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Può lamentare di aver subito il reato di “disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone”, ai sensi dell’art. 659 del codice penale, e quindi chiedere i danni non solo chi si trova nella sua casa e magari non riesce a dormire a causa del baccano, ma anche, semplicemente, chi sta passeggiando o sta gustando un gelato nel parco pubblico, in quanto viene ad essere rovinato il suo momento di svago e relax.

A interpretare in modo ampio, e con il massimo grado di tutela per la quiete pubblica, la normativa è una interessante sentenza, la n. 14559/22 depositata il 14 aprile, della Cassazione che ha definitivamente condannato la titolare di un hotel e di un bagno a Forte dei Marmi per aver organizzato una (troppo) chiassosa festa semi-abusiva in spiaggia il 30 luglio del 2015.

Albergatrice condannata per disturbo del riposo delle persone per una festa in spiaggia

L’imputata era accusata per l’appunto di aver organizzato, in assenza dell’autorizzazione di pubblica sicurezza, un intrattenimento musicale, a cui avevano preso parte alcune centinaia di persone e che aveva comportato un notevole disturbo al riposo delle persone.

Con sentenza del 12 maggio 2020, la Corte d’appello di Firenze, in parziale riforma di quella emessa dal Tribunale di Lucca il 25 maggio 2018, aveva sostituito la pena detentiva di un mese e venti giorni con la corrispondente pena pecuniaria di 12.500 euro a carico dell’imprenditrice, ritenuta responsabile anche del reato di apertura abusiva di luoghi di pubblico spettacolo o trattenimento, oltre a quello di disturbo del riposo o delle occupazioni delle persone: ammenda da aggiungersi a quella di 210 euro già  determinata in primo grado.

A suo carico anche l’accusa di apertura abusiva di luoghi di pubblico spettacolo

La Corte di appello aveva innanzitutto ritenuto che l’evento, per le sue intrinseche caratteristiche e le concrete modalità di svolgimento, si fosse connotato in termini tali che avrebbero imposto all’organizzatrice di munirsi della preventiva autorizzazione prevista dall’art. 80 TULPS. Questo sia in ragione della pubblicità dell’intrattenimento, “rivolta ad una platea indiscriminata” e non, come asserito dall’albergatrice,  ai soli clienti del suo hotel, secondo quanto era emerso dal tenore del volantino pubblicitario diffuso nell’occasione che, con l’utilizzo dell’espressione “ingresso riservato ai tavoli con buffet offerto dal ristorante (omissis)”, lasciava univocamente intendere che chiunque avesse voluto fruire, nell’occasione, del servizio di ristorazione avrebbe potuto godere anche del successivo spettacolo musicale e danzante, come peraltro confermato, nella sostanza, dalla stessa imputata.

La Corte territoriale aveva inoltre escluso che si trattasse, nella circostanza, di “piccolo intrattenimento” e che l’autorizzazione mancante potesse ritenersi compresa in quella prevista dall’art. 86 TULPS, avente oggetto e finalità diverse, ritenendo che il rilevante afflusso di pubblico, presente in almeno 200 unità, avrebbe imposto la necessaria verifica, da parte della autorità amministrativa preposta, circa l’adozione delle misure volte a garantire l’incolumità delle persone. I giudici avevano aggiunto che questa esigenza non era esclusa dal fatto che lo spettacolo si fosse svolto sulla spiaggia, tenuto conto che l’allestimento della manifestazione aveva determinato l’installazione di strumentazioni di vario tipo, sia per la musica che per l’illuminazione, e che vi erano comunque strutture di contenimento, quali quelle per l’esercizio di somministrazione di alimenti e bevande annesso al bagno.

In conclusione, la Corte d’appello aveva pertanto ritenuto che nella fattispecie non si potesse applicare il d.m. 19 agosto 1996, che, all’art. 1, comma 2, lett. a), esclude l’applicazione della normativa in materia di prevenzione degli incendi nel caso in cui il luogo sia privo di strutture destinate allo stazionamento del pubblico.

 

Musica a volume altissimo fino alle quattro di notte, con relative lamentele dei passanti

Ancora, il giudice di secondo grado aveva condiviso le conclusioni raggiunte da quello di prime cure in ordine al residuo addebito ex art. 659 cod. pen., sul rilievo che la musica era stata “somministrata” a volume molto alto e sino a tarda notte, il che aveva infastidito numerosi passanti i quali, nei giorni successivi, avevano rivolto, al riguardo, espresse rimostranze alle autorità locali. E, da ultimo, aveva escluso, in considerazione della diffusività e della durata delle emissioni sonore e dell’elevato numero di partecipanti all’evento, che l’offesa cagionata ai beni giuridici tutelati dalle norme incriminatrici violate fosse stata così tenue da giustificare l’applicazione dell’istituto previsto dall’art. 131-bis del codice penale, in ordine appunto alla particolare tenuità del fatto.

L’imputata ha quindi proposto ricorso per Cassazione contestando la sentenza impugnata laddove aveva qualificato l’evento come pubblico intrattenimento, insistendo sul fatto che si sarebbe trattato di una proposta rivolta ai soli clienti del suo hotel, e sul luogo di svolgimento, un tratto di spiaggia che sarebbe stato privo di qualsiasi struttura di contenimento, quali transenne, recinzioni o delimitazioni, e dotato esclusivamente di un piccolo palco destinato ad alloggiare la consolle del disc jockey.

Ma il motivo di doglianza che qui preme di più riguarda la contravvenzione sanzionata dall’art. 659 cod. pen.: secondo la ricorrente sarebbe mancata la prova che le emissioni sonore avessero, in concreto, disturbato le occupazioni o il riposo di terzi, non potendosi valorizzare in tal senso, a suo dire, il fastidio palesato dai passanti che, in quel frangente, non erano intenti a lavorare né a recuperare le forze.

La Suprema Corte tuttavia le ha dato torto su tutta la linea rigettando tutte le censure e definendo ineccepibile la sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto che le emissioni sonore ad alto volume prodotte dall’evento avessero provocato disturbo al riposo ed alle occupazioni delle persone.

 

Punito il disturbo recato anche a chi esce di casa per svagarsi e recuperare le energie

Gli Ermellini fanno notare che, da quanto era stato accertato, all’una e quaranta di notte “il fracasso che proveniva dal bagno marina infastidiva ancora i numerosi passanti che transitavano dal lungomare di Forte dei Marmi” e l’evento era  era proseguito, “con le stesse, inurbane, modalità”, almeno sino alle quattro.

Ma, soprattutto, la Cassazione definisce “fallace” l’assunto secondo cui l’attività oggetto di disturbo non avrebbe integrato né il riposo né l’occupazione.  Il riferimento alla tutela, in sede penale, del riposo e delle occupazioni delle persone va interpretato nel senso che le attività in questione (schiamazzi o rumori, abuso di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, provocazione o non impedimento di strepiti di animali) sono sanzionate laddove cagionino disturbo alle vittime, siano essere impegnate in attività lavorative ovvero nel recupero delle energie, che può avvenire sia restando in casa che, al contrario, portandosi, a scopo di svago, all’esterno”.

Il ricorso è stato quindi integralmente rigettato e la condanna confermata.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Danni Ambientali

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