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Una forma di discriminazione sessuale indiretta nei confronti delle donne: così la Cassazione ha duramente definito il requisito minimo di altezza, fissato in un metro e sessanta da Trenitalia, per poter partecipare alla procedura di assunzione per la figura di capotreno, rigettando definitivamente il ricorso proposto dalla società nei confronti delle sentenze di merito che già le avevano dato torto.

E’ una ordinanza di assoluto spessore quella, la n. 18668/23 depositata il 3 luglio 2023 dalla Sezione Lavoro della Suprema Corte, che è tornata a pronunciarsi sulla discriminazione indiretta di genere prevista da una norma secondaria (nel caso di specie, da un regolamento di Trenitalia) per l’accesso al mondo del lavoro.

Ricorso di una lavoratrice esclusa dal concorso per capotreno di Trenitalia perché troppo bassa

La vicenda trae origine da un ricorso presentato da una lavoratrice, rimasta esclusa dalla procedura di gara finalizzata all’assunzione di capotreno, perché di altezza inferiore a un metro e sessanta centimetri, requisito minimo imposto dal bando di Trenitalia. La ricorrente riteneva che tale requisito oggettivo, identico per uomini e donne, costituisse discriminazione indiretta di genere e che pertanto la sua esclusione dalla procedura di selezione fosse illegittima.

I giudici sia di primo sia secondo grado avevano accolto la domanda. Più in particolare, la Corte d’Appello di Bari, sulla scorta di una consulenza tecnica d’ufficio espletata in primo grado, aveva condiviso l’assunto del primo giudice secondo cui il requisito minimo di statura non fosse “funzionale rispetto alle mansioni cui sarebbe addetta la ricorrente qualora fosse assunta“.

 

Società condannata ad assumerla

Era stato dunque accertato il diritto della lavoratrice all’assunzione a tempo indeterminato presso la società, a cui era stato quindi ordinato di assumerla, e Trenitalia era stata anche condannata al pagamento delle retribuzioni previste dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro di categoria dal 22 ottobre 2015 alla data della pronuncia, oltre accessori e spese.

Trenitalia tuttavia non se n’è fatta una ragione e ha proposto ricorso anche per Cassazione, continuando a sostenere con forza lo standard minino dell’altezza richiesto nel bando di assunzione, salvo però non riuscire di fatto a indicare davanti alla Suprema Corte nessuna mansione prevista dal contratto per la quale fosse assolutamente necessario essere alti almeno un metro e 60.

La statura minima richiesta uguale per uomini e donne contrasta con il principio di uguaglianza

Ma anche gli Ermellini hanno rigettato tutte le doglianze della società ribadendo che il requisito dell’altezza va assolutamente disapplicato. Di più, nel motivare la loro decisione i giudici del Palazzaccio hanno spiegato di aver applicato il principio di diritto secondo il quale, in tema di requisiti per l’assunzione, “la statura minima identica per uomini e donne è in contrasto con il principio di uguaglianza perché presuppone erroneamente la non sussistenza della diversità di statura mediamente riscontrabile tra uomini e donne e comporta una discriminazione indiretta a sfavore di queste ultime». Nell’elencare i suoi requisiti, la società dovrà dunque tenere conto delle diversità fisiche di genere.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Contenziosi con Aziende

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