivo uso del criterio con cui si accerta il ruolo causale del danneggiato: infatti, i giudici avrebbero utilizzato una massima di esperienza (“se il luogo è buio ci si porta una torcia”) che non sarebbe riferibile al caso in questione, in quanto non è di esperienza comune camminare con una torcia di giorno.

Inoltre, secondo la danneggiata era contraddittorio sostenere che la conoscenza del luogo, ossia il fatto che quel percorso fosse stato compiuto più volte in passato, dovesse indurre a prudenza, dal momento che averlo fatto con successo (senza danni) per svariate volte era indice, semmai, del contrario.

Ma gli Ermellini ricordano e obiettano che “l’accertamento sul ruolo causale della condotta del danneggiato è un accertamento di fatto, incensurabile in Cassazione se adeguatamente motivato”. E ribadiscono come i giudici di merito avessero ben accertato che “la zona in cui la ricorrente è caduta era in ombra e che quindi non vi era sufficiente visibilità (circostanza non contestata né qui contestabile)”.

 

L’imprudenza è stata quella di percorrere comunque una strada non illuminata

Ciò posto – arrivano al dunque i giudici del Palazzaccio – la ratio della decisione “al di là del riferimento alla necessità di una torcia, che vuol dire più precisamente necessità di illuminare il passaggio con qualsiasi cosa, è nella imprudenza di percorrerla comunque: la violazione della regola cautelare è nel fatto di percorrere comunque (senza una qualche illuminazione) una strada buia accettando il rischio di non poter vedere ostacoli e pericoli che, anche per la natura carrabile e aperta al pubblico della strada, non potevano dirsi neanche imprevedibili“.

Chi lo fa si assume i relativi rischi, e non imprevedibili trattandosi di area aperta al pubblico

La Cassazione riconosce che “l’individuazione della regola cautelare da parte del giudice di merito non è accertamento di un fatto, ma, per l’appunto, di una regola di condotta”, ma, concludono, “pur essendo vera questa osservazione, non può comunque ritenersi violata la regola dell’articolo 1227 c.c., in quanto correttamente i giudici di merito hanno ritenuto che chi percorre una strada buia si assume il rischio di ostacoli o pericoli non visibili”. Il ricorso è stato pertanto definitivamente rigettato.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Responsabilità Civile

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