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Trasferire le componenti fiscali e parafiscali presenti nell’assicurazione della R.c. auto, a parità di gettito, dal premio di polizza al consumo di carburante.

A lanciare la proposta, che farà molto discutere, l’Ivass, che ha pubblicato in uno dei suoi Quaderni, il n. 14, dell’ottobre 2019, uno studio realizzato ad hoc secondo il quale questo passaggio apporterebbe numerosi vantaggi, in primis una riduzione del premio medio dell’assicurazione -18% a fronte di un aumento del prezzo della benzina del 4,5%.

 

Premi elevati e troppo diversificati per territorio

Il lavoro parte dalla constatazione che il premio per la copertura assicurativa per i danni verso terzi da responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore in Italia ha sofferto, per lungo tempo, di due fondamentali problemi: un livello medio elevato, in particolare nel confronto internazionale, e una elevata variabilità territoriale, a scapito soprattutto delle province meridionali.

Questi due fenomeni, riflesso di aspetti differenziali negativi, come la scarsa sicurezza delle strade, la qualità del parco auto, i costi delle riparazioni e del contenzioso, la presenza di frodi, negli ultimi anni sono stati oggetto di sistematici interventi normativi e regolativi che hanno portato a dei risultati di inversione di tendenza, sia al livello dei premi sia alla variabilità interprovinciale.

Nel quinquennio 2013-2017 il premio medio, pur restando alto, al netto delle componenti fiscali e parafiscali, è sceso del -25% passando da un picco di 447 a 336 euro, facendo respirare un po’ di più i circa 40 milioni di assicurati intestatari di un polizza r.c. auto.

Inoltre, si è più che dimezzato il differenziale Napoli-Aosta, preso come indicatore della variabilità territoriale, da oltre 430 euro del 2012 a circa 177 euro di fine periodo.

 

Scatola nera e aspetto fiscale

Alla discesa di prezzi, si rileva nell’indagine, ha contribuito la diffusione della scatola nera, che dal lato dell’offerta ha rappresentato un’occasione di controllo ex post dei sinistri e di misurazione ex ante degli stili di guida (con effetto correlato sull’ammodernamento dei sistemi informatici delle compagnie), mentre dal lato della domanda è risultata un’occasione di significativa riduzione dei prezzi.

Non a caso, nel periodo 2013-2017 le polizze con black box sono passate dal 10% al 21%, con punte nelle aree meridionali del 60%, portando così il mercato italiano in testa alle classifiche mondiali di diffusione della motor connected insurance .

Secondo lo studio, tuttavia, al di là di questi fenomeni strutturali di medio-lungo periodo, vi è un aspetto che non è mai stato preso in esame nel dibattito sull’r.c. auto in Italia e che attiene alle componenti fiscali implicite nel premio.

L’elaborato, in particolare, si sofferma su due componenti: una propriamente fiscale, l’imposta sulle assicurazioni, e l’altra parafiscale, il contributo al Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada (FGVS).

In entrambi i casi, sia l’imposta che il contributo sono calcolati in proporzione al premio lordo complessivo, mediante due aliquote di cui una, variabile da provincia a provincia, tra il minimo del 9% e il livello (massimo) più diffuso del 16%; l’altra, pari al 2.5%, uniforme su tutto il territorio nazionale.

 

Penalizzato dal carico fiscale chi già paga di più

E’ evidente che un’aliquota percentuale da applicare al premio lordo complessivo fa gravare, in termini assoluti, il prelievo fiscale (e analogamente il contributo al FGVS) in maggior misura sulle aree a più elevato premio.

Pagherà più imposte chi, per ragioni personali o ambientali, deve corrispondere un premio più alto, e poiché un premio alto si correla a elevata frequenza sinistri (causati e/o subiti), a elevati costi medi dei sinistri, a diffusa presenza di frodi nella provincia etc., ne segue che tali criteri finiscono per informare anche la distribuzione del carico fiscale.

In tal modo, la più elevata imposizione non risulta commisurata né al reddito (secondo la previsione costituzionale della progressività dell’imposta rispetto al reddito, cui è informato il nostro sistema tributario), né al consumo (poiché il servizio assicurativo ricevuto dal residente in una zona con prezzi elevati non è diverso da quello ricevuto da un residente in altra zona del Paese).

Cosa si propone, allora? Essendo il carburante la principale componente di consumo del settore automobilistico, secondo gli estensori dell’elaborato “appare naturale, oltre che ottimale dal punto di vista degli incentivi”, trasformare l’imposizione oggi parametrata al premio assicurativo in un’imposizione collegata al consumo di carburante.

 

Il carico fiscale sarebbe meglio distribuito

Valutando separatamente queste due componenti, l’eliminazione dell’imposta sul premio comporterebbe una riduzione del premio stesso in proporzione all’aliquota. Essendo l’aliquota provinciale quasi sempre al livello massimo del 16%, si avrebbe una riduzione del premio medio di pari entità (-15.7%), non lontana da quella registrata dall’andamento dei prezzi nel quadriennio 2014-2018.

Per conservare l’invarianza di gettito (quasi 2,2 miliardi di euro nel 2016), l’ipotesi di un’unica accisa sul prezzo della benzina e del gasolio da trazione porta a stimare questa addizionale a 0.0477 euro per litro (al netto IVA). Il contributo al Fondo, poi, ha un valore complessivo di circa di 335 milioni (al 2016) cui corrisponde un’accisa, sempre al netto IVA, di 0.007 euro per litro.

L’accisa totale ammonterebbe dunque a 0.055 euro per litro, pari a +4.53% sul prezzo dei carburanti.

Gli effetti immediati, sempre secondo gli autori dello studio, sarebbero almeno tre, in primis la redistribuzione territoriale del carico fiscale.  A livello di macroregioni, il Nord Est passerebbe da 472 a 533 milioni di euro (+13,1%), il Nord Ovest da 665 milioni a 692 milioni (+4%), il Centro rimarrebbe sostanzialmente invariato (a 598 milioni di euro), il Sud (isole incluse) passerebbe da 780 milioni di euro a un nuovo prelievo di 691 milioni (-11.4%).

Le province “metropolitane” passerebbero da 961 milioni a 932 milioni di euro (-3%) rispetto a quelle non metropolitane che passano da 1.553 milioni a 1.582 (+1.9%). Le province a maggior tasso di sinistrosità passerebbero da 1.009 milioni a 931 milioni di euro (-7.7%).

 

Si recupererebbe l’evasione assicurativa e il gettito degli automobilisti esteri

Il secondo effetto sarebbe  quello del recupero (parziale) dell’evasione assicurativa.

Partendo da una stima di 2,9 milioni di veicoli circolanti non assicurati (pari a circa il 7% dei veicoli in regola con l’assicurazione), e considerato un consumo medio di carburante di circa 847 litri all’anno, si arriverebbe a una stima di 165 milioni di euro di carico fiscale annuo (IVA inclusa) che passano dagli assicurati (prelievo sul premio r.c. auto) ai non assicurati (prelievo sul consumo di carburante).

Il terzo effetto sarebbe quello del recupero (sempre parziale) di gettito da parte degli automobilisti esteri o “esterovestiti” che circolano, talvolta anche abitualmente, in Italia.

E’ noto che l’elevato costo della r.c. auto in talune zone d’Italia, rispetto a paesi dell’Unione Europea che offrono coperture a prezzi ben più contenuti (per es. Romania e Bulgaria), unito ad altre convenienze di ordine fiscale e/o amministrativo (ad es. difficoltà di notifica delle sanzioni amministrative irrogate per violazioni del codice della strada), ha favorito l’adozione di comportamenti elusivi della normativa che richiede la re-immatricolazione in Italia dei veicoli esteri che stazionano abitualmente (per oltre un anno) sul territorio italiano.

A partire dai dati sui sinistri di veicoli esteri in Italia, è possibile ottenere una stima conservativa del numero dei veicoli/anno presenti sul territorio italiano, dell’ordine di 1 milione di unità. Partendo, quindi, da una stima di 1 milione di veicoli “stranieri” circolanti in Italia (pari a circa il 2,5% dei veicoli nazionali in regola con l’assicurazione) e considerato un consumo medio di carburante di circa 847 litri all’anno, si arriva a una stima di circa 57 milioni di euro di carico fiscale annuo che passano dagli assicurati (prelievo sul premio r.c. auto) ai veicoli stranieri (prelievo sul consumo di carburante).

Tale provvedimento, oltre a riportare nel perimetro impositivo anche i veicoli esteri, renderebbe l’elusione normativa meno conveniente, ponendo un primo argine al fenomeno dei veicoli “esterovestiti”.

 

Manutenzione delle strade e diritto di recesso

Nello studio si sostiene anche che l’implementazione della riconfigurazione dell’imposta sarebbe relativamente semplice e consentirebbe anche forme di incentivo/disincentivo sul consumo di benzina o gasolio e sulla ripartizione del gettito a livello territoriale.

Le entrate (sostitutive) provenienti dalla nuova accisa sui carburanti potrebbero essere destinate a livello locale con il prevalente obiettivo di manutenere e ammodernare la rete stradale.

In questo caso, la manutenzione delle strade graverebbe in maggior misura sugli automobilisti che percorrono più chilometri, compresi quelli non assicurati o residenti e assicurati all’estero, oggi non assoggettati all’imposta sui premi r.c. auto.

L’abolizione dell’imposta sul premio, infine, avrebbe anche l’effetto positivo di rendere concretamente esercitabile il diritto di recesso nei contratti r.c. auto stipulati “a distanza”.

Infatti, nonostante l’esistenza della norma che concede ai contraenti di un contratto stipulato a distanza il diritto di recesso entro un termine prefissato (tipicamente 14 giorni), l’esistenza del principio della c.d. soluti retentio nella norma istitutiva dell’imposta r.c. auto rende di fatto tale recesso non conveniente dal punto di vista economico dato che l’imposta pagata non potrebbe essere rimborsata.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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