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Anche uno scarico del wc troppo rumoroso può provocare un’aggressione fisica tale da comportare nel danneggiato gravi conseguenze fisiche e psicologiche, e da alterare la sua vita di relazione: danno che comporta il risarcimento con una voce specifica, di danno biologico, che non può essere assorbita nel generico danno patrimoniale.

Al di là della “particolarità” del caso, è interessante e significativa, in tema di pregiudizi da inquinamento acustico, l’ordinanza n. 24741/23 depositata dalla Cassazione il 17 agosto 2023.

 

Condomino cita la vicina per i rumori insopportabili provenienti dal suo bagno

Un condomino aveva citato in causa una vicina, che risiedeva nell’appartamento soprastante al suo, per ottenerne la condanna all’esecuzione di interventi necessari a eliminare la causa dei rumori intollerabili che provenivano dal suo alloggio, determinati dallo scarico del wc, e al risarcimento dei danni patiti.

Il giudice di Pace di Milano aveva accolto la domanda inibitoria imponendo alla vicina di mettere in atto tutto quanto era in suo potere per far cessare le immissioni rumorose provenienti dal suo bagno, risultate non rispettose del limite di cui all’articolo 844 del codice civile, ma aveva rigettato le ulteriori domande compensando le spese di lite.

Il Tribunale meneghino, quale giudice di secondo grado, pronunciandosi sugli appelli di entrambe le parti in causa, con sentenza dell’agosto 2020 aveva condannato in modo più esplicito la condomina ad eseguire le opere specificamente indicate dalla consulenza tecnica d’ufficio disposta ad hoc sull’impianto idrico del bagno, ma aveva parimenti respinto tutte le altre domande del condomino, ivi comprese quella volta al risarcimento del danno biologico e quella diretta al risarcimento del danno patrimoniale per il deprezzamento dell’immobile, compensando a sua volta integralmente le spese dei due gradi di merito e ponendo allo stesso modo quelle della Ctu a carico di entrambe le parti.

Il danneggiato tuttavia non si è dato per vinto e ha proposto ricorso anche per Cassazione, censurando la sentenza di secondo grado innanzitutto per non avere riconosciuto il risarcimento del danno biologico, e ciò benché fosse risultata accertata l’intollerabilità dei rumori provenienti dall’impianto idrico-sanitario della vicina, con relativa condanna alla demolizione e alla ricostruzione del locale bagno sulla base di specifiche indicazioni tecniche, e nonostante, soprattutto, il consulente tecnico medico-legale avesse accertato una sua menomazione dell’integrità psico-fisica – quantificando l’invalidità permanente nella misura del 6% – e l’avesse ritenuta concausata dall’inquinamento acustico.

Il Tribunale, invece, aveva ritenuto che la condotta colposa imputabile alla vicina e riguardante la rumorosità dell’impianto idrico del locale bagno non poteva considerarsi da sola sufficiente a causare il danno alla salute lamentato, sia perché l’inquinamento acustico era limitato all’uso dell’impianto idrico del locale bagno, sia perché la Ctu medica aveva accertato la sussistenza di concause diverse ed estranee alle emissioni: “sul piano clinico risulta diagnosticabile un disturbo dell’adattamento con ansia ed umore depresso, cronico, moderato-lieve, dove sussiste una quasi equivalenza eziopatogenetica tra due diverse concause: l’azione psicolesiva dell’inquinamento acustico e la struttura personale personologica del soggetto indicativa di tratti ossessivi di personalità” per citare la consulenza.

 

Danno alla salute da risarcire anche se il rumore è concausa

Ma per la Suprema Corte la doglianza attinente alla mancata liquidazione del danno alla salute è fondata. E questo perché, spiega la Cassazione, “il Tribunale ha finito col negare del tutto l’efficienza causale dell’inquinamento acustico sulle lesioni psico-fisiche riscontrate nell’attore per il solo fatto che le stesse non fossero riconducibili esclusivamente alle immissioni rumorose, ma anche a tratti della personalità del soggetto, in tal modo negando una derivazione causale che essa stessa afferma essere emersa, sia pure in termini di concausalità, dalla Ctu: concausalità ribadita, peraltro, dal rilievo che la rumorosità dell’impianto idrico non fosse “da sola” sufficiente a causare il danno alla salute, che implica che detta rumorosità abbia comunque concorso a determinare il danno”.

La sentenza impugnata è stata pertanto cassata, con rinvio al giudice d’appello per la liquidazione del danno non patrimoniale, in relazione al quale, concludono gli Ermellini, “onde verificarne la persistenza e l’entità, egli dovrà anche accertarsi se gli interventi ordinati alla vicina dal Tribunale siano stati eseguiti e, in caso affermativo, se i rumori molesti siano cessati o si siano ridotti di entità”.

 

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Danni Ambientali

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