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L’inclusione a scuola dei ragazzi diversamente abili è una conquista di civiltà ormai assodata, ma la sua piena concretizzazione cozza spesso contro le carenze di fondi e di insegnanti di sostegno dell’istituzione scolastica italiana.

Quante volte i genitori di questi alunni all’inizio dell’anno protestano perché i docenti vengono destinati con grave ritardo o, in generale, perché le ore assegnate sono troppo poche? Ebbene, in questi casi le famiglie possono chiedere di essere risarcite per il danno patito?

Sì secondo il Tar della Campania che, con la sentenza n. 5668/2019, pubblicata il 2 dicembre 2019, che diventerà di certo un punto di riferimento per tanti casi simili, ha accolto il ricorso di una coppia che non solo chiedeva di incrementare le ore di sostegno riconosciute alla loro figliola, ma ha anche riconosciuto loro un risarcimento, stabilendo quali siano i danni risarcibili e le modalità per la  loro liquidazione.

 

Risarcimento per lo scarso “sostegno” in favore dei genitori dell’alunno disabile

La IV sezione del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, più precisamente, ha annullato i provvedimenti con cui il dirigente scolastico aveva assegnato solo 12 ore di sostegno, anziché 40, ad un’alunna disabile, come pure il P.E.I., Piano Educativo Individuale (relativo all’anno scolastico 2018/19) nella parte ove non assegnava alla minore il numero massimo di ore di sostegno scolastico, nonché i provvedimenti con cui il Miur, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, aveva determinato l’organico dei posti di sostegno per l’anno scolastico 2018/19, assegnando all’istituto scolastico frequentato dalla minore un numero di insegnanti di sostegno inferiore a quelli necessari in relazione ai minori con disabilità gravi presenti nell’istituto.

I genitori ricorrenti, oltre all’annullamento dei provvedimenti, avevano chiesto anche la condanna del Miur al risarcimento del danno non patrimoniale ai sensi dell’art. 2059 c.c., da riconoscersi sotto forma di danno esistenziale oltre che danno all’immagine e alla dignità della persona del minore che dei genitori. Tale danno, secondo il papà e la mamma della bambina, sarebbe stato da individuare negli effetti che la ridotta assegnazione delle ore di sostegno subita aveva provocato sulla personalità della piccola, privata del supporto necessario a garantire la piena promozione dei bisogni di cura, di istruzione e di partecipazione a fasi di vita “normale”.

 

Il danno da mancato insegnante di sostegno

Il Tar ha accolto la richiesta stabilendo che, nell’ipotesi ove a un allievo in condizione di disabilità (ex L. 104/92), sia stato assegnato un numero di ore di sostegno inferiore rispetto a quello di cui effettivamente necessita, il danno da mancato insegnante di sostegno deve liquidarsi come danno non patrimoniale, in astratto distinguibile in due tipologie: dinamico-relazionale (cioè la mancanza dell’insegnante protratta per un tempo idoneo a pregiudicare la finalità di inclusione e aiuto a cui la figura dell’insegnante di sostegno è deputata) e da sofferenza (identificabile con il dolore e i patemi d’animo, esito della sofferenza che il disabile prova nel ritrovarsi nell’aula privo di insegnante di sostegno).

Per individuare a quale livello della “scala di sofferenza” si colloca la fattispecie in esame, il Tar, in ordine ai contenuti del danno dinamico-relazionale, ha utilizzato i seguenti parametri di valutazione: il fattore “tempo della privazione”, da calcolarsi in termini di mesi o dell’intero anno scolastico; l’eventuale reiterazione della mancata assegnazione, laddove sia allegata dai ricorrenti la “recidiva” quale mancata o ritardata assegnazione anche negli anni scolastici precedenti; la tipologia di disabilità (grave, art. 3 comma 3, o meno grave, art. 3 comma 1 della l. 104/92); il grado di scuola frequentato (dell’infanzia, primaria, secondaria di primo o secondo grado) e la classe di appartenenza, nonché il tempo trascorso a scuola (se siano ad esempio praticate terapie extra scolastiche o meno); infine, il contesto familiare di riferimento (se vi sia supporto della famiglia; se vi siano altri figli disabili; se i genitori lavorino tutti e due o meno).

 

La valutazione del danno non patrimoniale

In definitiva, il danno non patrimoniale subito dalla minore è stato equitativamente valutato a livello 4 della scala elaborata dai giudici per ciò che concerne il danno dinamico relazionale, e con un incremento del 10 % per il danno morale soggettivo, per un totale di euro 1.320 (1200 dato dalla moltiplicazione del punto di scala pari a 300 euro più il 10 %). Non si parla di cifre notevoli, ma il segnale inviato dai giudici è forte.

La somma liquidata è stata posta a carico del Miur, in quanto organo gerarchicamente sovraordinato agli uffici scolastici periferici e unico soggetto al quale può essere contabilmente imputata, in mancanza di autonomia dei singoli Uffici scolastici regionali sulle somme destinate, da bilancio, alle coperture delle spese per il sostegno scolastico.

Tale somma, è stata definita dallo stesso collegio, “il ristoro di un danno che, data l’età della bambina, è suscettibile di essere evitato negli anni futuri, mediante la tempestiva assegnazione dell’insegnante di sostegno”.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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