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Come vanno liquidate in una causa le spese per le consulenze tecniche? Nell’economia di un contenzioso non è un dettaglio in quanto il lavoro altamente specializzato dei consulenti tecnici costa, tanto più se si tratta di casi complessi, non tutti possono permettersi di sostenere gli esborsi necessari ed è per questo, ad esempio, che Studio3A anticipa sempre queste e tutte le spese di causa per i conto dei propri assistiti, per dare la possibilità a tutti di far valere i propri diritti.

Al riguardo, risulta molto utile l’ordinanza n. 1135/23, depositata il 16 gennaio 2023, con cui la Cassazione ha affrontato l’argomento, ricordando e ribadendo che le spese sostenute per la consulenza tecnica di parte rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate, purché ovviamente essa provi di averle effettivamente sostenute.

Una società immobiliare cita l’acquirente per il mancato saldo del prezzo di un immobile

La causa in oggetto riguarda la compravendita di un immobile ed era stata intentata da una finanziaria immobiliare nei confronti di una donna che aveva, appunto, acquistato dalla società un immobile, non saldando però per intero la somma pattuita, in particolare 10.600 euro, di qui la richiesta del pagamento del residuo del prezzo. L’acquirente, dal canto suo, aveva obiettato di aver trattenuto quella somma a garanzia per i vizi ed i difetti riscontrati sull’immobile e tempestivamente denunciati.

Per ciò che qui interessa, il tribunale, disposta e vagliala la consulenza tecnica d’ufficio, aveva respinto le domande della società dichiarando la nullità del contratto preliminare per violazione dell’art. 2 d.lgs. n. 122 cit., e condannandola a restituire all’acquirente l’intera somma versata e di riflesso imponendo a quest’ultima di restituire le porzioni immobiliari oggetto del preliminare nullo.

La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 2017, aveva rigettato sia l’appello principale della società sia quello incidentale dell’acquirente, confermando quindi di fatto la sentenza di primo grado, e tuttavia aveva deciso altrimenti quanto alle spese di lite, la questione che qui preme. In particolare, i giudici avevano stabilito che le spese di accertamento tecnico preventivo e di consulenza tecnica d’ufficio fossero definitivamente poste a carico delle parti in solido, e che le spese rispettivamente sostenute per le consulenze tecniche di parte rimanessero definitivamente a carico di ciascuna di esse, dichiarando infine l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite del doppio grado di giudizio.

Più precisamente, la corte territoriale, dopo aver confermato la declaratoria di nullità del contratto preliminare in ragione dell’incontestata mancata prestazione da parte della venditrice della garanzia fideiussoria del costruttore, e dopo aver affermato che la declaratoria di nullità del contratto comportava non solo l’obbligo della stessa società venditrice di restituire alla controparte le somme incassate in esecuzione del contratto nullo, ma anche l’obbligo dell’acquirente di restituire alla proprietaria le porzioni immobiliari nel possesso delle quali era stata a suo tempo immessa, aveva ritenuto che, per citare la sentenza, “alla nullità del contratto avessero dato luogo entrambe le parti contraenti”.

L’acquirente ha quindi proposto ricorso per Cassazione censurando la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte territoriale, dopo aver totalmente rigettato l’appello promosso dalla società immobiliare, e confermando nel merito la sentenza di primo grado, aveva disposto l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite anche del primo grado di giudizio senza, tuttavia, considerare che il giudice d’appello può disporre una nuova regolamentazione delle spese di lite solo nel caso in cui riformi in tutto o in parte la sentenza di primo grado, laddove, al contrario, in caso di conferma nel merito della sentenza impugnata, può modificare la regolamentazione delle spese solo se investito della decisione sul punto da una specifica impugnazione: impugnazione che tuttavia, nel caso in esame, la società non aveva proposto, essendosi limitata a chiedere unicamente la compensazione delle spese di consulenza tecnica di parte. In definitiva, a fronte della conferma della statuizione di nullità del contratto preliminare operata dalla Corte d’appello, e in assenza di domande dell’appellante volte alla modifica del capo della sentenza di prime cure inerente la liquidazione delle spese di lite, la Corte d’appello avrebbe quindi  erroneamente disposto la compensazione delle spese del primo grado di giudizio, compresi i costi sostenuti nel corso del relativo giudizio per consulenza tecnica d’ufficio e consulenza tecnica di parte.

Motivo fondato per la Suprema Corte, che spiega. “Il potere del giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronunzia di merito adottata, sussiste, infatti, soltanto in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, poiché gli oneri della lite devono essere ripartiti in ragione del suo esito complessivo, mentre in caso (come quello in esame) di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere modificata dal giudice del gravame soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito, a differenza di quanto è accaduto nella vicenda in questione, oggetto di specifico motivo d’impugnazione”.

 

La parte vincitrice ha diritto al rimborso degli onorari per la consulenza tecnica di parte

Ma per i giudici del Palazzaccio, soprattutto, è fondato anche il secondo motivo di doglianza del ricorso, nel quale la ricorrente ha contestato la sentenza nella parte in cui la Corte d’appello aveva rigettato il suo appello incidentale proposto per ottenere l’integrale riconoscimento degli importi sostenuti per il pagamento degli onorari del consulente tecnico di parte, la cui assistenza in fase peritale era risultata necessaria, senza, tuttavia, considerare che il principio di soccombenza previsto dall’art. 91 , comma 1°, c.p.c. , riconoscendo quale soccombente la parte che, con il proprio comportamento, ha dato inizio alla causa o vi ha resistito con forme e con argomenti non corrispondenti al diritto, determinando così il suo protrarsi, impone di addossare a quest’ultima le spese di giudizio e di riconoscere all’altra parte il diritto di ottenere il rimborso.

Le spese sostenute per la consulenza tecnica di parte, cioè le uniche delle quali, stando alla sentenza impugnata rimasta sul punto incensurata, l’appellata aveva invocato l’integrale rimborso con la proposizione dell’appello incidentale, rientrano, invero, tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate – conclude la Suprema Corte – A meno che (ma non è stato questo il caso) il giudice non si avvalga, ai sensi dell’art. 92, comma 1°, c.p.c., della facoltà di escluderle dalla ripetizione, ritenendole eccessive o superflue, ferma restando, naturalmente, la necessità che di tali spese la parte vittoriosa dimostri l’esborso effettivamente sopportato, dovendosi, per contro, escludere che l ’assunzione dell’obbligazione sia sufficiente a dimostrare il pagamento”. Il ricorso è stato dunque accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio, per un nuovo esame, alla Corte d’Appello di Milano in differente composizione.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Contenziosi con Aziende

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