Premesso che i limiti di velocità vanno sempre rispettati, per l’incolumità propria e altrui, e che chi non li osserva va giustamente sanzionato, è indubbio tuttavia che vada garantito agli utenti della strada un sistema di controlli corretto e a sua volta rispondente alle normative.
Con l’ordinanza n. 1283/22 depositata il 17 gennaio 2022 la Corte di Cassazione è tornata sull’annosa questione degli autovelox ribadendo a quali requisiti devono rispondere per assicurare la regolarità della misurazione e quindi della contestazione.
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Due automobilisti impugnano una multa per eccesso di velocità
Due automobilisti avevano impugnato un verbale di accertamento di violazione amministrativa in materia di circolazione stradale per l’infrazione del superamento dei limiti di velocità, elevato dal Comune di Puglianello nel dicembre del 2016: il giudice di pace aveva accolto l’opposizione, ma il Tribunale di Benevento, quale giudice d’appello, con sentenza del 2020, in riforma della prima decisione, aveva confermato il verbale.
Secondo i giudici territoriali l’ente locale – il nocciolo su cui si basavano le censure – avrebbe fornito la prova del regolare funzionamento dell’apparato fisso, perché l’apparecchio autovelox risultava essere stato sottoposto a taratura nel dicembre del 2015, un anno prima, e ciò, in difetto di specifiche, circostanziate e documentate contestazioni, per il Tribunale doveva ritenersi sufficiente a documentare la sottoposizione a verifica dell’apparecchio.
Sotto accusa la mancata verifica di funzionalità del dispositivo
I due automobilisti però non si sono dati per vinti e hanno proposto ricorso per Cassazione lamentando la violazione dell’art. 45, comma 4, del d.lgs. n.285/1992, ossia il Codice della strada. I ricorrenti hanno richiamato la sentenza della Corte Costituzionale n. 113 del 2015, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.45, comma 4, cit. nella parte in cui non ha previsto che tutte le apparecchiature per il rilevamento della velocità dei veicoli siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura.
Il Tribunale non ne avrebbe tenuto conto, dato che dalla lettura del verbale notificato si evinceva chiaramente che l’apparecchio a mezzo del quale era stato elevato il verbale era stato sì omologato e tarato (una sola volta), ma mai controllato per asseverarne il buon funzionamento. I giudici non avrebbero preso in esame un fatto decisivo per il giudizio, ossia l’assenza del certificato di buon funzionamento del dispositivo, circostanza tale, secondo la tesi difensiva, da comportare la nullità della sentenza.
Infine, gli automobilisti censuravano il fatto che i giudici territoriali, ritenendo sufficiente a documentare la validità dell’accertamento di infrazione la certificazione che l’apparecchio fosse stato sottoposto a taratura, “in assenza di specifiche e circostanziate contestazioni da parte degli appellanti”, avrebbero addossato loro un onere probatorio che non gli competeva.
La Suprema Corte accoglie le doglianze e cassa la sentenza
Per la Cassazione, le doglianze sono fondate. Nello specifico, convengono gli Ermellini, trova applicazione per l’appunto il principio secondo il quale, “poiché, a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 45, comma 6, del d.lgs. n. 285 del 1992 (Corte cost. 18 giugno 2015 n. 113), tutte le apparecchiature di misurazione della velocità devono essere sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura, in caso di contestazioni circa l’affidabilità dell’apparecchio il giudice è tenuto ad accertare se tali verifiche siano state o meno effettuate”.
Nel caso in questione la Suprema Corte prende atto che “la verifica ha riguardato solo la taratura e non la regolarità del controllo periodico, mentre il giudice avrebbe dovuto provvedere a verificare anche questo secondo profilo”.
La sentenza è stata pertanto cassata con rinvio al Tribunale di Benevento, in persona di diverso magistrato, per il riesame della causa.
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