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Fino a sei anni per definire una causa civile, tre milioni e mezzo di procedimenti arretrati contando anche il penale. E un organico numeroso non è sinonimo di efficienza. Sono alcuni degli elementi che emergono dal dal ranking degli uffici giudiziari italiani, classifica formata dopo aver analizzato i 140 Tribunali italiani. È il Sole24Ore a riportare i risultati di questa interessante ricerca condotta da Fabio Bartolomeo, direttore del servizio statistica del ministero della Giustizia e rappresentante italiano presso la Cepej, la Commissione per l’efficienza della giustizia del Consiglio d’Europa: uno studio definito “sperimentale”, che tenta di fornire una risposta alla necessità, evidenziata dal ministro Andrea Orlando, di monitorare il livello di efficienza degli uffici giudiziari italiani.

L’analisi ha riguardato il settore civile, con particolare attenzione agli affari più complessi dal punto di vista procedurale, ossia i contenziosi, in corso nei Tribunali al 31 dicembre 2016. In particolare, sono stati conteggiati quelli pendenti ultra triennali, stante l’indennità risarcitoria che questi potrebbero determinare a causa dell’irragionevole durata ai sensi della Legge Pinto; ancora, si è tenuto conto della durata media delle cause in giorni e del rapporto tra le cause definite e iscritte, ossia le potenzialità di smaltimento dell’arretrato.


Infine, la classifica ha valorizzato anche la copertura degli organici, ossia i posti vacanti dei magistrati togati e del personale amministrativo sul totale degli organici. Quest’ultimo dato, precisa la ricerca, non può essere ignorato, trattandosi di una “
variabile indipendente dalla responsabilità dei dirigenti degli uffici“.

In sostanza, va sfatato il mito che vede gli uffici con maggiore organico essere anche i più produttivi e viceversa. Il Tribunale di Bolzano, infatti, si piazza al primo posto nella classifica per le sue capacità di smaltire l’arretrato nonostante il 33% di scoperture tra i magistrati e il 53% fra gli addetti alle cancellerie. Quello di Enna, invece, fanalino di coda della classifica, ottiene risultati negativi proprio in considerazione delle performance svolte con la piena copertura dell’organico.

Ai vertici della graduatoria si trovano anche Tribunali di maggiori dimensioni, come Torino, Milano e Napoli Nord, rispettivamente al 9°, 11° e 13° posto, i quali dimostrano che anche negli uffici più grandi si possono raggiungere buoni risultati riorganizzando il lavoro e le strutture, nonostante le carenze di organico. Ciononostante, lo studio ha messo in luce delle forti disomogeneità di performance tra gli uffici giudiziari nelle diverse zone del paese: basti pensare ai giorni necessari per definire una causa, 342 ad Aosta contro i 2.094 di Lamezia Terme.

La “territorialità” dell’efficienza si riverbera sulla classifica che, nella parte alta, conta soprattutto Tribunali del Nord Italia. Solo al 5° posto si piazza Sulmona, il primo del centro dopo Bolzano, Rovereto, Novara e Lodi. Lo seguono Biella, Lecco, Como, Torino e Chieti a completare la top ten.

Nelle prime 30 posizioni quasi il 16% degli uffici è localizzato nel Nord Italia (3,6% del Centro e 2% del Sud) mentre Tribunali del Centro-Sud occupano la parte bassa della classifica: nelle ultime 30 posizioni gli uffici del settentrione sono lo 0,7%, quelli del Centro il 3% e del Sud il 18%. Un dato che riconferma che non necessariamente la copertura di organico determina l’efficienza, in quanto le scoperture di personale amministrativo sono maggiori al Nord, con una media del 25% (quella nazionale è del 21%). Si mantiene, invece, più omogenea geograficamente la carenza di magistrati, con una media nazionale del 13% nel 2016.

Per quanto riguarda il solo smaltimento dell’arretrato, sono i Tribunali del Meridione i più virtuosi, come dimostrano i dati del ministero aggiornati al 31 dicembre 2016: secondo i riscontri è Avezzano (provincia dell’Aquila) la sede che ha maggiormente eroso lo stock di cause pendenti, con un -23,9%, seguita da Foggia, con -20,5%, e Matera, con -18,6%. Numeri che superano di molto la media nazionale degli altri uffici che si assestano sul -4,2 per cento. I dati, che si riferiscono alle cause civili contenziose, quindi più complesse, vanno tuttavia letti considerando l’arretrato di partenza degli uffici, che in alcuni di essi era già contenuto. Ad esempio il Tribunale di Napoli Nord, che è stato istituito a settembre 2013, ha un arretrato ancora in formazione.

Tale risultato positivo risponde all’esigenza espressa dal ministro della Giustizia di soffocare l’arretrato patologico, ossia le cause in corso da oltre tre anni le quali, superando la cosiddetta durata ragionevole, come detto potrebbero essere fonte di contenzioso aggiuntivo per i risarcimenti ai sensi della legge 89/2001.

Il programma “Strasburgo 2” è nato proprio a tal fine: varato nel 2014, stabilisce l’applicazione del metodo “first in first out“, ossia smaltire prima i fascicoli più datati e che rischiano di originare richieste risarcitorie. In ambito civile i risultati sono stati evidenti: l’arretrato “patologico” è calato nei Tribunali del 23,4% dal 2014 al 2016 e del 22,5% nelle Corti d’Appello. Sono, invece, aumentati del 9,6% in due anni i provvedimenti in corso da oltre un anno in Cassazione.

Sempre guardando all’efficienza, il settore civile rispetto a quello penale si dimostra superiore, come dimostrano i dati relativi allo scorso anni che il ministero della Giustizia ha raccolto nei Tribunali e nelle Corti d’Appello. Il civile, infatti, ha saputo meglio smaltire l’arretrato con un -20% in circa tre anni e una diminuzione dei procedimenti del 19,3%, passando da 2,1 milioni a fine 2013 a 1,7 milioni lo scorso anno. Le Corti d’Appello, invece, fanno registrare un meno 21,5% delle cause in corso, da 398mila a 313mila circa. Al contrario, invece, la giustizia penale si mantiene stabile: nei Tribunali i procedimenti in corso erano 1,31 milioni a fine 2013, contro i 1,24 milioni al 30 settembre del 2016, mentre nelle Corti d’appello si è passati da 266mila a 268mila cause.

D’altra parte, lo stesso ministro Orlando aveva evidenziato, nel discorso pronunciato in Cassazione lo scorso 26 gennaio per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, che nel settore penale l’arretrato diminuisce in tempi meno brevi rispetto al settore civile. Un risultato ottimale in tal senso, infatti, potrebbe aversi soltanto se i magistrati chiudessero un numero di procedimenti all’anno superiore rispetto ai nuovi fascicoli sopraggiunti. Si parla di clearance rate, ossia del rapporto liti definite/sopravvenute che solo in ambito civile è stato superiore a uno. Servono dunque, per il settore penale, “ulteriori misure sulla durata dei procedimenti“, ha spiegato il ministro, alcune delle quali sono già contenute nel disegno di legge di riforma penale, approvato dal Senato nei giorni scorsi.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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