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La portata della responsabilità medica è influenzata da più fattori, che vanno oltre i profili fisici estendendosi anche a quelli psichici e relazionali: considerazione che vale anche laddove il danno deriva da un intervento di chirurgia estetica, come emerge chiaramente dalla recente ordinanza della Corte di Cassazione numero 25109/2017

I giudici sono infatti tornati a confrontarsi con la vicenda di una modella sottopostasi a un intervento estetico che però non era perfettamente riuscito e che le aveva lasciato sul corpo delle cicatrici.

Nel corso del giudizio era stato accertato che, anche considerando la professione della paziente, le vicissitudini che aveva dovuto affrontare per effetto degli interventi chirurgici non avevano determinato solo delle tracce somatiche antiestetiche, ma anche una sofferenza psicosomatica. La modella, infatti, era caduta in una vera e propria depressione che, sebbene nel tempo si fosse attenuata, si era comunque in definitiva stabilizzata in un equilibrio di sofferenza permanente.

Il quadro complessivo ha reso tuttavia difficile la quantificazione del danno biologico complessivo, che quindi, come hanno spiegato i giudici della Suprema Corte, andava fatta ricorrendo all’equità e tenendo conto di molteplici condizioni, come l’ansia, l’insicurezza, i rapporti con l’altro sesso, la compromissione dell’intera sfera affettiva.

Nel caso di specie, peraltro, è proprio con riferimento all’esatta quantificazione del danno biologico che la danneggiata si era trovata in disaccordo con la decisione del giudice del merito, decidendo di rivolgersi alla Cassazione.

Alla fine, tuttavia, secondo i giudici di legittimità la Corte d’appello ha valutato tutti i profili di danno complessivamente e in maniera adeguata, tenendo conto anche dell’evoluzione del profilo psichico della patologia riscontrata, e pertanto la Cassazione ha confermato la decisione, ma quel che più conta è che la Suprema Corte ha, appunto, ribadito con forza il principio generale.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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