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Il 20 maggio 2021 l’Ivass, l’Istituto di vigilanza sulle Assicurazioni, nell’ambito delle proprie attività per promuovere l’educazione assicurativa, ha presentato i risultati di un’interessante indagine sulla “alfabetizzazione assicurativa” degli italiani affidata all’Università di Milano Bicocca – Doxa, e i risultati si sono rivelati tutt’altro che confortanti, a cominciare dagli indici sulla conoscenza di base e sulla conoscenza dei prodotti assicurativi, che mostrano punteggi poco confortanti.

 

Insufficiente la conoscenza di base e dei prodotti assicurativi

In una scala da 0 a 100, la conoscenza di base si attesta su 40,6 e la conoscenza dei prodotti assicurativi su 20,1. Gli italiani, pertanto, sembrano essere ben lungi dalla sufficienza per quanto riguarda la conoscenza assicurativa.

La situazione appare più critica per le donne, rispetto agli uomini, le quali raggiungono un punteggio medio di 32,5 (rispetto al 49,3 degli uomini) sulla conoscenza base, e un punteggio di 18,5 (rispetto a 22,4 degli uomini) per quanto riguarda la conoscenza dei prodotti assicurativi.

All’interno delle varie fasce d’età, si assiste ad un incremento della conoscenza oltre i 35 anni e ad un successivo decremento a partire dai 65 anni in poi. Significative sono anche le differenze tra le diverse aree geografiche, con una conoscenza di base e dei prodotti assicurativi più bassa al Sud e nelle Isole, rispetto al resto d’Italia. La conoscenza sembra anche essere influenzata dal titolo di studio.

A una maggiore scolarizzazione sono infatti associati punteggi più alti sia sulla conoscenza di base, sia sulla conoscenza dei prodotti. Infine, analizzando i punteggi di conoscenza in base al profilo assicurativo degli intervistati, appare chiaro che queste variabili siano connesse. Il punteggio in entrambe le conoscenze aumenta da chi non possiede polizze a chi possiede anche polizze obbligatorie.

 

Massimale, franchigia e premio, questi sconosciuti

La conoscenza di base assicurativa si basa sulla conoscenza della definizione corretta e di quelle scorrette di tre concetti fondamentali della cultura assicurativa: massimale, franchigia e premio. Si è riscontrato una divaricazione fra il ritenere di conoscere questi concetti e la reale conoscenza degli stessi. Approssimativamente metà del campione che dice di conoscerli risponde correttamente a tutte le domande per ogni singolo concetto. Quindi si ha una “overconfidence” per ogni singolo concetto in cui cade circa metà del campione.

La percentuale di chi risponde correttamente alle domande congiuntamente su tutti e tre i concetti è solo il 13,90%. Che corrisponde ad una differenza del 46,1% rispetto alla percentuale, pari a circa il 60%, di chi afferma di conoscerli bene tutti e tre. In genere, la minore conoscenza di base corrisponde alle categorie socio-demografiche delle donne, dei giovani (ad eccezione del concetto di “massimale”), dei soggetti a bassa scolarità e abitanti nell’area del Sud e delle Isole.

Poco chiare anche le polizze

Anche la conoscenza delle polizze presenta una divaricazione fra l’affermazione di conoscerle e la reale conoscenza. Si tratta, come prima, di una “overconfidence” che si manifesta soprattutto nella differenza fra la percentuale di chi afferma di conoscerle e chi risponde correttamente a tutte le domande, sia sulla definizione corretta della polizza sia individuando quelle scorrette.

Le polizze esaminate, nello specifico, sono state quelle sugli infortuni, temporanea caso morte, vita e previdenza complementare. L’ “overconfidence” varia a seconda delle polizze e va da più di dieci volte nella temporanea caso morte, a quattro volte in quella infortuni, a tre volte di quelle di previdenza complementare e a due volte in media di quelle vita. Solo una persona riesce a rispondere correttamente a tutte le domande. Invece chi afferma di conoscerle è in media il 38%.

Le categorie socio-demografiche che sembrano correlarsi con questa scarsa conoscenza delle polizze sono gli anziani, le donne, la bassa scolarità e le aree geografiche del Sud e delle Isole. L’ “overconfidence” nella conoscenza di base ed in quella delle polizze è da valutare anche nei confronti del “bias dell’autonomia”.

 

Tanti sono convinti si sapere e non si affidano a esperti

Il 68,7% delle persone, soprattutto di sesso maschile (72,3%), si ritiene molto competente in materia assicurativa e non si affida né ai consigli dell’assicuratore né a fonti informative esterne. Questo dato è preoccupante in ragione della “overconfidence” che stimola un’autonomia di scelta a basso tasso di alfabetizzazione e quindi tendenzialmente poco efficace ed efficiente per l’assicurato.

Sembra quindi necessaria, secondo i curatori del studio, un’azione mirata che agisca in senso di “debiasing” rispetto alla “overconfidence” proprio per ridurre il “bias della autonomia” e migliorare in tal modo l’efficacia assicurativa. Ovviamente questa azione si presenta come particolarmente “sfidante” in considerazione della particolare natura del target, convinto di non averne bisogno. In ogni caso essa potrebbe essere più efficace se coordinata con le società di assicurazione e con i mass media. Sul medio periodo la scuola potrebbe svolgere un ruolo importante anche se il suo contributo non viene riconosciuto nemmeno dai soggetti con figli.

Ciò probabilmente per la tradizionale esclusione dai programmi scolastici di tematiche di tipo economico, eccezion fatta per gli istituti professionali e per alcune facoltà universitarie.

 

“Bocciata” anche la comunicazione assicurativa, polizze poco comprensibili

L’indagine affronta molti altri argomenti tra cui la fiducia e la alfabetizzazione relativa al concetto di “rischio”, ma qui preme soffermarsi su un altra questione calda, quella della comunicazione assicurativa. L’indice che misura l’efficacia della comunicazione assicurativa, valutata come comprensibilità del set informativo dei prodotti assicurativi e chiarezza nell’illustrazione delle clausole contrattuali prima della sottoscrizione delle polizze, è di 56,3 (su una scala da 0 a 100): anche questa, quindi, valutata come insufficiente.

La scarsa comprensibilità, opacità e complessità delle polizze è un fattore maggiormente riconosciuto come importante per gli intervistati con alta scolarizzazione. In generale, sembrerebbe possibile affermare che la scarsa comprensibilità sia rilevata maggiormente da chi è più consapevole, perché dispone di strumenti interpretativi/culturali maggiori (laureati e studenti), o perché più abituato ad assicurarsi provenendo dal settore privato – occupato o indipendente – che ha in media più coperture assicurative rispetto all’occupato dipendente.

Il set informativo dei prodotti assicurativi è considerato abbastanza comprensibile solo dal 34% degli intervistati, e, aggregando le valutazioni negative (per niente, poco e così così), si rileva che più del 50% manifesta insoddisfazione rispetto alla comprensibilità. In particolare: coloro che sono in possesso di una laurea triennale (67,1%) o magistrale (69,7%) segnalano maggior insoddisfazione rispetto alla comprensibilità, rivelando così una maggior consapevolezza della difficoltà interpretativa, frutto di una maggiore capacità di approfondimento delle informazioni stesse. Al polo opposto si collocano infatti coloro che non hanno nessun titolo di studio (57,2%) e licenze medie inferiori (53,4%).

Questa percezione di chiarezza espositiva diminuisce in chi sottoscrive principalmente le polizze online, confermando l’ipotesi che la scarsa chiarezza è percepita e rilevata maggiormente da coloro che hanno una maggiore autonomia decisionale, legata al possesso di strumenti culturali o esperienziali. Coloro che non dispongono di tali strumenti o non hanno fiducia nelle proprie competenze in materia assicurativa probabilmente si affidano all’intermediario, delegando a tale figura anche il controllo delle condizioni di stipula, su base prevalentemente fiduciaria.

 

Si lamenta scarsa chiarezza del linguaggio contrattuale e su aspetti quali franchigie e scoperti

Infine, alla domanda relativa alle caratteristiche comunicative più importanti che dovrebbe avere un contratto di assicurazione, si segnalano nell’ordine innanzitutto la generale comprensibilità del linguaggio contrattuale (54,1%) seguita dalla richiesta di maggiore chiarezza su aspetti specifici, quali franchigie e scoperti (53,2%), durata del contratto (44,1%) e chiarezza su casistiche coperte/scoperte (42,5%).

In generale, ancora una volta, l’esigenza di chiarezza su specifici aspetti e clausole contrattuali sembra essere meno sentita da chi ha un titolo di studio elementare o non è in possesso di nessun titolo, rivelando una scarsa comprensione dell’importanza contrattuale di questi aspetti.

Si chiede uno schema di sintesi nei contratti

Gli intervistati al di sotto dei 54 anni e in possesso di un titolo di studio superiore (diploma superiore e ancor più laurea triennale o magistrale) segnalano inoltre l’importanza della presenza di uno schema sintetico (less-is-more heuristics), che consenta l’accesso diretto alle informazioni attraverso l’eliminazione degli aspetti che in generale ostacolano maggiormente la comprensione: lunghezza del testo e adozione di una terminologia autoreferenziale.

Lo schema sintetico e puntuale del contratto offerto è considerato molto importante anche da coloro che hanno sottoscritto tutte le polizze online (47%), suggerendo forse che la modalità online, al di là dei costi, può risultare in linea con le aspettative degli intervistati relative proprio al formato informativo del prospetto contrattuale.

Cultura assicurativa  inadeguata

Per concludere con la valutazione della cultura assicurativa in Italia secondo lo stesso campione intervistato, dalle risposte fornite emerge che la maggior parte (oltre il 70%) non la considera adeguata. Tale considerazione negativa si accentua all’aumentare della competenza assicurativa e del titolo di studio (laurea triennale e magistrale). È opinione degli intervistati che questo gap conoscitivo andrebbe colmato innanzitutto ad opera delle istituzioni pubbliche (60%) (Ivass, Consob, Banca d’Italia, Ministero dello Sviluppo Economico) e delle compagnie assicurative, banche e intermediari assicurativi (45,5%).

Solo una percentuale di intervistati decisamente inferiore (in prevalenza costituita da laureati triennali) ritiene che anche i media e la scuola possano svolgere questa funzione.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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