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Finalmente è arrivato il semaforo verde dall’aula di palazzo Madama al disegno di legge che tutela gli orfani di femminicidio. Dopo i vari stop e i solleciti, alla fine, negli ultimi scampoli della legislatura, il Senato ha approvato con 165 sì, 5 no e un solo astenuto il testo, nella versione licenziata dalla Camera a marzo, che diventa quindi legge dello Stato. Via libera dunque a maggiori tutele per tutti gli orfani di femminicidio (minorenni e maggiorenni non economicamente autosufficienti), a partire dal gratuito patrocinio sino alla pensione di reversibilità, nonché al giro di vite sull’uxoricidio e alla modifica dell’istituto dell’indegnità a succedere.

Ex art. 1 della nuova legge, tutti gli orfani di crimini domestici potranno accedere, a prescindere dai limiti di reddito, al gratuito patrocinio. I figli minori o maggiorenni economicamente non autosufficienti rimasti orfani di un genitore a seguito di omicidio commesso dal coniuge, anche legalmente separato o divorziato, dall’altra parte dell’unione civile, anche se cessata, o dalla persona che è o è stata legata da relazione affettiva e stabile convivenza, possono essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato, anche in deroga ai limiti di reddito previsti. La disposizione vale sia per i procedimenti penali che per quelli civili derivanti dal reato, ivi compresi quelli di esecuzione forzata.

La nuova legge inserisce anche l’omicidio del coniuge, anche legalmente separato, del partner dell’unione civile e del convivente tra le fattispecie previste dall’art. 577 del codice penale. La pena prevista è dunque l’ergastolo. La reclusione scende invece dai 24 ai 30 anni, se la vittima era divorziata o l’unione civile era cessata.

Altra importante tutela prevista dalla legge, è quella disposta dall’art. 3, il quale prevede che il Pm che procede per omicidio contro il coniuge, il partner civile o il convivente, ha l’obbligo di richiedere “il sequestro conservativo dei beni a garanzia del risarcimento dei danni civili subiti dai figli delle vittime“. Non solo. Agli orfani che si costituiscono parte civile, in virtù del novellato art. 539 c.p.p., il giudice deve provvedere “anche d’ufficio, all’assegnazione di una provvisionale in loro favore, in misura non inferiore al 50% del presumibile danno, da liquidare in separato giudizio civile“. Nel caso in cui i beni dell’imputato siano sottoposti già a sequestro conservativo, lo stesso si converte in pignoramento con la sentenza di condanna in primo grado, nei limiti della provvisionale accordata.

Secondo il nuovo art. 463-bis, inoltre, il coniuge, anche legalmente separato e il partner dell’unione civile indagati per omicidio volontario o tentato nei confronti dell’altro coniuge o partner, sono sospesi dalla successione, fino al decreto di archiviazione o alla sentenza definitiva di proscioglimento. In caso di condanna o di patteggiamento, il responsabile è escluso definitivamente dalla successione. Le disposizioni si applicano anche agli indagati per omicidio (volontario o tentato) nei confronti dei genitori, dei fratelli o delle sorelle. Ne deriva che, in base al nuovo art. 537-bis c.p.p., quando pronuncia la sentenza di condanna il giudice è tenuto a dichiarare l’indegnità dell’imputato a succedere.

Nei confronti dell’indagato per il quale è chiesto il rinvio a giudizio per omicidio volontario del coniuge (o partner civile) viene prevista anche la sospensione del diritto alla pensione di reversibilità fino alla sentenza definitiva. Durante il periodo di sospensione e senza obbligo di restituzione, la stessa sarà percepita dai figli della vittima. In caso di condanna, il giudice dovrà disporre il pagamento di una somma di denaro pari a quanto percepito dal condannato, a titolo di indennità una tantum o di pensione di reversibilità o indiretta, sino alla data della sospensione. In caso, invece, di proscioglimento o archiviazione, la sospensione viene meno e lo Stato dovrà corrispondere gli arretrati.

I minori rimasti privi di un ambiente familiare idoneo a causa della morte del genitore, cagionata volontariamente dall’altro coniuge o partner dell’unione civile o convivente, previo svolgimento dei necessari accertamenti, possono essere affidati, privilegiando innanzitutto “la continuità delle relazioni affettive consolidatesi tra il minore stesso e i parenti fino al terzo grado“. Nel caso in cui vi siano fratelli o sorelle, il tribunale provvede assicurando, per quanto possibile, la continuità affettiva tra gli stessi.

I figli della vittima di crimini domestici potranno chiedere la modifica del proprio cognome, laddove coincidente con quello del genitore condannato in via definitiva. La domanda, per indegnità del genitore, va presentata personalmente dal figlio maggiorenne o, previa autorizzazione del giudice tutelare, dal figlio minore.

Gli autori di delitti di violenza domestica, sia consumati che tentati (lesioni, violenza sessuale, incesto, etc) decadono dall’assegnazione dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica. Ciò indipendentemente dalla coabitazione o meno con la vittima. In tal caso le altre persone conviventi non perdono il diritto di abitazione e subentrano nella titolarità del contratto.

Già a partire dal 2017, il fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, usura, estorsione e reati intenzionali violenti viene esteso anche agli orfani per crimini domestici, con la dotazione aggiuntiva di 2 milioni di euro annui, destinati all’erogazione di borse di studio o al finanziamento di iniziative di orientamento, formazione e sostegno per l’inserimento lavorativo.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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