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Purtroppo sono tutt’altro che infrequenti, non di rado sono gravi e, ciò che è peggio, vedono coinvolti anche e soprattutto dei ragazzini: parliamo degli incidenti con i kart. Ma in questi casi chi risponde? Preziosa, al riguardo, una recentissima ordinanza, la n. 40991/21 depositata il 21 dicembre 2021, della Cassazione, III Sezione Civile, che ha confermato la condanna al risarcimento di un kartista rimasto vittima di un sinistro inflitta all’altro conducente di go-kart coinvolto e, soprattutto, al gestore dell’impianto per le irregolarità riscontrate, e poco rileva che il danneggiato ne fosse a conoscenza e avesse firmato la liberatoria per correre. Insomma, non sempre gli incidenti di gara sono connessi “all’alea” propria di questa pratica sportiva, ma possono  anche essere  frutto dell’inosservanza delle norme di sicurezza che regolano questi sport.

Titolare dell’impianto e l’altro conducente convolto condannati a risarcire un kartista

Con sentenza del 18 dicembre 2017, la Corte d’appello di Palermo, decidendo sul quantum della pretesa risarcitoria già riconosciuta fondata sull’an, aveva condannato il gestore di un kartodromo e il conducente di un kart, in solido tra loro, a pagare una somma di oltre 73mila euro in favore di un altro kartista per i danni fisici che quest’ultimo aveva patito a causa a di un incidente successo nell’impianto il 26 ottobre 2003: il danneggiato, mentre correva con il suo kart, era entrato in collisione con quello guidato dall’altro conducente ed era stato sbalzato per aria ricadendo pesantemente a terra.

Il malcapitato in primo grado si era visto respingere la richiesta risarcitoria dal giudice, che aveva ascritto l’accaduto unicamente alla sua negligenza, ma la Corte d’appello ne aveva accolto il gravame, ravvisando nel fatto anche una responsabilità del proprietario dell’impianto e dell’altro kartista, unitamente al concorso di colpa del danneggiato.

Nel kartodromo vi era una sola corsia per l’ingresso e l’uscita dalla pista

Quanto a kartodromo, i giudici avevano accertato che il giorno dell’incidente, per l’ingresso e per l’uscita dalla pista, era utilizzata esclusivamente la corsia di accelerazione posta alla fine del rettilineo che dai box conduceva attraverso un cancello alla pista. Contrariamente a quanto affermato nella pronuncia di primo grado, però, secondo la Corte d’appello anche per l’attività ludica doveva ritenersi obbligatorio osservare il precetto contenuto nel regolamento F.I.K (Federazione Italiana Kart) “secondo cui vi devono essere due distinti raccordi per l’ingresso in pista e per l’uscita da essa, in modo che non ci possa essere un’intersecazione di traiettorie tra i kart che sono nel circuito e quelli che vi entrano o vi escono”.

Una violazione causalmente rilevante nel sinistro

Pertanto, avendo disposto, nel giorno del sinistro, l’uso di un solo raccordo, quello di ingresso in pista, sia per l’ingresso appunto sia per l’uscita dei veicoli, il titolare del circuito aveva violato il precetto contenuto nel regolamento, ponendo in ogni caso in essere un comportamento negligente e imprudente, omettendo di approntare tutte le cautele opportune al fine di evitare l’incidente che nella specie si era verificato proprio per l’intersecarsi delle traiettorie dei due veicoli venuti in collisione.

Una violazione, sia del precetto regolamentare che del principio del neminem laedere, che i giudici di seconde cure avevano ritenuto ancora più grave “nell’ambito dell’attività amatoriale, dove maggiori devono essere le cautele apprestate nei confronti di utenti che non sono piloti professionisti”.

L’altro kartista aveva omesso di segnalare la svolta per il rientro ai box

Quanto poi alla condotta dell’altro kartista coinvolto nel sinistro, i giudici, giudicando errata la ricostruzione e della dinamica operata in primo grado, avevano concluso che questi stava percorrendo il rettilineo nella corsia di destra, a velocità ridotta, ma aveva improvvisamente svoltato a sinistra all’altezza del cancello utilizzato per l’uscita, omettendo di segnalare con la mano l’intenzione di rientrare ai box e ostruendo la traiettoria di marcia del danneggiato il quale, procedendo a sinistra del rettilineo, lo seguiva in procinto di sorpassarlo.

“Il comportamento colposo del titolare del circuito, che ha impartito la disposizione di utilizzare un solo raccordo per l’entrata e l’uscita della pista, e la condotta di guida imprudente di (omissis) hanno entrambi efficienza causale nella determinazione del sinistro e fondano la responsabilità per le lesioni conseguenti subite dal danneggiato” aveva concluso la Corte di merito, ritenendo quindi che l’incidente, per le modalità con le quali si era verificato, contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, non potesse considerarsi la “concretizzazione del rischio proprio dello sport praticato, in quanto non ricompreso nell’alea propria dell’attività praticata, essendo, piuttosto, l‘effetto della inosservanza delle norme che regolano l’esercizio di tale sport”.

Il proprietario del circuito ricorre per Cassazione

Il prioritario dell’impianto a questo punto ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, tra le altre cose, che la Corte d’appello avesse ritenuto sussistente il nesso causale tra l’incidente e l’utilizzo di un solo scivolo di uscita e di ingresso nella pista dei kart, sottolineando come l’ufficiale di gara per la Federazione Italiana Karting avesse chiarito che il regolamento richiamato nella sentenza impugnata si sarebbe dovuto applicare solo alle attività di gara e alle competizioni in genere e non all’attività di semplice noleggio.

Per il titolare della pista l’incidente era colpa esclusiva dei due kartisti coinvolti

Ancora, egli sottolineava che tutti gli utenti erano stati avvertiti che quel giorno per entrare e uscire si doveva utilizzare il solo cancello di uscita dai box e aggiungeva che lo scontro era stato causato dall’improvviso spostamento a sinistra di uno dei due kartisti, oltre che dalla condotta imprudente dell’altro, peraltro gli unici a trovarsi nel rettilineo ove lo stesso di era verificato. Le loro condotte sarebbero state del tutto autonome e in grado (da sole) di generare causalmente l’evento, indipendentemente dal fatto che fosse stato aperto o meno il cancello di uscita dai box per entrambe le manovre (uscita e rientro).

I quali areno stati avvisati che era attivo un solo raccordo e avevano firmato la liberatoria

Il ricorrente sosteneva altresì che la corte territoriale avrebbe dovuto applicare non l’art. 2055 ma l’art. 2054 cod. civ. “sulla responsabilità solidale dei conducenti” ed operare una corretta graduazione della colpa tra questi; ancora, lamentava, con riferimento all’art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., che la Corte d’appello avesse omesso ogni riferimento alla liberatoria firmata dal danneggiato il giorno del sinistro prima di entrare in pista.

La Suprema Corte rigetta ogni doglianza

Ma la Suprema Corte ha rigettato tutti i motivi di doglianza, ritenendo innanzitutto insussistente il vizio di omessa o apparente motivazione nella sentenza impugnata dalla quale, al contrario, secondo gli Ermellini, sono chiaramente desumibili “sia la ricostruzione fattuale sia la regola di giudizio che hanno condotto il giudice all’affermazione di responsabilità dell’odierno ricorrente sub specie di responsabilità da fatto colposo ex art. 2043 cod. civ”.

La dichiarazione di esonero da ogni responsabilità vale solo per la colpa lieve

I giudici del Palazzaccio, tra i vari elementi, sottolineano anche il fatto che, “vertendosi in tema di risarcimento aquiliano di danni arrecati a terzi, l’indagine diretta a stabilire sussistenza e graduazione della dedotta responsabilità non avrebbe potuto essere risolta in senso favorevole al danneggiante per il solo fatto dell’esistenza di una preventiva dichiarazione di esonero da ogni responsabilità, atteso che la validità di una simile clausola resta soggetta ai divieti fissati dall’art. 1229 c.c. (applicabili anche nel campo della responsabilità extracontrattuale), onde tale clausola, ove pure oggetto di specifica approvazione per iscritto, è nulla là dove determina, in ragione del suo ampio ed incondizionato contenuto, una preventiva e totale esclusione della responsabilità oltre il consentito limite della colpa lieve”.

Ininfluente anche il fatto che che i piloti sapessero che era in funzione un unico raccordo

Infine, la Cassazione riconosce che “non sembra dubitabile che gli utenti della pista fossero ben a conoscenza, per averne fatto esperienza diretta, che l’accesso ad essa e l’uscita avvenissero attraverso il medesimo varco”. La responsabilità del gestore dell’impianto, aggiungono tuttavia, “è stata però dedotta, ed accertata dal giudice a quo, proprio perché, in tal modo, la regolazione dell’utilizzo dell’impianto si poneva in contrasto con norme regolamentari e, comunque, con le regole di comune prudenza e creava condizioni di rischio in effetti poi inveratesi con il sinistro”

Da qui l’inammissibilità della censura, “sia perché la circostanza può ritenersi implicitamente valutata, sia perché, correlativamente, essa difetta di decisività. E infatti, che gli utenti ne fossero a conoscenza, poteva bensì rilevare sul piano della imprudenza ad essi ascrivibile (e difatti ascritta anche al danneggiato, ritenuto in concorso di colpa) ma non poteva considerarsi tale da elidere comunque l’efficienza causale della condotta colposa ascrivibile al gestore dell’impianto per il dato oggettivo di aver comunque consentito la pratica di quella attività ludica in condizioni di rischio. Un conto è del resto che gli utenti sapessero dell’esistenza di una sola via di accesso, altro è che essi fossero in grado di comprenderne la pericolosità (trattandosi peraltro di utenti amatoriali), come invece era perfettamente in grado e comunque tenuto a fare il gestore dell’impianto

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