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In tema di somministrazione del servizio di telefonia, va risarcita un’azienda che subisce il danno consistente nella perdita della possibilità di acquisire nuova clientela a causa della mancata attivazione di un nuovo contratto telefonico e alla perdita del proprio numero telefonico a seguito di migrazione dal precedente gestore.

Il pregiudizio in questione, come il mancato inserimento del numero di un’azienda nell’elenco telefonico, non consiste nella perdita di un vantaggio economico in senso stretto ma in quella della possibilità di acquisirlo e trattandosi di una fattispecie di danno caratterizzato da un’inevitabile incertezza, è sufficiente che esso sia provato in termini, appunto, di possibilità, ovviamente concreta, e ne è consentita la liquidazione in via equitativa: non è dunque necessario dimostrare l’avvenuta contrazione dei redditi del danneggiato, che può incidere sulla quantificazione del danno ma non escluderne la sussistenza.

E’ un’ordinanza particolarmente interessante e a tutela degli utenti quella, la numero 10885/24, depositata il 23 aprile 2024 dalla Cassazione, terza sezione Civile, che si è occupata di un caso tutt’altro che infrequente per i milioni di clienti del servizio telefonico.

Azienda di trasporti cita Wind per la mancata attivazione del nuovo contratto telefonico

Una società aveva citato in giudizio avanti al Giudice di Pace di Sant’Anastasia, nel Napoletano, la Wind Telecomunicazioni per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni subìti in conseguenza della mancata attivazione di un contratto telefonico e della conseguente interruzione della linea telefonica durata dal mese di settembre 2011 al febbraio 2012. L’azienda di trasporti aveva denunciato il fatto che il gestore aveva provveduto a far migrare la sua linea dal precedente gestore Telecom Italia senza verificare previamente la fattibilità tecnica ed operativa del servizio proposto, e senza avvedersi che il servizio prevedeva l’installazione di un centralino incompatibile con quello in uso alla società.

Era rimasta senza linea e, dovendo passare ad altro gestore, aveva perso il vecchio numero

La quale, non potendo più rientrare con il precedente gestore né attivare la nuova linea, era rimasta senza linea telefonica e senza collegamento internet ed era stata costretta a stipulare un nuovo abbonamento con un terzo gestore, Fastweb, ma in questo modo aveva perso il proprio numero telefonico dato che la migrazione dello stesso, di cui la Wind si era fatta garante, non era più possibile. Di qui la richiesta che fosse accertata la responsabilità del gestore nella verificazione dell’evento dannoso e che Wind fosse condannata all’annullamento delle fatture nel frattempo emesse e al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non, quantificati in cinquemila euro.

 

Il giudice di pace accoglie la domanda risarcitoria che però in secondo grado viene rigettata

Il Giudice di Pace aveva accolto la domanda dichiarando la responsabilità esclusiva di Wind nella causazione dei danni e condannandola a risarcire la somma di quattromila euro oltre interessi e spese, ma il Tribunale di Nola, quale giudice di secondo grado, con verdetto del 2020, aveva accolto l’appello del gestore riformando totalmente la decisione.

Per il Tribunale l’azienda danneggiata non aveva provato il danno patito

Ad avviso de giudici di seconde cure l’azienda in primo grado non aveva allegato l’esistenza di una lesione e la sua riconducibilità, in termini di nesso causale, al gestore telefonico: in difetto di allegazione e prova del danno e del nesso causale sarebbe stata dunque errata anche la liquidazione equitativa in quanto tale potere avrebbe presupposto l’impossibilità oggettiva della prova del danno senza però esimere la parte interessata dall’onere di dimostrare non solo l’an debeatur del diritto al risarcimento ma anche ogni elemento utile alla quantificazione del danno stesso.

Di qui l’accoglimento del gravame di Wind, con il rigetto delle domande della società e l’obbligo di restituzione della somma liquidata a seguito della sentenza di primo grado: i giudici avevano accolto, dell’appello incidentale proposto dall’azienda, solo la parte relativa all’accertamento negativo della pretesa creditoria, che era stata pertanto respinta, avanzata da Wind con riguardo alle fatture emesse “essendo stata raggiunta sufficiente prova dell’inadempimento contrattuale della Wind ed in particolare della mancata attivazione della linea telefonica e Adls” per citare la sentenza.

 

La società ricorre per Cassazione obiettando di aver allegato fin dall’inizio i danni subiti

A questo punto la società danneggiata ha proposto ricorso per Cassazione obiettando circa l’omessa allegazione dei danni e sulla prova dei medesimi e sostenendo di avere allegato, fin dall’inizio dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, che l’assenza della linea telefonica le aveva cagionato ingenti danni economici per la perdita delle commesse, laddove il giudice del gravame, nel valutare (erroneamente) la prova testimoniale, aveva escluso in radice la sussistenza del danno pure essendo viceversa evidente che l’interruzione della linea telefonica e del collegamento internet per circa cinque mesi, unitamente alla perdita del numero di telefono, erano stati per essa fonte di perdite economiche, derivanti dalla perdita della possibilità di sviluppi commerciali propri di un’azienda di trasporti a causa della perdita della possibilità di essere contattati da nuova clientela, danno assolutamente suscettibile di essere determinato in via equitativa.

Danni, quali l’impossibilità di essere contatati da nuovi clienti, liquidabili in via equitativa

La società aveva altresì aggiunto che, negare in toto la liquidazione equitativa pur in presenza di certezza dell’inadempimento, era contrario all’art. 115, secondo comma del c.p.c. secondo cui il giudice può, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza. E rientrava di certo nella nozione di comune esperienza il fatto che, pur nella impossibilità di quantificare con esattezza il numero di commesse e gli ordini persi dall’azienda a seguito del distacco della linea telefonica, l’inadempimento avesse prodotto un danno risarcibile, come peraltro riconosciuto – aveva sottolineato la ricorrente – dalla stessa Corte di Cassazione per il caso di mancato inserimento del nominativo del cliente nell’elenco telefonico, stabilendo che per la liquidazione del danno si dovesse procedere in via equitativa laddove il pregiudizio fosse correlato ad un’attività professionale o commerciale ed esso fosse sostenuto da parametri di apprezzabilità, serietà e consistenza.

Infine, l’azienda di trasporti aveva lamentato l’omesso esame della perdita di chance e l’omesso riferimento agli indennizzi riconosciuti nelle condizioni e nelle delibere Agcom. I giudici di secondo grado avrebbero cioè omesso di pronunciarsi sulla perdita di chances e non avrebbero fatto neppure riferimento agli indennizzi di cui agli artt. 5 e 12 dell’Allegato A della delibera Agcom 73/11/Cons espressamente invocati dalla società, che avrebbero potuto e dovuto costituire la base per una liquidazione equitativa del danno subìto, come del resto riconosciuto, anche qui, dalla stessa Cassazione con pregresse sentenze.

 

La Suprema Corte accoglie le doglianze, stesso caso relativo al mandato inserimento nell’elenco

Cassazione che infatti ha dato ragione su tutta la linea alla società ricorrente, accogliendo i motivi di doglianza. “In tema di somministrazione del servizio di telefonia, il danno da perdita della possibilità di acquisire nuova clientela conseguente al mancato o inesatto inserimento nell’elenco telefonico dei dati identificativi del fruitore si configura come perdita di chance, atteso che esso non consiste nella perdita di un vantaggio economico ma in quella della possibilità di conseguirlospiegano gli Ermellini – Trattandosi di un genere di pregiudizio caratterizzato dall’incertezza, è sufficiente che lo stesso sia provato in termini di “possibilità” (la quale deve tuttavia rispondere ai parametri di apprezzabilità, serietà e consistenza) e ne è consentita la liquidazione in via equitativa, non essendo al riguardo necessario dimostrare l’avvenuta contrazione dei redditi del danneggiato, che può incidere sulla quantificazione del danno ma non escluderne la sussistenza.

Basta che il pregiudizio sia provato in termini di possibilità e va risarcito in via equitativa

Tale diritto, osservano ancora i giudici del Palazzaccio, ha ancora “maggiore pregnanza allorquando l’utenza telefonica afferisca ad un’attività professionale o commerciale, né l’esistenza del danno può essere negata per il solo fatto che non siano stati depositati documenti fiscali a dimostrazione del decremento reddituale; tale omissione può certamente incidere sulla liquidazione del risarcimento, ma non consente di escludere che un danno vi sia comunque stato in ragione di ciò che, in mancanza della condotta d’inadempimento del gestore, l’utente in via di ragionevole probabilità avrebbe potuto invero conseguire, e che tale danno possa essere liquidato in via equitativa.

La liquidazione equitativa dei danni, va a concludere la Cassazione, “è dall’art. 1226 c.c. rimessa al prudente criterio valutativo del giudice di merito non soltanto quando la determinazione del relativo ammontare sia impossibile ma anche quando la stessa, in relazione alle peculiarità del caso concreto, si presenti particolarmente difficoltosa, potendo il giudice fare ricorso al criterio della liquidazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c. anche senza domanda di parte, trattandosi di criterio rimesso al suo prudente apprezzamento, e tale facoltà può essere esercitata d’ufficio pure dal giudice di appello”.

Gli errori del giudice d’appello che hanno portato a cassare la sentenza

Principi tutti disattesi dal giudice dell’appello, il quale, conviene la Suprema Corte con la ricorrente, “pur riconoscendo la sussistenza dell’inadempimento del gestore, anziché dar luogo alla valutazione equitativa del danno, cui il giudice può addivenire anche d’ufficio, ha negato il risarcimento dello stesso per difetto di allegazione in primo grado da parte della società danneggiata, che non aveva dedotto quali fossero in concreto i danni asseritamente patiti per effetto della temporanea, mancata fruizione della linea telefonica, non specificando né provando i danni sofferti a causa del dedotto inadempimento contrattuale della Wind, ritenendo al riguardo inidoneo il cosiddetto estratto conto clienti a provare gli asseriti danni sub specie perdite di commesse da parte dei clienti, e del tutto erronea la liquidazione equitativa del danno effettuata dal Giudice di prime cure poiché effettuata in assenza dei presupposti di legge, non avendo parte attrice in primo grado offerto alcun elemento obiettivo a cui ancorare una tale liquidazione equitativa del danno da parte del Giudice”.

La sentenza impugnata è stata pertanto cassata con rinvio al Tribunale di Nola, che in diversa composizione dovrà procedere ad un nuovo esame della causa sulla base dei principi ribaditi nella circostanza.

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Contenziosi con Aziende

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