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Il 2 agosto è entrata in vigore la legge n. 133/2016 (pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 166 del 18 luglio) che introduce nel codice penale il reato di frode in processo penale e depistaggio. Il testo, considerato dai più un “traguardo” di grande valore civile, politico e morale, date le ombre che ancora pesano sulle pagine buie (le stragi in primis) della storia d’Italia degli ultimi cinquant’anni, ha ricevuto il sì definitivo dalla Camera nei giorni scorsi.

La nuova fattispecie è configurata come reato proprio del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che ostacolano le indagini, dichiarano il falso o sviano la giustizia manomettendo le prove, punibile con la reclusone da tre a otto anni.

Ma attenzione perché la legge, oltre a prevedere numerose aggravanti se lo sviamento della giustizia avviene nei processi per strage, mafia e associazioni sovversive (con la pena detentiva che può salire fino a 12 anni), punisce con il carcere anche i “normali cittadini” che si rendono colpevoli di alterazione della scena del crimine, delle cose o delle persone per ingannare il giudice o il perito nei processi civili e amministrativi.

In foto, i resti del Dc 9 dell’Itavia: la strage di Ustica rappresenta uno dei simboli dei depistaggi delle indagini nel nostro Paese.

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Dott. Nicola De Rossi

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