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I consulenti tecnici d’ufficio nominati da magistrati e giudici svolgono un ruolo fondamentale nei procedimenti penali e civili, ma non infrequentemente contribuiscono a dilatare i tempi della giustizia “sforando” i termini stabiliti per la consegna delle loro consulenze.

Per disincentivare questi comportamenti poco virtuosi da parte degli ausiliari dei giudici l’art. 52 del Testo Unico prevede la decurtazione di un terzo del compenso in caso di ritardo, ma la norma non viene quasi mai applicata.

La Cassazione, invece, ha riaffermato che il taglio è automatico e non sindacabile dal giudice applicandolo per un Ctu che pure aveva “sgarrato” di un solo giorno nella presentazione della sua relazione tecnica. E ha colto l’occasione per sancire un importante principio di diritto distinguendo i casi in cui il compenso è calcolato a tempo oppure no.

 

La disputa sul compenso di un Ctu

L’ordinanza n. 22621/19, depositata il 10 settembre 2019, trae origine dall’opposizione di una donna a un decreto ingiuntivo del gennaio del 2014 con cui il Tribunale di Vallo di Lucania aveva liquidato il compenso di un geometra quale Ctu per l’opera che aveva prestato in un giudizio civile.

La ricorrente lamentava l’eccessività della liquidazione, sia quanto alle spese rimborsate all’ausiliario sia con riguardo agli onorari riconosciuti per la consulenza-base e per la successiva relazione a chiarimenti, ed invocava comunque la riduzione di un terzo, ex art.52 comma 2 del DPR n.115/2002, degli onorari relativi relazione base, essendo stata depositata in ritardo rispetto alla scadenza indicata dal giudice.

Il geometra da parte sua si costituiva, contestando l’opposizione e chiedendo il rigetto.

Il Tribunale aveva accolto in parte l’opposizione, riducendo l’importo degli onorari ma confermando quello delle spese ammesse al rimborso.

Il giudice di merito aveva escluso, in particolare, la riduzione di un terzo prevista dall’art.52 comma 2 del DPR n.115/2002 perché il ritardo nel deposito della relazione era stato di un giorno soltanto.

 

Il ricorso in Cassazione, che accoglie la doglianza

Contro questo provvedimento la donna ha quindi presentato ricorso per Cassazione, affidandosi a due motivi. Con il primo, quello che qui preme ha lamentato la violazione degli artt.3 comma 1 lettere u) e v) e 52 comma 2 del DPR n.115/2002 in relazione all’art.360 n.3 c.p.c., perché il Tribunale aveva “erroneamente” escluso la riduzione di un terzo prevista per il caso di deposito tardivo della relazione del C.T.U.

Ebbene, secondo gli Ermellini la censura è fondata. La Suprema Corte ricorda che l’art.52 comma 2 del DPR n.115/2002 prevede effettivamente che “se la prestazione non è completata nel termine originariamente stabilito o entro quello prorogato per fatti sopravvenuti e non imputabili all’ausiliario del magistrato, per gli onorari a tempo non si tiene conto del periodo successivo alla scadenza del termine e gli altri onorari sono ridotti di un terzo“.

Il giudici del Palazzaccio chiariscono altresì che la norma prevede due diverse conseguenze per il ritardo nel deposito della relazione dell’ausiliario, a seconda che gli onorari siano calcolati a tempo o meno.

Nel primo caso, non si tiene conto dell’attività svolta dal consulente dopo la scadenza del termine, senza possibilità di applicare l’ulteriore riduzione di un terzo: in tal modo, infatti, si introdurrebbe una sanzione non prevista dalla legge.

Nel caso in cui gli onorari non siano invece calcolati a tempo, va applicata la riduzione di un terzo, senza previsione di alcun potere del giudice di graduare la sanzione, né con riferimento al quantum, che il legislatore ha predeterminato, né con riferimento all’entità del ritardo.

 

La riduzione va applicata anche per un giorno di ritardo

Questa Corte ha già affermato in passato – nella vigenza della Legge n.319/1980 –  il principio per cui l’accertamento se il ritardo nell’espletamento dell’incarico sia conseguente o no a fatti sopravvenuti non imputabili dev’essere effettuato in sede di liquidazione del compenso.

All’esito di tale indagine, in caso di risposta positiva, non deve essere applicata alcuna sanzione ed il compenso va liquidato senza tener conto del ritardo stesso; in caso di risposta negativa, ossia se il ritardo è imputabile all’ausiliare, si deve procedere alla liquidazione senza tener conto delle vacazioni per il periodo successivo alla scadenza, ridurre gli onorari di un quarto, applicare le sanzioni previste dai codici” recita la sentenza.

La decurtazione degli onorari in percentuale fissa, nella vigenza della Legge n.319/1980 prevista in ragione di un quarto, ed oggi invece – dopo l’entrata in vigore del DPR n.115/2002 – fissata nella misura di un terzo, costituisce dunque una sanzione tesa a disincentivare comportamenti non virtuosi degli ausiliari del giudice, dai quali può derivare la dilatazione dei tempi del processo e la lesione del principio del cosiddetto “giusto processo” di cui all’art.111 Cost.” prosegue la Cassazione.

 

Il giudice non ha alcun potere discrezionale

Da ciò si ricava che, “anche in presenza di un ritardo minimo nel deposito della relazione, la detta decurtazione dev’essere applicata nella misura fissata dal legislatore, in assenza di qualsiasi potere discrezionale del giudice circa l’applicazione o l’entità della sanzione di cui all’art.52 del DPR n.115/2002”. 

Quindi, va sanzionato con il taglio del compenso anche un solo giorno di ritardo.

I giudici osservano altresì che questa previsione normativa non è irragionevole se si considera che essa fa riferimento esplicitamente “non soltanto al termine “originariamente stabilito” ma anche “a quello prorogato”, con ciò introducendo un particolare dovere di diligenza e collaborazione dell’ausiliario, il quale è tenuto, ove si avveda di non essere in grado di rispettare la scadenza fissata dal giudice nel provvedimento di conferimento dell’incarico peritale, a presentare anche per le vie brevi un’istanza di differimento”.

La decurtazione invocata dalla ricorrente concerneva la sola parte degli onorari liquidati dal Tribunale (ammontanti in tutto ad 1.670,42 euro) relativa alla relazione originaria (970,42 euro) e non anche a quella concernente la relazione integrativa (700 euro), che invece era stata depositata nei termini dall’ausiliario.

Per effetto dell’accoglimento della censura, dunque, gli onorari previsti per la prima relazione su disposizione della Suprema Corte sono stati decurtati di 323,47 euro (un terzo di 970,42) e il compenso riconosciuto al consulente tecnico per ambedue le relazioni, originaria ed integrativa, è stato fissato a complessivi 1.346,95 euro.

 

La decurtazione degli onorari del consulente tecnico d’ufficio

Gli Ermellini hanno concluso affermando il seguente principio di diritto: “La decurtazione degli onorari del consulente tecnico d’ufficio prevista dall’art.52 del DPR n.115 del 2002 per il caso in cui la prestazione non sia stata completata nel termine originariamente stabilito, ovvero entro quello prorogato per fatti sopravvenuti e non imputabili all’ausiliario del magistrato, rispettivamente stabilita per il caso di onorari a tempo dall’esclusione delle prestazioni svolte nel periodo successivo alla scadenza del termine, e per gli altri onorari non determinati a tempo dalla riduzione fissa nella misura di un terzo, costituisce una sanzione finalizzata a prevenire comportamenti non virtuosi dell’ausiliario e indebite dilatazioni dei tempi processuali, in funzione di garanzia del principio del giusto processo.

In relazione alla predetta sanzione il legislatore non ha attribuito al giudice di merito alcun potere di graduazione, né con riferimento al quantum, né con riferimento all’entità del ritardo in cui è incorso l’ausiliario nel deposito della sua relazione“.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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