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La banca e i suoi promotori finanziari hanno stringenti obblighi informativi nei confronti dei clienti a cui propongono investimenti a rischio e non è sufficiente che questi siano in linea con altre operazioni pregresse già attuate dall’investitore, sulle quali va peraltro operata una verifica se sorrette, pure queste, da un’adeguata informazione. E la prova di aver assolto ai propri doveri previsti per legge deve fornirla l’istituto stesso.

E’ una sentenza importante a tutela dei risparmiatori quella, la n. 7288/23, depositata dalla Cassazione, terza sezione civile, il 13 marzo 2023, in accoglimento del ricorso della figlia di un’anziana che aveva perduto svariate decine di migliaia di euro a causa dell’acquisto di obbligazioni rischiose.

Una donna cita una banca per i soldi persi dall’anziana madre con investimenti rischiosi

Una donna, quale erede della madre, aveva citato in giudizio una banca sostenendo che l’istituto e un suo promotore finanziario avevano indotto la sua congiunta, che all’epoca era già avanti con gli anni, ne aveva 79, e per di più era priva di titolo di studio e non era certo un’investitrice professionale, ad effettuare investimenti rischiosi, rivelatisi del tutto sfavorevoli: ne aveva pertanto chiesto la condanna in solido alla restituzione della somma di 25mila euro e al risarcimento del danno conseguito, in particolare, all’acquisto di obbligazioni molto rischiose, previo accertamento dell’inadeguatezza delle operazioni proposte rispetto al profilo di rischio della investitrice e del grave inadempimento della banca e del promotore finanziario ai propri doveri informativi.

I quali si erano costituiti in giudizio, respingendo ogni addebito e obiettando che l’anziana cliente aveva già effettuato in precedenza numerosi ordini di investimento e che l’acquisto delle azioni contestato era avvenuto a seguito di un disinvestimento di obbligazioni russe, facendo dunque seguito ad un’operazione di gran lunga più rischiosa, ragion per cui il livello di rischio del complesso delle operazioni effettuate (e contestate dalla figlia) doveva ritenersi adeguato.

Il Tribunale di Ravenna, disposta un’apposita consulenza tecnica, aveva dato ragione all’istituto ritenendo che la propensione al rischio della cliente fosse da definirsi media e che l’acquisto fosse adeguato, rigettando la domanda risarcitoria. La figlia dell’investitrice aveva appellato la decisione, ma la Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 2019, aveva ritenuto l’appello inammissibile, dal momento che l’appellante non aveva riferito di alcuna specifica omissione riguardo al rapporto oggetto del giudizio e non aveva, in ogni caso, impugnato l’autonoma ratio decidendi secondo cui la tipologia di investimenti effettuati per conto della madre doveva ritenersi adeguata alla sua propensione al rischio, né aveva impugnato la sentenza di primo grado nella parte in cui il Tribunale aveva escluso di accogliere la domanda risarcitoria per difetto di allegazione e prova sul nesso causale tra la violazione degli obblighi informativi ed il danno.

Per i giudici di seconde cure l’appellante non avrebbe altresì dimostrato che, se fosse stata edotta della pericolosità dell’acquisto, la madre si sarebbe astenuta dal farlo, concludendo quindi nel senso della inammissibilità del gravame per assenza di doglianza nei riguardi di una delle rationes decidendi della sentenza di primo grado, singolarmente idonea a sorreggerla sul piano logico e giuridico.

La madre dell’anziana tuttavia non si è arresa e ha proposto ricorso anche per Cassazione tornando a sostenere con forza il fatto che la banca e l’intermediario avessero omesso di fornire all’investitrice adeguate informazioni sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni dell’operazione, e sostenendo che la Corte di merito non aveva dato affatto conto dei motivi di gravame.

 

Violazione degli obblighi informativi sulla rischiosità delle operazioni

In particolare, la ricorrente ha censurato la sentenza nella parte in cui aveva ritenuto che non fosse stata impugnata la ratio decidendi della decisione di prime cure circa l’adeguata tipologia di investimenti rispetto alla propensione al rischio dell’investitrice, e perché il giudice non aveva rilevato che, anche con riguardo ai pregressi investimenti, il promotore si era reso inadempiente agli obblighi informativi quali prescritti dalle disposizioni di legge. E di ciò aveva prodotto come prova un documento sottoscritto dalla madre dal quale si desumeva che l’anziana sarebbe stata indotta a firme “di comodo” sollecitate dal promotore per poter procedere agli acquisti ritenuti convenienti per la banca, risultando perciò vittima di una era e propria truffa.

La ricorrente ha pertanto lamentato la violazione da parte del giudice di merito della giurisprudenza di legittimità secondo la quale l’intermediario finanziario, convenuto nel giudizio di risarcimento del danno per violazione degli obblighi informativi, non è comunque esonerato dall’obbligo di valutare l’adeguatezza dell’operazione di investimento nel caso in cui l’investitore, nel contratto-quadro, si sia rifiutato di fornire informazioni sui propri obiettivi di investimento e sulla propria propensione al rischio, nel qual caso deve comunque compiere quella valutazione in base ai principi di correttezza e buona fede.

La mancata prova da parte di banca e intermediario di aver assolto ai propri doveri

Anche gli altri motivi di ricorso vertevano tutti sul preteso inadempimento, da parte del promotore finanziario e della banca, ai propri obblighi informativi ed alla scelta di un investimento ritenuto non adeguato alla propensione al rischio della madre, per di più in relazione allo sviluppo del rapporto nel corso del tempo e non solamente quanto alle ultime scelte: si lamentava altresì il fatto che i giudici del merito avessero omesso di rilevare, oltre al rischio dell’investimento proposto, che le informazioni erano rese anche in conflitto di interessi perché la banca era creditrice del soggetto a cui appartenevano le azioni, così come di considerare che l’istituto aveva l’onere di provare di aver assolto diligentemente ai propri obblighi informativi, compresi quelli di informazione continuativa posto dall’articolo 21 del TUF, il Testo Unico di Informazione Finanziaria.

E la Cassazione ha dato ragione alla ricorrente convenendo sul fatto che le affermazioni della Corte del merito – secondo le quali, in buona sostanza, vi era un’invarianza di rischio e ciò alleggeriva la banca dai propri obblighi informativi, e non vi era prova del nesso causale tra l’omissione di più pregnanti obblighi informativi e il danno – “contrastano con la giurisprudenza di questa Corte”. “In tema di intermediazione finanziaria – sottolineano gli Ermellini -, grava sull’intermediario, ai sensi dell’art. 23, comma 6, del d.lgs. n. 58 del 1998, provare di aver agito con la specifica diligenza richiesta e, dunque, dimostrare di avere correttamente informato i clienti sulla natura, i rischi e le implicazioni della specifica operazione relativa ai titoli mobiliari oggetto di investimento, risultando irrilevante, al fine di andare esente da responsabilità, una valutazione di adeguatezza dell’operazione, posto che l’inosservanza dei doveri informativi da parte dell’intermediario è fattore di disorientamento dell’investitore, che condiziona le sue scelte di investimento”.

 

Istituto e promotore non hanno provato di aver informato adeguatamente la cliente

Ancora, la Suprema Corte ricorda che la giurisprudenza di legittimità “pone una presunzione di danno conseguente all’omissione di obblighi informativi al cliente, con ciò spostando l’onere della prova in relazione all’adempimento degli obblighi di informazione sulla banca investitrice, la quale è tenuta ad una dimostrazione specifica di aver ottemperato a tutti gli obblighi informativi prescritti dalla legge e dai regolamenti di settore: se è, dunque, l’investitore a dover dare la prova di aver dato adeguate informazioni, non potendo a ciò supplire una valutazione tecnica di adeguatezza del livello di rischio rispetto alle caratteristiche del cliente e se dall’omissione di questa specifica prova si deve presumere la sussistenza di un danno a carico del cliente, si deve ritenere che la impugnata sentenza, nella parte in cui ha ritenuto che l’invarianza del livello di rischio fosse un’autonoma ratio decidendi, come pure lo fosse il ritenuto difetto di allegazione e prova in merito al nesso di causalità tra violazione degli obblighi informativi e danno, non sia conforme alla richiamata giurisprudenza di legittimità“.

La verifica va effettuata anche sugli investimenti pregressi

In altri termini, secondo i giudici del Palazzaccio, la Corte d’Appello, nella parte in cui ha ritenuto non impugnate quelle che ha configurato come autonome rationes decidendi della sentenza di prime cure, “non ha considerato che la contestazione di entrambe doveva ritenersi implicita nelle censure complessivamente formulate alla sentenza di primo grado ed ha altresì omesso di conformarsi ai rigorosi principi posti dalla legge e dalla giurisprudenza di legittimità in tema di obblighi informativi”.

Secondo gli Ermellini pertanto, le due rationes decidendi dell’impugnata sentenza, strettamente interdipendenti, non sono idonee a sorreggerne la motivazione: “la Corte di merito non avrebbe potuto limitarsi a considerare l’astratta adeguatezza dei proposti nuovi investimenti rispetto al livello di rischio già sostenuto dall’investitrice, ma avrebbe dovuto valutare se la banca e l’intermediario avessero loro stessi dato prova di avere adeguatamente informato la cliente e pure in occasione dell’investimento precedente; in assenza della quale prova, invece, avrebbe dovuto presumere che la cliente ne avesse riportato un danno risarcibile”.

La sentenza impugnata è stata pertanto cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, per nuovo esame della causa alla luce dei succitati principi di diritto “sull’onere della prova del professionista quanto all’adempimento dell’obbligazione di informazione ed adeguatezza degli investimenti via via proposti alla controparte”.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Contenziosi con Aziende

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