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Con una direttiva del 30 maggio 2017 in materia di “accertamenti dello stato di ebbrezza alcolica ovvero di alterazione correlata all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope (legge 23 marzo 2016, n. 41)”, indirizzata al Questore e ai comandanti di tutte le varie forze dell’ordine territoriali, e firmata dal Procuratore Aggiunto Adechi D’Ippolito, la Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Venezia ha preso posizione circa una delle questioni più controverse della nuova legge sull’omicidio stradale.

La legge n. 41 del 2016 – si ricorda – ha introdotto nuove e autonome fattispecie di reato, descritte e sanzionate dagli artt. 589 bis (“omicidio stradale”) e 590 bis (lesioni personali gravi e gravissime, cagionate “per colpa con violazioni delle norme sulla disciplina della circolazione stradale”); per tali delitti sono previste, fra l’altro, forme aggravate con severi incrementi di pena per i casi in cui l’agente si ponga “alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psico-fìsica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope ai sensi delle relative norme vigenti in materia la circolazione stradale (“Codice della Strada”, artt. 186 ss.)”.

E’ dunque evidente, sottolinea il documento, che, “in caso di incidente stradale con danni alle persone, l’accertamento delle eventuali alterazioni delle condizioni psicofisiche derivanti dall’assunzione di sostanze alcoliche e/o stupefacenti o psicotrope, dei conducenti del mezzo o dei mezzi coinvolti, sottoposti ad indagini per uno dei delitti sopra indicati, assume adesso uno specifico, ancor più spiccato rilievo, di primaria importanza ai fini dell’applicazione della nuova disciplina codicistica, che sanziona con particolare gravità le condotte costitutive dei delitti sopra citati nelle ipotesi di conducente postosi alla guida nei descritti stati di alterazione”.

A1 fine di evitare che il rifiuto del conducente a sottoporsi ai necessari accertamenti tecnici vanifichi l’intero impianto normativo della legge n. 41 del 2016 – continua la direttiva – il legislatore è intervenuto sulle norme processuali introducendo il comma 3 bis dell’art. 359 bis c.p.p., che nell’ipotesi di rifiuto consente – ”nei casi di cui agli ar/t. 589 bis e 590 bis del codice penale” e sussistendo il “fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave o irreparabile pregiudizio alle indagini” – di procedere all’esecuzione coattiva delle operazioni di prelievo di liquidi biologici (sangue compreso) necessari all’accertamento”.

Queste dunque le modalità con cui gli operatori dovranno agire in caso di rifiuto. “La polizia giudiziaria informerà immediatamente il pubblico ministero di turno dell’opposto rifiuto fornendogli ogni elemento utile alle sue valutazioni, al fine di ottenere, anche oralmente, l’autorizzazione all’accompagnamento e all’esecuzione coattiva delle operazioni di prelievo; il Pm, sussistendone i presupposti, disporrà lo svolgimento delle operazioni con decreto motivato ovvero, in caso di urgenza, provvederà oralmente successivamente confermando il provvedimento per iscritto; la polizia giudiziaria darà tempestiva notizia del provvedimento e delle operazioni da compiersi al difensore dell’interessato ovvero, in mancanza, a quello designato di ufficio, che ha facoltà di assistervi senza che ciò possa comportare pregiudizio nel compimento delle operazioni; l’ufficiale di polizia giudiziaria procederà all’accompagnamento presso la competente struttura territoriale individuata dall’Accordo Operativo Regionale Veneto al fine di sottoporlo al necessario prelievo ematico; in presenza di giustificati casi di necessità ed urgenza, l’accompagnamento potrà essere disposto, ai sensi dell’art. 13 disp. att. c.p.p., anche da agenti di polizia giudiziaria, mentre alla fase del prelievo coattivo è necessaria la presenza di un ufficiale di polizia giudiziaria; le attività materiali, indispensabili per realizzare in forma coattiva il prelievo, saranno effettuate, a seguito di specifica disposizione del pubblico ministero da confermare anche per iscritto, esclusivamente dalla polizia giudiziaria intervenuta, senza alcun coinvolgimento del personale sanitario; il personale sanitario, nominato ausiliario di polizia giudiziaria ai sensi dell’art. 348 c.p.p. procederà senza indugio al prelievo delle aliquote di sostanze biologiche, anche ematiche, necessarie per gli accertamenti, curando di assicurare la piena rappresentatività dei campioni e la loro conservazione in numero sufficiente a garantire l’eventuale ripetizione dei relativi accertamenti analitici; tutti gli interventi di natura terapeutica, e quindi qualunque decisione riguardante anche la somministrazione di farmaci di qualsivoglia tipologia, saranno di esclusiva competenza del personale sanitario, e avranno riguardo unicamente alla cura e al benessere della persona; la polizia giudiziaria dovrà redigere verbale, dando atto delle comunicazioni con il pubblico ministero, dell’interlocuzione con la persona accompagnata e con il difensore e delle conseguenti operazioni di prelievo”.

Diversa – precisa e conclude la Procura – è invece “l’ipotesi in cui il conducente venga condotto presso la struttura sanitaria per esigenze di cura e sottoposto a terapia a seguito di decisione assunta dal medico. In tal caso i liquidi biologici prelevati per esigenze sanitarie potranno essere acquisiti ed utilizzati nel procedimento penale a prescindere dall’assenza di consenso dell’interessato”.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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