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Telecamere di sorveglianza private

Valide come prove per il processo penale

I video prodotti da telecamere di sorveglianza private installate sui immobili di proprietà possono essere utilizzate in giudizio quale legittima prova anche se riprendono l’ingresso, il cortile e i balconi del domicilio di terzi. Lo ha chiarito la Cassazione, con la sentenza n. 39293/18, depositata il 30 agosto.

La vicenda. A seguito di un sinistro stradale, il Giudice di Pace di Maglie assolveva l’imputato per non aver commesso il fatto, con sentenza del 21 luglio 2017. Ma Procuratore generale di Lecce, in accoglimento dell’istanza di impugnazione avanzata dalla parte civile, proponeva ricorso per cassazione, formulando tre motivi a sostegno, con i quali si deduceva errata valutazione della prova, vizio di motivazione, violazione ed errata applicazione degli artt. 234, 493, 507 cod. di rito in relazione alla mancata acquisizione di documenti rilevanti.

Nel ricorso si ricordava come nel corso del giudizio l’imputato avesse negato il fatto sostenendo di non essersi trovato nel luogo del sinistro, a Muro Leccese, bensì a Gallipoli dove sarebbe rimasto in panne con il suo furgone Renault. Nel corso del processo, tuttavia, veniva acquisito un video con le telecamere di sorveglianza che ne immortalava la presenza alla guida del furgone a Muro Leccese proprio nella mattinata del 15 ottobre 2011 alle ore 10,40, quando si era verificato il sinistro. Il ricorrente lamentava quindi il fatto che, nonostante l’efficacia probatoria del video, che dimostrava la falsità di quanto da lui sostenuto, il Giudice di pace avesse assolto l’imputato sulla base della sola deposizione di un test, peraltro di dubbia affidabilità, il quale aveva escluso che il veicolo si trovasse a Muro Leccese.

Ma, soprattutto, il Procuratore generale sottolineava come la sentenza impugnata fosse errata poiché la sua motivazione risultava insuperabilmente contrastata dalle riprese-video e dai fermo-immagine, del tutto legittimi e pienamente utilizzabili. Il Giudice di pace ne aveva però negato valenza probatoria sostenendo che non sussistesse alcuna certezza in ordine alla data in cui gli stessi sono stati scattati, giungendo persino ad ipotizzare che la data potesse essere stata appositamente apposta e non disponendo alcuna consulenza tecnica per accertare l’autenticità di detto materiale.

Secondo il ricorrente, il Giudice di pace, infine, aveva travisato le risultanze processuali laddove rilevava che le telecamere di sorveglianza esterne erano state installate il 28 dicembre 2011, a distanza di circa due mesi dal fatto. Ma il riferimento alle telecamere esterne era sviante poiché la telecamera da cui erano state riprese le immagini in questione era in realtà collocata all’interno dell’abitazione della persona offesa e, diversamente dalle altre, riprendeva lo spazio antistante Piazza del Popolo in Muro Leccese. La negazione, nell’impugnata sentenza, del valore probatorio delle riprese-video e dei fotogrammi costituiva, insomma, errore logico-giuridico nell’iter argomentativo perseguito dal giudice di primo grado idoneo ad inficiarne la decisione.

Per la Cassazione il ricorso è pienamente fondato e merita accoglimento. “La motivazione della impugnata sentenza si appalesa meramente apparente, illogica, e viziata da travisamento delle risultanze probatorie. Del tutto apodittici, e quindi sostanzialmente integranti carenza di motivazione, gli assunti in ordine alla valenza probatoria delle videoriprese, con i relativi fotogrammi, acquisite in sede dibattimentale – spiegano gli Ermellini – L’asserita mancanza di certezza in ordine alla data in cui le stesse sono state effettuate, con l’allusione ad una data fittiziamente apposta, e l’assunto che le telecamere esterne siano state installate in data 28.12.2011, e quindi a distanza di circa due mesi dal fatto, costituiscono affermazioni del tutto avulse da alcun accertamento – che pure era stato richiesto ed offerto – e pertanto apodittiche, oltre che sganciate dalle risultanze processuali. Il ricorrente ricorda, al riguardo, come il Giudice abbia respinto il deposito di una perizia giurata redatta dall’ing. (omissis)”.

La giurisprudenza di legittimità – conclude la sentenza – ha avuto modo, in più occasioni, di puntualizzare come, in tema di prova atipica, siano legittime e pienamente utilizzabili, senza alcuna necessità di autorizzazione dell’autorità giudiziaria, le videoriprese eseguite da privati mediante telecamera esterna installata sulla loro proprietà, che consentono di captare ciò che accade nell’ingresso, nel cortile e sui balconi del domicilio di terzi, i quali, rispetto alle azioni che ivi si compiono, non possono vantare alcuna pretesa al rispetto della riservatezza, trattandosi di luoghi che, pur essendo di privata dimora, sono liberamente visibili dall’esterno, senza ricorrere a particolari accorgimenti (Sez. 2, sent. n. 46786 del 24/10/2014, PG. PC. E Borile, Rv. 261053; Sez. 2, sent. n. 22093 del 2015, Borghi e altri). Ciò valga a maggior ragione nel caso di specie ove la videocamera riprendeva la pubblica piazza antistante lo studio-abitazione della persona offesa”.

La Suprema Corte ha quindi disposto l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio, per nuovo giudizio, al Giudice di Pace di di Maglie.

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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