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Non può evitare una condanna per omicidio colposo, nonostante le “attenuanti”, il conducente dell’auto che causa la morte di un altro automobilista a seguito dell’incidente occorso per il fatto di non aver rispettato il segnale di Stop all’incrocio e, quindi, concesso la necessaria precedenza. E’ quanto ha deciso e ribadito la Cassazione, quarta sezione penale, nella recente sentenza n. 27395/18, confermando la condanna per omicidio colposo per il ricorrente. Il reato di cui all’art. 589 c.p. gli era stato contestato per aver, appunto, cagionato la morte di un altro automobilista dopo aver violato le norme sulla disciplina della circolazione stradale.

Nel dettaglio, la collisione con l’autovettura della vittima era avvenuta all’altezza di un incrocio, dopo che l’imputato con la sua auto si era immesso sulla strada provinciale senza aver rispettato il segnale di Stop e dato la necessaria precedenza agli altri veicoli.

In Cassazione, l’imputato si era difeso cercando di attribuire la responsabilità dell’incidente alla vittima stessa: in sede di merito, infatti, erano state accertate diverse violazioni di regole cautelari commesse dalla parte offesa, un soggetto privo di patente, affetto da Alzheimer e da schizofrenia, che percorreva il tratto di strada interessato dal sinistro a velocità stimata in 90 km/h, superiore al limite di 50 km/h, e con fari spenti nonostante l’orario serale.

Secondo il ricorrente, se da un lato pareva indiscutibile l’assoluta interdipendenza tra il sinistro stradale e la condotta posta in essere dalla vittima, dall’altro appariva illogica e carente la motivazione in ordine alla ritenuta compatibilità tra l’affermata sussistenza di nesso eziologico in ambedue le condotte dei soggetti in causa e l’acclarata prevedibilità ed evitabilità assolute dell’evento solo con riferimento alla condotta della persona offesa.  L’imputato, inoltre, lamentava il fatto che l’evento mortale si era in realtà verificato a causa dei gravissimi errori iatrogeni in cui incorsero i medici operatori, e dunque non sarebbe eziologicamente riconducibile alla condotta dell’imputato.

In realtà, secondo gli Ermellini, la Corte territoriale ha ricostruito il fatto e valutato la responsabilità dell’imputato sulla base di un iter motivazionale congruo e razionale, esente da manifeste aporie logiche o dalla scorretta applicazione di norme giuridiche. Nel caso di specie, tra l’altro, si è in presenza di una cosiddetta “doppia conforme” di condanna, per cui le motivazioni delle sentenze di merito di primo e secondo grado si integrano a vicenda, costituendo un corpo unico, con tutti i limiti connessi alla impossibilità per la parte di dedurre il vizio logico della motivazione sul piano del travisamento della prova .

Tra l’altro, precisa la Cassazione, il comportamento alternativo lecito dell’imputato, ovvero il fermarsi allo Stop, avrebbe certamente impedito l’evento: non rispettando il segnale, l’automobilista ha determinato l’incidente, a prescindere dalla colpa concorrente della vittima. Quest’ultima, peraltro, come accertato dai giudici, non procedeva a “zig zag”, ma con andatura diritta, tanto da aver azionato i freni per cercare di evitare l’impatto, segno quindi di una condotta di guida “regolare” e non proprio abnorme.

La sentenza impugnata ha evidenziato anche come la condotta, pure colposa, tenuta dalla vittima non era tale da interrompere il nesso causale tra la condotta del prevenuto e l’evento: nel comportamento della persona offesa, infatti, non era stata riscontrata una condotta eccezionale e atipica, non prevista né prevedibile, da sola sufficiente a produrre l’incidente stradale.

Inoltre, i giudici hanno motivatamente escluso che nel caso ricorressero gli estremi di una condotta colposa dei medici tale da avere innescato un “rischio nuovo e drammaticamente incommensurabile, del tutto incongruo rispetto al rischio originario attivato”, e quindi avulso dalla lesione direttamente conseguente all’infortunio stradale, che ne costituisce invece un imprescindibile antecedente.

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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