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Si può ottenere un congruo “sconto” sul prezzo pagato e anche un risarcimento per il difetto emerso nella vettura usata di recente acquisto?

Ed è sufficiente per il rivenditore, per rigettare la richiesta, sostenere di aver riferito alla cliente il problema? Con l’interessante ordinanza n. 33926/22 depositata il 17 novembre 2022 la Cassazione ha accolto il ricorso di una acquirente riaffermando la forte valenza di tutela del consumatore insita nel Codice del consumo e specificando che non basta per chi vende un prodotto in generale accennare genericamente, magari minimizzandolo, a un vizio presente, bisogna informare correttamente chi acquista della sua natura e delle possibili conseguenze.

La causa promossa dalla cliente di un concessionario per un difetto dell’auto usata acquistata

Una cliente aveva citato in causa la concessionaria patavina presso la quale aveva acquistato una vettura usata, una Peugeot 208, chiedendo la riduzione del prezzo e il risarcimento dei danni per un difetto del veicolo, più precisamente del catalizzatore e della sonda lambda. Il giudice di Pace di Padova le aveva dato ragione, ma l Tribunale cittadino, sovvertendo la decisione, aveva accolto l’appello della società venditrice sulla base del fatto che l’acquirente sarebbe stata a conoscenza del problema della vettura.

La donna ha quindi proposto ricorso per Cassazione lamentando la violazione e falsa applicazione dell’art. 129 del Codice del Consumo: secondo la ricorrente, i giudici territoriali non avrebbero applicato correttamente la normativa in tema di tutela del consumatore, fornendone una interpretazione restrittiva e letterale in contrasto con la ratio della norma. E la Suprema Corte ha condiviso in pieno la doglianza.

La Cassazione parte proprio dall’obiettivo primario della normativa, ossia “la promozione dello sviluppo di una capacità di adeguata autodeterminazione dei consumatori nelle scelte relative all’acquisto di beni e di servizi e nella tutela dei loro diritti”. In tal modo inquadrate le regole di correttezza nell’informazione precontrattuale, la parte IV del Codice (denominata “Sicurezza e qualità”) indica le informazioni dovute ai consumatori, che devono, “quale soglia minima ed essenziale”, riguardare la sicurezza, composizione e qualità dei prodotti e dei servizi e “devono essere fornite in modo chiaro e comprensibile, così da assicurare la consapevolezza del consumatore”, continuano gli Ermellini, riportando integralmente il testo dell’art. 129 relativo alla conformità del contratto.

 

L’art. 129 sulla conformità del contratto

“1. Il venditore ha l’obbligo di consegnare al consumatore beni conformi al contratto di vendita.

2. Si presume che i beni di consumo siano conformi al contratto se, ove pertinenti, coesistono le seguenti circostanze: a) sono idonei all’uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo; b) sono conformi alla descrizione fatta dal venditore e possiedono le qualità del bene che il venditore ha presentato al consumatore come campione o modello; c) presentano la qualità e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo, che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi, tenuto conto della natura del bene e, se del caso, delle dichiarazioni pubbliche sulle caratteristiche specifiche dei beni fatte al riguardo dal venditore, dal produttore o dal suo agente o rappresentante, in particolare nella pubblicità o sull’etichettatura; d) sono altresì idonei all’uso particolare voluto dal consumatore e che sia stato da questi portato a conoscenza del venditore al momento della conclusione del contratto e che il venditore abbia accettato anche per fatti concludenti.

3. Non vi è difetto di conformità se, al momento della conclusione del contratto, il consumatore era a conoscenza del difetto, non poteva ignorarlo con l’ordinaria diligenza o se il difetto di conformità deriva da istruzioni o materiali forniti dal consumatore.

4. Il venditore non è vincolato dalle dichiarazioni pubbliche di cui al comma 2, lettera c), quando, in via anche alternativa, dimostra che: a) non era a conoscenza della dichiarazione e non poteva conoscerla con l’ordinaria diligenza; b) la dichiarazione è stata adeguatamente corretta entro il momento della conclusione del contratto in modo da essere conoscibile al consumatore; c) la decisione di acquistare il bene di consumo non è stata influenzata dalla dichiarazione.

5. Il difetto di conformità che deriva dall’imperfetta installazione del bene di consumo è equiparato al difetto di conformità del bene quando l’installazione è compresa nel contratto di vendita ed è stata effettuata dal venditore o sotto la sua responsabilità. Tale equiparazione si applica anche nel caso in cui il prodotto, concepito per essere installato dal consumatore, sia da questo installato in modo non corretto a causa di una carenza delle istruzioni di installazione”.

 

L’informazione data all’acquirente sul “vizio” non era stata affatto chiara

La corretta applicazione di questa norma, spiegano gli Ermellini, avrebbe imposto al Tribunale “un esame completo dell’informazione concretamente fornita alla cliente”: in particolare, una volta che il difetto del catalizzatore e della sonda lambda erano stati fatti presenti prima dell’acquisto, l’informazione aggiuntiva data relativa alla causa del vizio (erronea), “a causa del pregresso utilizzo per tragitti corti”, “lungi dall’essere neutra come reputa la sentenza impugnata – era invece idonea a confondere l’acquirente circa la gravità del difetto e la stessa sicurezza del veicolo acquistato” spiega la Suprema Corte: un conto infatti è un malfunzionamento da usura, un conto un malfunzionamento da rottura. La sentenza è stata pertanto cassata con rinvio al Tribunale di Padova, in diversa composizione, per un riesame della vicenda “alla luce dell’intero dettato dell’art. 129 Cod. Consumo e affinché verifichi se, nella specie, è stata garantita la completezza dell’informazione circa la sicurezza e la qualità del prodotto”.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Contenziosi con Aziende

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