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Uno dei problemi con cui ci si scontra quando si ha la sventura di restare coinvolti in un sinistro con un veicolo datato è che il mezzo funzionava, magari ci si era anche legati affettivamente, ma il suo valore di mercato è pressoché zero. E ripararlo costa molto di più. Idem per altre tipologie di danno rispetto all’incidente stradale che possano subire i mezzi a motore. Ma in questi casi il risarcimento è precluso? Non proprio.

Interessante in tal senso un’ordinanza della Cassazione, la n. 22254/22 depositata il 14 luglio 2022, con la quale la Suprema Corte ha condannato definitivamente un’attività di autoriparazione a risarcire con 4mila euro la proprietaria per dei lavori mal effettuati su un veicolo di ben 23 anni destinato al tuning, dal valore di mercato effettivo pressoché nullo. 

La causa per dei lavori mal effettuati da una carrozzeria su una vecchia auto “tuning”

Una donna aveva citato in causa avanti il Tribunale di Teramo una carrozzeria lamentando di averle commissionato due diversi interventi di modifica ed abbellimento estetico della sua Opel Tigra per un raduno di vetture “tuning” (la pratica con la quale vengono apportate delle modifiche alle auto a livello estetico, appunto, meccanico, elettronico, motoristico o di altro genere, per ottenere dei miglioramenti partendo dal modello standardizzato e regolarmente acquistato), interventi che tuttavia non sarebbero stati eseguiti a regola d’arte cagionando anzi difetti rilevanti. 

Di qui la richiesta di risarcimento della proprietaria nel giudizio, che era stato riunito alla causa di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dall’azienda per il pagamento del corrispettivo dei lavori, e che si era chiuso con sentenza del 2014 con cui i giudici avevano accolto l’opposizione al decreto ingiuntivo, respinto la domanda di pagamento del corrispettivo degli interventi e condannato la società al risarcimento dei danni pari a 3.958,20 euro, oltre al pagamento dell’ulteriore somma di 1.100 euro per le spese di causa. 

La carrozzeria aveva appellato la sentenza ma la Corte d’Appello di L’Aquila con pronunciamento del 2021 aveva confermato la decisione, ritenendo che l’impresa non avesse dato prova di aver correttamente eseguito l’intervento, non avendo quindi titolo al pagamento del corrispettivo, e che alla danneggiata spettasse invece il risarcimento dei danni, pari al costo di eliminazione dei difetti causati dall’imperfetta esecuzione degli interventi. 

 

La società ricorre per Cassazione contestando che il valore commerciale dell’auto era nullo

La società a questo punto ha proposto ricorso anche per cassazione con cinque motivi di doglianza. Quelli che qui premono sono il secondo e il terzo con cui la ricorrente ha evidenziato il fatto che il primo consulente tecnico d’ufficio nominato dal giudice aveva riconosciuto un costo di eliminazione dei danni pari a 1.500 euro, affermando che il valore del veicolo era pressoché nullo, mentre solo il secondo Ctu aveva stimato il costo per il ripristino dell’autovettura in 3.958,20 euro, senza quantificare il valore commerciale del mezzo, trascurando che questo era stato immatricolato da 23 anni e che la somma per le riparazioni risultava antieconomica. 

La Corte avrebbe dunque acriticamente aderito alle conclusioni della seconda consulenza senza dar conto delle ragioni della decisione. Inoltre, la carrozzeria ha sostenuto che, essendo il costo di eliminazione dei difetti pari ad 1.500 euro, era consentito detrarre solo tale minor importo dal prezzo degli interventi, mentre era stato liquidato un risarcimento notevolmente superiore al valore commerciale della cosa, con un indebito arricchimento della committente. 

Secondo la Suprema Corte i due motivi sono inammissibili, come peraltro gli altri. “La sentenza di appello ha risolto le questioni in fatto in modo conforme alla pronuncia di primo grado e pertanto è preclusa la denuncia di violazione dell’art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c., data la previsione dell’art. 348 ter, comma 4 e 5, c.p.c., fermo peraltro che non si contesta l’omessa considerazione di un dato accadimento oggettivo, come richiesto dalla citata disposizione, ma l’apprezzamento del c.t.u. circa il valore del veicolo, profilo che esula dall’ambito dell’errore denunciato e che attiene al giudizio di fatto” premette innanzitutto dal punto di vista formale la Cassazione, 

Anche se immatricolato da 23 anni, si trattava pur sempre di un veicolo “tuning”

Gli Ermellini tuttavia entrano anche nel merito, chiarendo come la valutazione svolta dal primo Ctu fosse basata solo sulla data di immatricolazione del veicolo,trascurando che si trattava di veicolo tuning, come invece considerato dalla seconda relazione tecnica.

Appare quindi adeguatamente motivata, sia pure con argomentazioni sintetiche, la preferenza a favore della seconda valutazione del valore del mezzo, venendo meno anche il denunciato carattere antieconomico della riparazione, profilo che comunque attinge questioni di merito insindacabili in cassazione” concludono gli Ermellini, che hanno rigettato il ricorso e confermato il risarcimento stabilito dai giudici territoriali a favore della proprietaria della datata vettura. 

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Contenziosi con Aziende

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