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L’art. 157, comma 1 c.p.p. detta le regole da seguire durante la fase di ricerca del luogo in cui l’imputato sia reperibile. Tuttavia, tale previsione non può essere applicata nella diversa ipotesi in cui non sia necessario ricercare l’imputato avendo lo stesso indicato il luogo in cui ricevere le notifiche con l’elezione di domicilio.  La Cassazione, con la sentenza 55956/18, depositata il 13 dicembre, ha fatto chiarezza su una questione spesso oggetto di discussioni se non addirittura di “cause” nelle cause.

Il fatto. Con sentenza del 10 luglio 2016 la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza emessa il 31 ottobre 2013 dal Tribunale della stessa città, con cui S. M. è stato condannato alla pena ritenuta di giustizia per una tentata truffa ai danni del Comune di Napoli. Avverso la sentenza d’appello l’imputato personalmente ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo l’inosservanza delle norme di legge con riferimento all’omessa notifica a sé del decreto di citazione in appello.

Secondo il ricorrente, a seguito del suo mancato rinvenimento presso il domicilio eletto, si sarebbe dovuto tentare la notifica presso il luogo di abituale esercizio dell’attività lavorativa, prima ancora di provvedere al deposito nella casa comunale. Peraltro, la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto perfezionata la notifica, nonostante la mancanza dell’avviso di ritorno della raccomandata.

Ma secondo la Suprema Corte “il ricorso è inammissibile, perché proposto per motivo, in parte, manifestamente infondato e, in parte, non consentito. Deve rilevarsi che l’art. 163 c.p.p., da applicare nel caso in esame, venendo in rilievo l’elezione di domicilio effettuata dall’imputato, dispone che, per le notificazioni eseguite nel domicilio dichiarato o eletto a norma degli artt.161 e 162 c.p.p., le disposizioni di cui all’art. 157 c.p.p. si applicano in quanto compatibili. La necessità, invocata dal ricorrente, di ricercare l’imputato, in via cumulativa e non alternativa, sia presso la casa di abitazione che presso il luogo di abituale esercizio dell’attività lavorativa, prima di effettuare il deposito dell’atto nella casa comunale, è prevista dal primo comma dell’art. 157 c.p.p. ma tale disposizione non può ritenersi compatibile con la disciplina dettata per le notificazioni al domicilio indicato o eletto. Essa, infatti, detta le regole da seguire nella fase di ricerca del luogo in cui reperire l’imputato e non può valere per la diversa ipotesi in cui non si pone un problema di ricerca, avendo lo stesso imputato scelto, così individuandolo, il luogo in cui ricevere le notifiche. Sotto tale aspetto, la doglianza del ricorrente, che fa leva sulla necessità di un incombente non previsto dalla disciplina normativa, si appalesa manifestamente infondata”.

Deve, poi, osservarsi – prosegue la sentenza – che, se è condivisibile il rilievo secondo cui la ricezione della lettera raccomandata spedita dall’ufficiale giudiziario, perfeziona la notifica effettuata ai sensi dell’art. 157, comma 8, c.p.p. (v. Sez. 2, n. 21984 del 4.5.2017, Rv 270095), non può revocarsi in dubbio, tuttavia, che il vizio conseguente alla mancata spedizione della raccomandata o alla mancata prova della ricezione della raccomandata configura una nullità di ordine generale a regime intermedio, priva di effetti se non dedotta tempestivamente nei termini di cui all’art. 182 c.p.p.. E ciò è quanto accaduto nel caso in esame, non avendo il ricorrente eccepito alcunché al riguardo dinanzi al giudice dell’appello, con la conseguenza che la censura de qua non può essere dedotta in questa sede”.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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