La Cassazione lo aveva già ribadito a più riprese, ma stavolta il messaggio è ancora più forte e chiaro e le compagnie di assicurazione, che su questo punto “scivoloso” della legge ci hanno marciato a volontà, dovranno farsene una ragione.
Gli accertamenti diagnostici come radiografie, tac, rmn e tutti gli esami cui seguono referti strumentali per immagini, non sono condizione necessaria e sufficiente per il riconoscimento dell’invalidità permanente a seguito di un sinistro stradale. Più precisamente, nel caso di microlesioni subite in un incidente, l’invalidità permanente «non può essere esclusa per il solo fatto che non sia documentata da un referto strumentale per immagini». E’ questo quanto la Suprema Corte ha stabilito con la recente ordinanza 22066/2018 dell’11 settembre, bocciando una “interpretazione” che vorrebbe vincolare sempre e comunque il riconoscimento dell’invalidità permanente ad una verifica di carattere strumentale, alla luce delle restrizioni introdotte dalla legge di conversione del decreto “Cresci Italia” che, com’è noto, ha modificato l’articolo 139, comma secondo, del codice delle assicurazioni private.
Per la Cassazione Civile, con l’importante pronuncia, che peraltro si pone in continuità con le due precedenti decisioni 18773/16 e 1272/18, la riforma non ha stabilito un automatismo per cui il riconoscimento dell’invalidità permanente risulta vincolato a una verifica delle lesioni strettamente strumentale: la diagnostica per immagini deve ritenersi l’unico mezzo probatorio a fini risarcitori solo per patologie suscettibili di riscontro oggettivo soltanto attraverso l’esame clinico strumentale. Nella fattispecie, che ha sollevato nuovamente un tema ancora dibattuto e che ha rappresentato un punto di forza in mano alle assicurazioni nella quantificazione dei danni permanenti, specie in tema di microlesioni, come i cosiddetti colpi di frusta, i giudici della sesta sezione civile della Suprema Corte hanno accolto il ricorso dei danneggiati dopo che si erano visti rigettare le proprie richieste risarcitorie in primo grado innanzi al Giudice di Pace di Lauro ed in secondo innanzi al Tribunale di Avellino, in funzione di giudice dell’appello.
Per gli ermellini, ha errato il Tribunale a sostenere che il mero riscontro visivo da parte del medico legale sarebbe sufficiente soltanto per risarcire il danno da invalidità temporanea. Al contrario, sulla scia dei richiamati precedenti della stessa Corte, con l’ordinanza in commento, i giudici di Piazza Cavour hanno stabilito il principio secondo cui, «deve dunque ritenersi che, ferma restando la necessità di un rigoroso accertamento medico-legale da compiersi in base a criteri oggettivi, la sussistenza dell’invalidità permanente non possa essere esclusa per il solo fatto che non sia documentata da un referto strumentale per immagini, sulla base di un automatismo che vincoli, sempre e comunque, il riconoscimento dell’invalidità permanente ad una verifica di natura strumentale».
Al giudice del merito, quindi, dovrà essere demandato l’accertamento dell’«invalidità permanente lamentata dagli odierni ricorrenti e se la stessa possa ritenersi o meno comprovata sulla base di criteri oggettivi o se, in concreto, la patologia dedotta sia suscettibile di riscontro oggettivo soltanto attraverso l’esame clinico strumentale». Insomma, con la decisione, le assicurazioni non potranno più eccepire l’assenza di esami strumentali con referti per immagini per non liquidare i danni permanenti se gli stessi sono comunque dimostrabili a seguito delle necessarie e rigorose verifiche medico legali che possono riguardare il singolo caso.
Scritto da:
Dott. Nicola De Rossi
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