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Non poter partecipare al funerale di un proprio congiunto stretto, come un genitore, per colpa altrui non è un pregiudizio da poco, al contrario implica una lesione ad un diritto inviolabile della persona, costituzionalmente garantito, e chi lo subisce ha diritto ad essere risarcito per il danno non patrimoniale patito dal responsabile del fatto che ha causato l’impedimento, nello specifico la compagnia aerea per il volo cancellato.

E un’ordinanza dal profondo significato anche “morale”, che va al di là dell’ambito in questione, quello delle inadempienze nei viaggi e relativi servizi, quella, la n. 33276/23, depositata dalla Cassazione, terza sezione civile, il 29 novembre 2023.

Viaggiatore cita il vettore per i danni per il volo cancellato: aveva perso il funerale del padre

Un viaggiatore aveva citato in giudizio la compagnia aerea Air Italy, già Meridiana fly, per essere risarcito per i danni patiti per un volo cancellato, patrimoniali ma anche morali in quanto la perdita dell’aereo gli aveva impedito di partecipare ai funerali del padre. Il Giudice di Pace di Busto Arsizio, con sentenza dell’ottobre 2018, aveva condannato il vettore a risarcire il passeggero la somma di 600 euro per il volo cancellato, ai sensi del Regolamento Ce n. 261/2004, e ulteriori 46 euro per spese, ma aveva rigettato le ulteriori domande relative al danno patrimoniale, che il viaggiatore aveva richiesto per lunga attesa in aeroporto, per il pernottamento in albergo e per costi di bevande e mezzi di trasporto. E soprattutto quella relativa al danno esistenziale (più correttamente, non patrimoniale), per non aver potuto prendere parte alle esequie del genitore.

Il danneggiato aveva appellato la sentenza, ma il tribunale di Busto Arsizio, quale giudice d’appello, nel 2019 aveva confermato la decisione di prime cure. Di qui il suo ulteriore ricorso per Cassazione. Il ricorrente ha innanzitutto lamentato il fatto che il Tribunale, diversamente dal giudice di pace che si era limitato a ritenere non assolto l’onere probatorio, avesse negato la risarcibilità del danno non patrimoniale richiesto ex art. 2059 cod. civ. ritenendo che la mancata partecipazione al funerale del padre avesse costituto un danno lieve, che non gli avesse arrecato alcun peggioramento della qualità della vita e della felicità di vivere e che, come tale, non comportasse alcun diritto al risarcimento, aggiungendo anche che la cancellazione di un volo non è reato.

La Suprema Corte gli ha dato pienamente ragione. La Cassazione, per meglio inquadrare la questione, premette e rammenta innanzitutto che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha rilevato che, quando la compensazione pecuniaria prevista dal Regolamento 261/2004 non copre interamente il danno materiale morale subito dai passeggeri, questi ultimi possono chiedere il risarcimento supplementare alla compagnia aerea entro i limiti fissati dal diritto internazionale e dal diritto nazionale, “dovendo infatti poter ottenere una compensazione integrale del danno subito”.

 

La Corte Ue prevede anche il risarcimento del danno morale per i passeggeri danneggiati

Inoltre, fanno notare gli Ermellini, la Corte Ue ha altresì precisato che il massimale previsto dalla Convenzione di Montreal in caso di distruzione o di perdita dei bagaglicomprende qualsiasi tipo di danno, vale a dire tanto il danno materiale quanto il danno morale, posto che la limitazione del risarcimento si riferisce al danno complessivamente subito da ciascun passeggero, indipendentemente dalla natura del danno”.

Fatte queste premesse, gli Ermellini ricordano anche che i principi di diritto in materia affermati dalle Sezioni Unite della stessa Cassazione nella nota sentenza n. 26972/2008. Per rinfrescarli: “il danno non patrimoniale, quando ricorrano le ipotesi espressamente previste dalla legge, o sia stato leso in modo grave un diritto della persona tutelato dalla Costituzione, è risarcibile sia quando derivi da un fatto illecito, sia quando scaturisca da un inadempimento contrattuale; il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi previsti dalla legge”.

 

Il risarcimento è dovuto anche se non c’è reato quando sono lesi diritti inviolabili della persona

E cioè, prosegue l’excursus, “secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ.:

a) quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall’ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale;

b) quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di un’ipotesi di reato (ad es., nel caso di illecito trattamento dei dati personali o di violazione delle norme che vietano la discriminazione razziale); in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento (quali, rispettivamente, quello alla riservatezza od a non subire discriminazioni);

c) quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi, che, al contrario delle prime due ipotesi, non sono individuati “ex ante” dalla legge, ma dovranno essere selezionati caso per caso dal giudice”.

Dunque, ribadisce la Cassazione, il danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti, “è risarcibile – sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ. – anche quando non sussiste un fatto-reato, né ricorre alcuna delle altre ipotesi in cui la legge consente espressamente il ristoro dei pregiudizi non patrimoniali, a tre condizioni:

a) che l’interesse leso – e non il pregiudizio sofferto – abbia rilevanza costituzionale (altrimenti si perverrebbe ad una abrogazione per via interpretativa dell’art. 2059 cod. civ., giacché qualsiasi danno non patrimoniale, per il fatto stesso di essere tale, e cioè di toccare interessi della persona, sarebbe sempre risarcibile);

b) che la lesione dell’interesse sia grave, nel senso che l’offesa superi una soglia minima di tollerabilità (in quanto il dovere di solidarietà, di cui all’art. 2 Cost., impone a ciascuno di tollerare le minime intrusioni nella propria sfera personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza);

c) che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualità della vita od alla felicità”.

Infine, i giudici del Palazzaccio sottolineano come la giurisprudenza di legittimità abbia altresì ritenuto che il danno non patrimoniale “non è in re ipsa, in quanto il danno risarcibile si identifica non con la lesione dell’interesse tutelato dall’ordinamento ma con le conseguenze di tale lesione, sicché la sussistenza di siffatto danno non patrimoniale deve essere oggetto di allegazione e prova, anche attraverso presunzioni”.

 

Le relazioni familiari godono di tutela costituzionale e il funerale è evento unico e irripetibile

Venendo quindi al caso di specie, secondo la Cassazione la sentenza impugnata dal passeggero non ha seguito tali principi, “in quanto ha omesso di effettivamente valutare – spiega la Suprema Corte – se il pregiudizio non patrimoniale dedotto abbia superato quella soglia di sufficiente gravità individuata in via interpretativa dalla giurisprudenza e lo ha sbrigativamente qualificato in termini di lievità e di totale irrilevanza, senza considerare, come condivisibilmente evidenziato sia dal ricorrente sia dalla Procura Generale, che le relazioni familiari godono di tutela costituzionale (artt. 29 e 30 Cost.) e che, secondo la sensibilità comune, la partecipazione alle esequie del proprio padre defunto costituisce evento necessariamente unico ed irripetibile, tale da scandire il momento del saluto e della consapevolezza della perdita subita, per cui la sussistenza di forzati impedimenti, causati dall’altrui inadempimento, alla partecipazione ad un evento siffatto può ragionevolmente essere collocata nell’ambito della soglia della risarcibilità imposta dal diritto vivente, non potendo essere relegata sic et simpliciter, senza alcun apprezzamento da parte del giudice di merito, nell’ambito del pregiudizio bagattellare”.

E con l’occasione, nell’accogliere il ricorso, cassare la sentenza e rinviare la causa al Tribunale di Busto Arsizio in persona di altro magistrato, gli Ermellini hanno anche posto un principio di diritto che il giudice del rinvio dovrà seguire nel riesame del contenzioso: “premesso che il danno non patrimoniale, di cui si invoca il risarcimento, non è in re ipsa, in quanto si identifica non con la lesione dell’interesse tutelato dall’ordinamento ma con le conseguenze di tale lesione, sicché la sussistenza di siffatto danno non patrimoniale deve essere oggetto di allegazione e prova, anche attraverso presunzioni, l’impedimento alla partecipazione delle esequie di un genitore determinata da inadempimento o illecito altrui, giustifica il risarcimento del danno non patrimoniale” .

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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