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L’automobilista che, svoltando a sinistra, manca di dare la precedenza al conducente di un veicolo a due ruote che proviene dal senso opposto di marcia, procurandogli lesioni gravi, deve essere sottoposto alla revisione cautelare della patente. E non importa se gli organi di vigilanza intervenuti per i rilievi non hanno considerato nel dettaglio anche la condotta di guida dell’infortunato. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, I sezione, con un recentissimo parere, il numero 50 pubblicato il 3 gennaio 2018, circa un ricorso presentato, appunto, da un’automobilista.

Il ricorrente, il 9 giugno 2015, mentre era alla guida di una Fiat Panda, era stato protagonista a Camposampiero, nel Padovano, di un incidente stradale che aveva provocato lesioni gravissime. Tali conseguenze, secondo il rapporto del Comando di Polizia Locale del comune patavino, erano state causate dal fatto che l’automobilista, mentre percorreva una strada comunale urbana a doppio senso di marcia, giunto ad un’intersezione stradale, aveva effettuato una manovra di svolta a sinistra omettendo di concedere la precedenza al motoveicolo che sopraggiungeva dall’opposto senso di marcia, il cui conducente, nonostante la manovre poste in essere, non era riuscito a evitare l’impatto e, trasportato all’Ospedale di Padova con l’elisoccorso, era stato ricoverato in prognosi riservata.

Al ricorrente era stata contestata la violazione dell’art. 145/2°c. del D. L.vo 30 aprile 1992, n. 285 (C.d.S.). Con provvedimento del 28 ottobre 2016, l’Ufficio della Motorizzazione di Padova, in applicazione dell’art. 128 del C.d.S, aveva disposto la revisione della patente di guida in suo possesso, finalizzata alla verifica della persistenza dei requisiti di idoneità tecnica alla guida.


Il ricorso straordinario al Consiglio di Stato riguardante tale revisione era stato fondato sui seguenti motivi: illegittimità per falsa interpretazione di legge e travisamento dei presupposti in violazione degli artt.128, 222 e 223 del D.Lgs. n.285/92; illegittimità per eccesso di potere, sotto il profilo sintomatico del difetto di motivazione, di imparzialità e trasparenza in violazione degli artt.1 e 3 della legge 241/90.


Con il primo motivo del ricorso straordinario si sosteneva che gli agenti accertatori intervenuti sul sinistro avrebbero commesso un macroscopico travisamento dei fatti non avendo tenuto conto del comportamento del conducente che procedeva in senso opposto e non avendo dato rilevanza alla documentazione sanitaria pregressa riguardante quest’ultimo. Secondo il ricorrente, inoltre, l’Amministrazione sarebbe tenuta ad adottare il provvedimento di revisione della patente di guida solo in casi di eclatante e grave violazione alle norme del Codice della Strada, materia che sarebbe devoluta alla competenza del Giudice Penale, al quale soltanto spetterebbe di assumere il detto provvedimento sanzionatorio, ove ne accerti le condizioni.


Con il secondo dei motivi dedotti, poi, l’automobilista asseriva che l’Amministrazione non avrebbe messo a disposizione tutti gli atti necessari alla conferma della descritta dinamica del sinistro in questione, essendosi piuttosto limitata a motivare il provvedimento impugnato con riferimento alle precedenti infrazioni commesse dallo stesso ricorrente. Quest’ultimo, inoltre, ha sottolineato di essere portatore di handicap di natura motoria, ragione per la quale ha la necessità dell’utilizzo della patente di guida, e ha prodotto la certificazione di idoneità alla guida di autoveicoli.

Secondo i giudici, tuttavia, i motivi dedotti non meritano condivisione. “Deve essere premesso – si legge nel parere – che il provvedimento di revisione della patente di guida disposta ex art.128 del codice della strada (D.L.vo 285/92) non ha, al contrario di quanto sembra assumere il ricorrente, alcuna finalità sanzionatoria, ma soltanto una finalità cautelare, in relazione alla necessità che il destinatario, soprattutto (ma non solo) se coinvolto in un incidente di una certa gravità, dia la dimostrazione di possedere ancora i requisiti prescritti per la guida del veicolo. E’ soltanto l’accertamento dell’avvenuta perdita di tali requisiti a produrre la conseguenza della revoca della patente di guida ovvero soltanto la sospensione, qualora siano venuti meno i soli requisiti psicofisici e sia ipotizzabile il recupero degli stessi. Discende da quanto sopra che il primo motivo di ricorso è infondato poiché il verbale della Polizia locale pone in evidenza la gravità dell’infrazione alle norme del codice della strada commessa dal ricorrente, al punto da far dubitare della sua idoneità tecnica alla guida che è alla base dell’impugnato provvedimento di revisione della patente di guida. Esito che non viene neutralizzato né dall’opinata marginalità dell’infrazione commessa, né dalla necessità di attendere l’esito del procedimento penale che ne è scaturito”.


Poiché il rapporto della Polizia Locale viene richiamato nel provvedimento impugnato, osservano poi i giudici, “si è in presenza di una motivazione per relationem del provvedimento impugnato, della cui legittimità non si deve dubitare secondo il fermo orientamento del giudice amministrativo al riguardo, e dalla quale emerge con chiarezza una valutazione della responsabilità nel sinistro, ricondotta al comportamento negligente dello stesso ricorrente”.


Il Consiglio di Stato, infine, specifica che, rispetto al provvedimento della revisione della patente, “poiché preordinato ad assicurare il prevalente fine della tutela della sicurezza della circolazione stradale”, nessun rilievo possono avere le esigenze personali del conducente al quale venga imposta tale revisione. “Ne consegue – si conclude nel parere – che anche il secondo motivo è infondato”.

E’ stato quindi espresso l’avviso che il ricorso debba essere respinto, con il conseguente assorbimento della domanda cautelare.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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