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Se si pensa di scapolare la multa per il passaggio con il rosso al semaforo mettendo in discussione la funzionalità dell’apparecchiatura di rilevazione, è fatica sprecata.

La Cassazione ha chiarito che, contrariamente a quanto accade per gli autovelox, non vi è alcun obbligo da parte dell’amministrazione di sottoporre a controllo periodico di taratura gli apparecchi che rilevano il passaggio, per l’appunto, con il rosso: nessuna normativa, infatti, sancisce che il verbale di accertamento dell’infrazione debba contenere, a pena di nullità, l’attestazione che la funzionalità della singola apparecchiatura impiegata sia stata sottoposta a controllo preventivo e costante durante l’uso.

 

Il ricorso di un’automobilista contro la multa per il passaggio con il “rosso”

La decisione della Suprema Corte, contenuta nell’ordinanza n. 31818/19 depositata il 5 dicembre 2019 non è affatto “scontata”, se è vero che una Corte di merito si era espresso il modo diametralmente opposto.

Un’automobilista calabrese aveva proposto opposizione dinanzi al giudice di Pace di Locri contro il verbale con cui le era stata contestata dal Comune di Marina di Gioiosa Ionica la violazione dell’art. 41 e 146 comma terzo D.LGS. 285/1992, per aver, nel settembre 2015, proseguito la marcia attraversando l’incrocio ubicato nella locale via Torre Vecchia, nonostante il semaforo indicasse la luce rossa, imponendo quindi di arrestare il veicolo.

L’infrazione era stata rilevata automaticamente e documentata con foto mediante un’apparecchiatura a postazione fissa, tipo Photored F17D, omologata con decreto n. 47017/2009.

 

Il giudice di pace rigetta l’opposizione, ma il Tribunale la accoglie

Il Giudice di pace aveva respinto l’opposizione, ma il Tribunale di Locri, a cui la ricorrente si era appellata, con sentenza del 2017 aveva integramente riformato la pronuncia.

Il giudice di secondo grado aveva invece dichiarato illegittima la sanzione, non avendo l’amministrazione provato di aver sottoposto l’apparecchiatura di rilevazione dell’infrazione al controllo periodico di funzionalità e taratura, asserendo che, in applicazione dei principi sanciti dalla Corte costituzionale con sentenza n. 113/2015, con cui era stato dichiarato illegittimo l’intero comma sesto dell’art. 45 swl Codice della Strada, “tutte le apparecchiature deputate all’accertamento delle infrazioni devono essere sottoposte a verifiche periodiche di taratura, pena l’illegittimità della sanzione, in quanto l’assenza di tali verifiche è suscettibile di pregiudicarne l’affidabilità metrologica e di compromettere la certezza della rilevazione“.

 

Ricorso per Cassazione accolto: taratura non richiesta

Il Comune ha quindi presentato ricorso per Cassazione contro quest’ultimo pronunciamento, adducendo due motivi di doglianza. Con il primo si evidenziava che, a differenza di quanto sostenuto dal giudice di appello, i principi sanciti dalla pronuncia della Corte costituzionale 113/2015 non operavano con riferimento alle apparecchiature di rilevazione delle infrazioni diverse da quelle concernenti il superamento dei limiti di velocità, non trattandosi di dispositivi sottoposti a controlli metrologici ai sensi della L. 273/1991.

Il secondo motivo si doleva del fatto che la sentenza avesse ritenuto onere dell’amministrazione dimostrare il perfetto funzionamento della apparecchiatura fotografica, per contro già attestata dal verbale di accertamento dell’infrazione, dalla certificazione di conformità con indicazione del prototipo depositato presso il Ministero delle infrastrutture e dal certificato di collaudo oggetto del verbale del 17.9.2015.

Secondo la Cassazione, i due motivi sono fondati.

Erroneamente il tribunale – spiegano i giudici del Palazzaccio – ha ritenuto che la pronuncia di parziale incostituzionalità dell’art. 45, comma sesto, C.D.S., abbia comportato l’obbligo dell’amministrazione di sottoporre a controllo periodico di taratura e funzionalità tutti gli apparecchi di rilevazione delle infrazioni al codice della strada (non solo quelli impiegati per l’accertamento dell’eventuale superamento dei limiti di velocità), e ciò sull’assunto secondo cui sarebbe irragionevole “un sistema che consenta di dare certezza giuridica ed inoppugnabilità ad accertamenti irripetibili svolti da complesse apparecchiature senza che la loro efficienza ed il loro funzionamento siano soggetti a verifica anche a distanza di lustri“.

 

La verifica riguarda solo le apparecchiature che misurano la velocità

La Cassazione chiarisce che in realtà la sentenza della Corte Costituzionale 113/2015 ha  riguardato le sole apparecchiature impiegate per l’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità.

Con specifico riguardo alla rilevazione della violazione del divieto di proseguire la marcia con impianto semaforico rosso a mezzo di apparecchiature elettroniche, deve dunque ribadirsi che né il codice della strada, né il relativo regolamento di esecuzione prevedono che il verbale di accertamento dell’infrazione devono contenere, a pena di nullità, l’attestazione che la funzionalità del singolo apparecchio impiegato sia stata sottoposta a controllo preventivo e costante durante l’uso, giacché, al contrario, l’efficacia probatoria di dette apparecchiature perdura sino a quando non risultino accertati, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e debitamente provate, un difetto di costruzione, installazione o funzionalità, o situazioni comunque ostative al suo regolare funzionamento, non potendosi far leva, in senso contrario, su mere congetture circa il fatto che la mancanza di revisione o manutenzione periodica dell’attrezzatura sia di per sé idonea a pregiudicarne l’efficacia probatoria delle rilevazioni sancita dall’art. 142 del predetto codice”.

Nello specifico, peraltro, la legittimità della sanzione, ricordano gli Ermellini, era assicurata dalla rilevazione fotografica del passaggio del veicolo con segnale rosso di stop, “non essendo l’amministrazione gravata da ulteriori oneri di prova, avendo già depositato il verbale di accertamento, l’attestazione di conformità dell’apparecchiatura utilizzata e lo stesso verbale di collaudo, eseguito pochi mesi prima della violazione”.

Pertanto la sentenza è stata cassata, con rinvio della causa per la sua definizione finale ad altro magistrato del Tribunale di Locri .

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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