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Nel caso in cui la merce acquistata presenti dei difetti l’acquirente può naturalmente esercitare il diritto alla garanzia sul bene denunciando il vizioentro il termine di otto giorni” secondo quanto stabilito dal codice civile. Di fondamentale importanza, tuttavia, è la distinzione tra vizi cosiddetti “apparenti” e occulti. I secondi, come dice il termine stesso, sono difetti non immediatamente percepibili e di cui si si accorge, in genere, attraverso l’uso del prodotto: in questo caso il termine di otto giorni decorre appunto dalla scoperta del vizio, che peraltro, precisa la Cassazione a ulteriore tutela del consumatore, (sent. 5732/2011), deve essere una “certezza obiettiva, non essendo sufficiente il semplice sospetto”.

 Altro discorso invece per i difetti “apparenti” che sono riscontrabili subito, anche alla sola vista, e per denunciare i quali il termine di otto giorni decorre inderogabilmente dalla data di consegna del materiale. E non rileva, per giustificare il ritardo, il fatto che i beni in questione non siano stati neppure aperti in quanto destinati altrove: l’acquirente ha infatti l’onere di ispezionare comunque la merce, anche con in semplice controllo “campione”. Tutte disposizioni, queste, imparate a proprie spese da un’azienda di abbigliamento e calzature la quale, pur avendo ricevuto materie prime difettose e comunque non corrispondenti all’ordinativo, dovrà comunque pagarle alla ditta fornitrice, come ha stabilito la Cassazione, con l’ordinanza n. 23816/22 depositata il primo agosto 2022, mettendo fine a un lungo contenzioso.

Un’azienda ottiene un’ingiunzione di pagamento per merce non pagata

Ad avviare la causa l’impresa che aveva fornito il materiale incriminato la quale aveva presentato ricorso avanti il tribunale di Monza, sezione distaccata d Desio, per ottenere il pagamento dalla ditta acquirente dei circa 15mila euro dovuti per la fornitura delle merci, nello specifico fibbie e bottoni di plastica per confezionare dei modelli di piumino per la collezione autunno invero 2010-11, con conseguente decreto ingiuntivo emesso dai giudici brianzoli nel 2011.

L’acquirente presenta opposizione sulla base dei difetti riscontrati nei materiali consegnati

L’azienda che aveva acquistato i prodotti aveva tuttavia preposto opposizione, lamentando il fatto che la merce le era stata consegnata in ritardo rispetto ai termini pattuiti, fine ottobre 2010, e soprattutto che presentava gravi vizi e difetti, “tempestivamente denunciati”, con conseguenti danni consistiti nell’annullamento di ordini, nelle spese per la loro riparazione e in un danno d’immagine. Il tribunale di Monza aveva accolto l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo e condannando la società acquirente a pagare soltanto poco più di sei mila euro a fronte dei 15mila richiesti.

La società fornitrice aveva quindi appellato la sentenza di primo grado, ma la Corte d’Appello di Milano aveva rigettato il gravame dell’appellante la quale, in particolare, lamentava per l’appunto l’erroneo rigetto dell’eccezione di intervenuta decadenza della garanzia dei vizi, in quanto non tempestivamente denunciati.

I giudici meneghini avevano accertato che la merce acquistata dalla società che si era opposta al decreto di ingiunzione, una volta consegnatale per posta, era stata direttamente spedita ancora imballata negli scatoloni alla ditta con sede in Moldavia che doveva materialmente realizzare i capi di abbigliamento, ragion per cui i vizi e i difetti della merce (consistenti per i bottini in differenze di colore rispetto a quanto ordinato e per le fibbie nella inidoneità per dimensione e mancanza delle viti di giuntura e della molla interna) dovevano considerarsi da un lato occulti e dall’altro tempestivamente denunciati all’atto della loro scoperta. Infatti, trattandosi di un elevato quantitativo di prodotto consegnato imballato e pronto per messere nuovamente spedito, come detto, i vizi erano stati scoperti solo al memento dell’arrivo della merce alla ditta che doveva confezione i piumini.

Infine, quanto all’erronea attribuzione di ritardo nell’adempimento dell’obbligazione, il termine di intervenuta pattuizione per la consegna della merce, a quanto accertato dalla Corte d’appello, era effettivamente relativo solo alle cerniere lampo, e non specificamente ai bottoni e alle fibbie. Tuttavia, secondo i giudici di seconde cure, la valutazione del tribunale n ordine alla necessità della celerità di consegna del prodotto, data l’esigenza commerciale della controparte, doveva egualmente trovare conferma in quanto congruamente motivata anche sulla base delle dichiarazioni rese non solo dai testi ma anche dal legale rappresentante della stessa società appellante.

 

La società fornitrice lamenta la decadenza dalla garanzia dei vizi

La quale, tuttavia, non si è data per vinta e ha proposto ricorso anche per Cassazione, che invece le ha dato ragione per quanto riguarda la censura relativa al rigetto preliminare di intervenuta decadenza della società opponente dalla garanzia ex art. 1495 c.c. e, in particolare, quanto alla qualificazione di vizi occulti con riferimento alla merce consegnata. Come detto, i difetti lamentati consistevano nella diversa colorazione dei bottoni nonché nell’inidoneità delle fibbie per le dimensioni e per la completa mancanza delle giunture e della molla interna: pertanto, secondo la ricorrente, questi vizi dovevano essere qualificati come “apparenti” essendo facilmente riconoscibili utilizzando la normale diligenza.

Ne conseguiva che il termine di decadenza dalla garanzia ex art. 1495 c.c., in conformità al prevalente indirizzo di legittimità, doveva farsi decorrere dal momento in cui era possibile acquisire, in base ad elementi obiettivi, la conoscenza dei vizi e, nello specifico, trattandosi di vendica di cose mobili, dalla data di consegna della merce. La consegna era infatti avvenuta tra il 16 e 24 novembre 2010 per i bottoni e il primo dicembre 2010 per le fibbie, laddove la controparte aveva sollevato le proprie doglianze in merito alla asserita sussistenza dei vizi e difetti solo il 22 dicembre 2010, dunque ben oltre il termine di 8 giorni.

I vizi in questione non erano occulti bensì immediatamente riscontrabili

La Cassazione conviene sul fatto che i vizi in questione non potevano ritenersi occulti, “essendo facilmente riscontrabili con un semplice esame della merce. Ne consegue che il dies a quo degli otto giorni per la denuncia ex art. 1495 c.c. decorreva dalla data di consegna”. Non solo. La Suprema corte aggiunge anche che il fatto che la società acquirente avesse lasciato la merce imballata per rispedirla ad un’altra ditta che doveva utilizzarla per la produzione die piumini “non può essere motivo idoneo a procrastinare il termine di denuncia ex art. 1495 c.c., in quanto il vizio poteva essere facilmente individuato con l’ordinaria diligenza mediante l’ispezione anche d un solo campione del prodotto”.

 

Il termine di 8 giorni per denunciare i difetti decorreva dalla data di consegna della merce

I giudici del Palazzaccio ribadiscono quindi il principio secondo cui “in tema di garanzia per vizi della cosa venduta, ai fini delle decorrenza del termine breve di otto giorni per la denuncia, va considerato che in caso di vizio “apparente”, che è quello rilevabile attraverso un rapido e sommario esame del bene utilizzando l’ordinaria diligenza, il dies a quo decorre dal giorno del ricevimento della merce, equiparandosi in tal caso la possibilità di accertamento della condizione del vede alla riconoscibilità dei vizi apparenti”.

E va contata la data di consegna all’acquirente non al terzo per la trasformazione della merce

In altri termini, dunque, in caso di facile, riconoscibilità dei vizi, l’onere del compratore, quale risulta dall’art. 1495 c.c., “deve rapportarsi alla diligenza occorrente per rilevare i difetti di facile percezione”. Gli Ermellini infine danno continuità al principio di diritto sulla scorta del quale “l’individuazione della riconoscibilità dei vizi redibitori ex art. 1495 c.c. quale dies a quo del termine di decadenza dell’azione di garanzia va effettuata tenendo conto della qualità delle parti e della natura della cosa medesima. Pertanto, con riguardo alla vendita di merci suscettibili di trasformazioni (capi di abbigliamento), nel rapporto tra imprenditori esperti nel settore, va effettuata con riguardo alla data con cui l’acquirente è messo in condizione di verificare la merce stessa (che normalmente coincide con il giorno della consegna, art. 1511 cod civ.), e non con riguardo alla diversa data di consegna della merce al fine della sua trasformazione”.

Per la cronaca, la Cassazione ha accolto anche il motivo di ricorso in cui si contestava la presunta responsabilità della ricorrente per il ritardo dell’adempimento: l’azienda fornitrice aveva infatti dimostrato che l’ordine delle merci era stato ricevuto soltanto il 28 ottobre 2020, dopo che la società era stata informata delle quotazioni della merce, dei tempi di produzione e di consegna di tutti gli articoli richiesti: era quindi impossibile che la consegna delle merce potesse essere stata concordata per la fine dello stesso mese di ottobre, circostanza, questa su cui la Corte territoriale aveva inspiegabilmente omesso ogni considerazione. La sentenza impugnata è stata pertanto accolta, con rinvio alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione per il totale riesame del caso.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Contenziosi con Aziende

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