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Se l’assicurato contesta espressamente il sinistro verificatosi, fornendo anche nomi di testimoni dell’accaduto, è l’assicurazione che deve dimostrare di aver svolto le dovute valutazioni della fondatezza e serietà degli elementi circostanziali forniti, non potendolo gravare automaticamente il cliente dell’aumento del premio conseguente alla attestazione della “classe di rischio” superiore dopo aver risarcito il presunto danneggiato, ignorando gli elemento forniti dall’assicurato.

A precisarlo la Corte di Cassazione, terza sezione civile, in un’interessante sentenza (la numero 18603/2016) a seguito del ricorso dell’assicurata, con clausola bonus-malus per responsabilità civile automobilista, contro la propria compagnia assicuratrice.

La donna si era vista rigettare in sede di merito la domanda proposta, avente ad oggetto l’inadempimento della società assicurativa per aver subìto l’aumento del premio assicurativo sebbene avesse contestato il sinistro per il quale la società aveva invece inteso corrispondere l’indennizzo al danneggiato. 

Per il giudice d’appello, tuttavia, non era stata fornita prova del fatto presupposto e cioè della mancata verificazione del sinistro, non essendo stata chiesta l’assunzione dei testi, pure indicati nella denuncia cautelativa, con conseguente infondatezza della domanda e condanna della soccombente alle spese del grado di giudizio. 

Una pronuncia, secondo la ricorrente in Cassazione, che violava gli artt. 1218 e 2697 c.c., poiché il Giudice di appello, anziché limitarsi a verificare  la condotta tenuta dalla società assicurativa, aveva invece esteso l’indagine anche alla diversa questione della prova della responsabilità del sinistro, erroneamente indicata quale fatto costitutivo della domanda azionata dall’assicurato: il fatto contestato, infatti, era quello relativo al comportamento dell’assicurazione che aveva corrisposto l’indennizzo direttamente al terzo danneggiato senza considerare che il proprio assicurato aveva espressamente contestato l’accadimento del sinistro, indicando persino i soggetti che avrebbero potuto riferire in merito.

Doglianze fondate secondo gli Ermellini: per costante giurisprudenza, anche nel caso in cui sia dedotto non il totale inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento. 

Pertanto, la variazione “in pejus” del premio, in relazione alle cosiddette clausole bonus-malus stipulate per il verificarsi o meno di sinistri in dato periodo di tempo, opera esclusivamente nel caso in cui sussista la prova della responsabilità dell’assicurato per un danno risarcibile a terzi. 

Qualora la compagnia assicuratrice abbia ricevuto una richiesta di risarcimento di un danno asseritamente cagionato da un suo assicurato, e quest’ultimo venga tempestivamente a contestarne l’esistenza, al fine di evitare il maggiore onere economico, grava sull’impresa assicuratrice che ritenga, invece, opportuno stipulare una transazione con il terzo, ignorando o considerando infondata l’opposizione dell’assicurato, fornire la prova della esistenza delle condizioni al cui verificarsi opera la variazione in aumento del premio, in applicazione della clausola anzidetta, e dunque la prova di avere agito con la diligenza del buon padre di famiglia nell’accertamento del danno.

Il Collegio ha ritenuto che il giudice di appello abbia erroneamente applicato il criterio di riparto dell’onere probatorio, atteso che, nella polizza assicurativa per responsabilità civile automobilistica, la “clausola bonus-malus” non introduce in contratto un’ulteriore e distinta obbligazione rispetto a quelle tipiche del contratto di assicurazione, ma soltanto una formula tariffaria che prevede una modalità di variazione automatica (in aumento o in diminuzione) del premio, e che opera “in relazione al verificarsi o meno di sinistri nel corso di un certo periodo di tempo”

Il risarcimento del danno che la società ha corrisposto direttamente al “presunto” danneggiato sul presupposto meramente assiomatico della principale responsabilità del proprio assicurato nella causazione del sinistro, omettendo di svolgere qualsiasi valutazione prognostica della fondatezza e serietà degli elementi circostanziali forniti in contrario dall’assicurato, gravandolo automaticamente dell’aumento del premio conseguente alla attestazione della “classe di rischio” superiore, integra dunque una palese e grave violazione degli obblighi contrattuali, in quanto il pagamento effettuato dall’assicuratore al terzo, non soltanto non soddisfa l’interesse del contraente dichiaratosi non responsabile, ma produce effetti giuridici pregiudizievoli sul patrimonio di quest’ultimo, esponendolo ad una maggiorazione del premio altrimenti non dovuta. 

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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