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Lo scorso 7 febbraio si è celebrata la prima Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo a scuola, dal titolo “Un Nodo Blu – le scuole unite contro il bullismo“, iniziativa lanciata dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nell’ambito del Piano nazionale per la prevenzione degli abusi tra i giovanissimi.

Nell’occasione Francesca, mamma calabrese di un bambino delle scuole elementari vittima di bullismo, ha scritto una toccante lettera rivolta ai bulli che hanno reso la vita impossibile a suo figlio, ma anche ai loro genitori e alla sua scuola, che si sono girati dall’altra parte. La lettera è stata è stata pubblicata su una nota rivista nazionale, Vanity Fair.

Di seguito il servizio integrale, che fa riflettere.

Luca, nome di fantasia, ha nove anni. Ama andare a scuola, trascorrere del tempo con i suoi amici, vivere la vita dei bambini. Poi all’improvviso, tutto cambia. Luca torna a casa sempre piangendo, dice a sua madre che in quella scuola non ci vuole più andare. Giorno dopo giorno la situazione peggiore e Luca inizia a vomitare, non riesce quasi più a camminare. È una vittima di bullismo. «Io non lo chiamo bullismo. Per me è un male che arriva all’improvviso e non sai quello che devi fare». A parlare è Francesca, 40 anni, mamma di Luca. Un anno fa è corsa a scuola per soccorrere suo figlio. Era stato pestato da alcuni compagni nel cortile della scuola. Contusioni multiple, cicatrici, ricovero in ospedale e un bambino che smette di sorridere.

«Avevano iniziato con prese in giro stupide, come buttargli lo zaino nella spazzatura o appenderlo a un albero. Poi hanno cercato di gettare mio figlio nei bidoni dell’immondizia. È stato un aggravarsi di situazioni fino alle botte». Quando si è trovata davanti a un bambino che non sembrava più suo figlio, Francesca non sapeva cosa fare. «Non sapevo come poterlo aiutare». Luca aveva iniziato a soffrire di bulimia alimentare, vomitava e ogni notte, puntualmente faceva la pipì a letto.

«Porti suo figlio dieci minuti dopo il suono della campanella e lo venga a prendere dieci minuti prima, così non viene esposto nei momenti più problematici dell’entrata e dell’uscita», le aveva consigliato il preside della scuola.

«Presto è successo quello che temevo – scrive Francesca nella sua lettera – Un pestaggio di massa che gli ha procurato botte e contusioni in tutto il corpo, in particolare alla schiena, sul dorso e agli arti. Abbiamo dovuto portarlo al pronto soccorso per essere medicato e ha avuto una prognosi di un mese. Ma le ferite fisiche che gli avete causato sono niente in confronto allo shock.

A quel punto il mio bambino in quella che era la sua scuola non c’è proprio più voluto tornare e ha avuto bisogno di supporto psicologico per affrontare il trauma, che non ha ancora superato: è seguito tuttora da uno psicologo. La nostra famiglia si è trovata di fronte a un muro di gomma e di omertà. Tutti avete visto queste violenze, ma nessuno di voi ha aperto bocca. Ho parlato tante volte con voi genitori, ma la vostra risposta è stata: “Sono bambini”».

Per ottenere il trasferimento in una seconda scuola, Francesca ha dovuto presentare un certificato in cui veniva attestato che suo figlio «soffriva di sindrome ansiosa a seguito di vari episodi di bullismo subiti in classe».

«Ho presentato un esposto ai carabinieri e andrò fino in fondo per ottenere giustizia, per mio figlio e per tutte le vittime di voi bulli e, soprattutto, di tutti coloro che vi lasciano agire indisturbati. Perché voi siete dei minori e la colpa di questo stato di cose è soprattutto vostra, signori adulti: perché i primi difensori dei bulli siete voi genitori, voi dirigenti scolastici, voi insegnanti che non accettate, non ammettete, e alla fine non muovete un dito. E se tali comportamenti vengono giustificati dall’alto, perché un bambino dovrebbe vergognarsene? Mio figlio è stato costretto a cambiare scuola, abitudini e compagni. Ed è stato un bene, alla fine».

Ma il calvario, come lo definisce Francesca, è ancora lungo, perché quando a Luca capita di ritornare con la mente agli episodi subiti torna a stare male. «In questi mesi è stata dura – continua Francesca – è tuttora in cura da una dottoressa per bulimia alimentare, soffre di mal di testa e vomito. I traumi che ha subito sono ancora presenti, le cicatrici non si rimargineranno facilmente: dovrà conviverci a lungo.

È giusto tutto questo? Bulli, pensateci prima di accanirvi sul prossimo bersaglio; genitori, parlate con i vostri figli e insegnate loro il rispetto per gli altri. E voi educatori, insegnanti e presidi, non giratevi dall’altra parte, non vergognatevi di prendere provvedimenti e non lasciate questi episodi impuniti. Creerete altri bulli. E nuove vittime».

 

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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