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La Cassazione ha già chiarito svariate volte che gli esami strumentali non sono una conditio sine qua non per ottenere il risarcimento delle microlesioni, come i classici colpi di frusta, ma siccome alcuni giudici continuano a incorrere in questa errata interpretazione della normativa, è bene ribadire il concetto.

La vicenda

E’ il destino capitato a un’automobilista emiliana coinvolta in un incidente stradale accaduto a Bologna nel dicembre del 2012 e causato da una mancata precedenza della vettura di controparte.

La donna ha citato in giudizio dinanzi al giudice di pace di Bologna il conducente della macchina e la sua assicurazione chiedendo il risarcimento di tutti i danni fisici, patrimoniali e non, subiti in conseguenza del sinistro.

La compagnia si era costituita contestando – al solito – il fatto che, sulla base della recente normativa, le lesioni di lieve entità non potrebbero essere risarcite ove non suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo. Ma il Giudice di pace l’aveva condannata a risarcire la danneggiata.

Contro questa sentenza, tuttavia, avevano presentato appello sia l’automobilista, lamentando che non gli erano state liquidate altre spese (mediche in particolare) e che era stato sottostimato il danno non patrimoniale, sia la compagnia di assicurazione, asserendo che il giudice di primo grado avrebbe erroneamente riconosciuto la percentuale d’invalidità permanente del 2% sulla base dei riscontri clinici operati dal consulente tecnico d’ufficio pur in difetto di riscontri strumentali, “come invece richiesto dal testo riformato dell’art. 139 del codice delle assicurazioni private”.

Il Tribunale di Bologna, quale giudice di appello, aveva sì riconosciuto maggiori spese mediche alla ricorrente, ma, in accoglimento dell’appello incidentale della compagnia, aveva anche rigettato la domanda di ristoro del danno biologico permanente.

Sentenza della Cassazione

Di qui il ricorso per Cassazione, che, con l’ordinanza n. 5820/2019, ha accolto in pieno i motivi di doglianza della automobilista. La Suprema Corte ricorda come i commi 3 ter e 3 quater dell’articolo 32 del d. l. 24 gennaio 2012 n. 1 siano stati effettivamente “oggetto di contrastanti interpretazioni in dottrina e nella giurisprudenza di merito”.

Secondo un primo orientamento, il legislatore con queste norme avrebbe inteso porre un limite legale ai mezzi con cui provare il danno alla persona, quando questo abbia prodotto esiti micro- permanenti.

In tal caso infatti la prova del danno potrebbe essere ricavata solo da un accertamento strumentale (ad esempio, radiografia, risonanza magnetica, TAC, ecc.). “Ma tale orientamento non è condivisibile – ribadiscono gli Ermellini -, perché limita il principio del libero convincimento del giudice, obbligandolo ad escludere dal novero delle prove utilizzabili quelle diverse dalla documentazione clinica”.

Secondo un altro orientamento, poi, le nuove norme avrebbero introdotto una “soglia di risarcibilità”, ovvero una franchigia nel caso di danno alla salute causato da sinistri stradali. In altri termini, in caso di incidente, non ogni danno alla persona sarebbe risarcibile, ma soltanto quello di intensità tale da poter essere strumentalmente accertato.

Ma “anche tale orientamento non può essere condiviso – si afferma nell’ordinanza -, avendo già avuto modo di affermare la Corte costituzionale, nella lo sentenza n.235/2014, che le disposizioni del decreto in esame non attengono «alla consistenza del diritto al risarcimento delle lesioni (…), bensì solo al momento successivo del suo accertamento in concreto»: dunque, secondo la Consulta, il c.d. Decreto Sviluppo non ha introdotto alcuna franchigia o soglia di risarcibilità del danno biologico, ma ha soltanto dettato norme più rigorose per quanto riguarda l’accertamento dell’esistenza di postumi micro permanenti”.

L’esame clinico strumentale

Nell’ordinanza si cita quindi la sentenza della stessa Suprema Corte n. 18773 del 26 settembre 2016, “la quale ha sostanzialmente fissato i seguenti princìpi: – i commi 3 ter e 3 quater, dell’art. 32 d. 1/2012 sono norme non diverse tra loro, che dettano identici precetti: tutte e due non fanno che ribadire il principio già emerso dal diritto vigente, secondo cui il danno biologico è solo quello suscettibile di accertamento medico legale”.

Le due norme, pertanto, vanno intense nel senso che “l’accertamento del danno non può che avvenire con i consueti criteri medico legali, e dunque l’esame obiettivo (criterio visivo), l’esame clinico, gli esami strumentali”.

Tali criteri, precisa inoltre la sentenza, sono “non gerarchicamente ordinati tra loro, né unitariamente intesi, ma da utilizzarsi secondo le leges artis, siccome conducenti ad una “obiettività” dell’accertamento stesso, che riguardi sia le lesioni, che i relativi postumi (se esistenti)”.

Ma l’ordinanza, tra le altre, richiama anche una pronuncia ancora più recente della Cassazione, la n. 1272 del 19 gennaio 2018, con la quale, dopo aver ribadito che “in materia di risarcimento del danno da c. d. micro-permanente, l’art. 139, comma 2, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, nel testo modificato dall’art. 32, comma 3 – ter, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, inserito dalla legge di conversione 24 marzo 2012, n. 27, va interpretato nel senso che l’accertamento della sussistenza della lesione temporanea o permanente dell’integrità psico-fisica deve avvenire con rigorosi ed oggettivi criteri medico- legali”, si precisa che “l’accertamento clinico strumentale obiettivo non potrà in ogni caso ritenersi l’unico mezzo probatorio che consenta di riconoscere tale lesione a fini risarcitori, a meno che non si tratti di una patologia, difficilmente verificabile sulla base della sola visita ciel medico legale, che sia suscettibile di riscontro oggettivo soltanto attraverso l’esame clinico strumentale”.

Anche in questo caso, pertanto, gli Ermellini non si sono discostati dal solco già tracciato e consolidato dalla stessa Corte, hanno cassato la sentenza impugnata e rinviato al Tribunale di Bologna in diversa composizione, affinché “proceda a nuovo esame alla luce dei principi sopra ribaditi”.

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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