Come è noto, la Cassazione ha a più riprese stabilito che, per la liquidazione del danno biologico, i giudici di merito devono attenersi alle tabelle milanesi (Cass. 12408/2011; Cass. 20895/2015), ma, nonostante questi pronunciamenti, il tribunale di Roma ha sempre predisposto e adottato delle personali tabelle, rifiutandosi spesso di applicare quelle del Tribunale di Milano (in foto). Con una pronuncia innovativa nel panorama giurisprudenziale romano, la sentenza n. 7200 del 21 dicembre 2016, la Corte d’Appello della Capitale si è invece uniformata alle decisioni della Cassazione, affermando la necessaria applicazione delle tabelle Milanesi anche ai giudizi promossi davanti al Tribunale di Roma.
In esito al giudizio di primo grado, promosso da un pedone investito sulle strisce pedonali per ottenere il pagamento della maggior somma non liquidata stragiudizialmente dall’assicurazione, il Tribunale di Roma aveva liquidato il danno residuo (ovvero quello ulteriore rispetto a quanto pagato spontaneamente in sede stragiudiziale) sulla base delle tabelle romane, nonostante nel corso del giudizio l’attrice avesse fatto richiesta di applicazione delle tabelle di Milano, peraltro depositate in atti (requisito, questo, necessario ed imprescindibile, secondo la Suprema Corte, per poter ottenere la liquidazione del danno con i parametri delle tabelle milanesi).
La motivazione adottata dal Tribunale di Roma, circa l’applicazione delle locali tabelle era – testualmente – la seguente: “il Tribunale, in attesa del consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sul punto, reputa adeguato a perseguire lo scopo indicato liquidare il danno accertato sulla base delle tabelle elaborate dal Tribunale di Roma, adottate peraltro anche da altri tribunali italiani trattandosi di parametri desunti dalla media delle pronunce emesse dai giudici del Tribunale con maggior carico di affari e che tratta circa il 20% del contenzioso in materia di responsabilità civile, tabelle che peraltro sono più aderenti ai principi di personalizzazione del danno morale e alla esigenza di distinta valutazione delle singole voci di danno, in accordo con la più recente giurisprudenza di legittimità”.
Va tuttavia rilevato che il 27 maggio del 2016 il Tribunale di Roma ha approvato le nuove tabelle 2016 per la liquidazione del danno. Nel verbale di approvazione si legge testualmente che il Tribunale di Roma: è a conoscenza non solo dell’orientamento espresso ripetutamente dalla Suprema Corte di Cassazione riguardo la necessità di applicare le Tabelle Milanesi, ma anche dell’esistenza di ben due proposte di legge (l’una in discussione alla Commissione Giustizia – C1063 Bonafede e l’altra contenuta nella legge sulla Concorrenza approvata dalla Camera ed attualmente al vaglio del Senato) che prevedono entrambe “l’applicazione del cosiddetto punto pesante delle Tabelle del Tribunale di Milano” su base nazionale; è a conoscenza anche del fatto che “il Giudice di Pace di Roma applica le tabelle di Milano”, ma ammette che, ciononostante, la motivazione adottata dal Tribunale capitolino “è ormai standardizzata” sulla persistente applicazione delle Tabelle Romane.
Il fatto che esistano ben due proposte di legge per la nazionalizzazione del punto milanese, che la Suprema Corte si sia ripetutamente pronunciata in tal senso e continui a farlo tutt’oggi, e che nello stesso territorio romano il Giudice di Pace ed il Tribunale applichino criteri diversi, ha indotto la Corte d’Appello a confermare il suo unico precedente in termini (C.d.A. Roma n. 36/2014), imponendo al Tribunale di Roma l’abbandono delle “standardizzazioni” utilizzate nelle proprie motivazioni, uniformandosi alle stringenti motivazioni della Corte di Cassazione.
La sentenza n. 7200/16 della Corte d’Appello di Roma che, come detto, verte sulla quantificazione del danno da sinistro stradale, si pone come precedente decisamente e finalmente innovativo per il foro romano. Nell’atto si evidenza come sia ormai noto che la Suprema Corte di Cassazione – dal 2011 – abbia ripetutamente confermato che “nella liquidazione del danno biologico, l’adozione della regola equitativa ex art 1226 c.c. deve garantire sia un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, sia l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa solo perché esaminati da differenti Uffici Giudiziari. Garantisce tale uniformità di trattamento il riferimento al criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano, essendo esso già ampiamente diffuso sul territorio nazionale – e al quale la S.C. in applicazione dell’art 3 Cost. riconosce la valenza di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c. – salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l’abbandono” (Così Cass. n. 12408/2011; Cass. n. 14402711; Cass. n. 19376/2012; Cass. n. 4447/2014).
Tale principio è stato riconfermato anche dalle successive sentenze della Suprema Corte fino ad oggi (in tal senso si vedano ex multis: Cass. n. 10263/2015; Cass. n. 20895/15; Cass. n. 2167/16; Cass. n. 4025/16; Cass. n. 8045/16; Cass n. 9367/16; Cass. n. 9556/16), nonché recepito dalla Corte d’Appello di Roma in un unico precedente del 2014 (Cfr. C.d.A. Roma n. 36/2014), ribadendo la “vocazione nazionale” delle Tabelle di Milano, in quanto recanti i parametri maggiormente idonei a consentire di tradurre il concetto dell’equità valutativa, e ad evitare (o quantomeno ridurre) ingiustificate disparità di trattamento che finiscano per profilarsi in termini di violazione dell’art. 3 Cost., comma 2, e sottolineano nuovamente come la mancata adozione delle Tabelle di Milano, integri violazione di norma di diritto censurabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c, comma 1, n. 3. “Per garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, tra i criteri in astratto adottabili deve ritenersi preferibile il riferimento al criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano al quale la S.C., in applicazione dell’art. 3 Cost., riconosce la valenza, in linea generale, di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno non patrimoniale alle disposizione di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c., salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l’abbandono“.
Dunque, con la sentenza in commento la Corte romana ha confermato il proprio unico precedente in termini, manifestamente aderendo al consolidato orientamento di legittimità.
Scritto da:
Dott. Nicola De Rossi
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