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Il solo fatto di aver rilevato la sostanza nei valori ematici è di per se stesso un danno alla persona, trattandosi di sostanze estranee all’organismo umano, che non le produce naturalmente. Analisi positive di Pfas nel sangue dei soggetti chiamati ad essere sottoposti al monitoraggio potrebbe dunque essere elemento risarcitorio.

Sono alcuni dei passaggi usciti nel seminario “Pfas in Veneto”, organizzato martedì 7 giugno a Padova dal Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università di Padova e dove sono intervenuti esperti del settore, docenti dell’ateneo e la dirigente del Servizio di Sanità pubblica della Regione Veneto, Francesca Russo.

Presente all’iniziativa anche Studio 3A con i consulenti personali Linda Mazzon e Simone Pinton, che stanno seguendo decine di casi del genere nel Vicentino e nel Veronese.

Sulle persone saranno effettuati gli esami metabolici di primo e secondo livello; al momento, i medici hanno molte difficoltà nell’esprimersi sulle conseguenze dei Pfas nell’organismo perché vi sono parecchie incertezze. Ci sono sostanze già note per essere tossiche, altre ancora si stanno studiando, ma per gli specialisti nei prossimi anni l’allarme potrebbe solo crescere. Sono di gran lunga pericolose perché sono molto resistenti e, allo stesso tempo, si trovano dappertutto. Inoltre, si possono usare in molti campi industriali come nelle plastiche, schiume antincendio, pesticidi, conciatura di pelli e via dicendo. Ma su un punto la dirigente Russo è stata chiara: già il fatto di valori positivi, è un danno alla persona.

All’incirca 90 mila le persone, di età compresa tra i 14 e i 65 anni residenti in 21 comuni tra le province di Verona, Vicenza e Padova, saranno sottoposte a inizio 2017 agli accertamenti sugli eventuali rischi alla salute derivanti all’esposizione da Pfas (sostanze perfluoroalchiliche). Entro dicembre 2016 si chiuderà l’iter e poi si potrà cominciare con le analisi vere e proprie che, se positive, potrebbero costituire già di per sé il fondamento per un’azione risarcitoria.

L’acqua domestica ora è considerata sicura, grazie anche ai filtri in carbonio, mentre ci sono dei dubbi sugli alimenti prodotti nella zona inquinata. Infatti la Regione sta seguendo la vicenda Pfas da tempo, dal maggio 2013, momento in cui era stata informata dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e dal Ministero della Salute che fecero notare come nel Vicentino, Veronese e Padovano ci fossero dei problemi ambientali legati all’aria e alle acque potabili (potabili e private). Il settore più bersagliato è l’agricoltura, a partire dagli alimenti come le uova, il pesce, la carne e il latte; subito furono attivate le misure di sicurezza degli acquedotti potabili, installando degli specifici filtri e subito dopo i monitoraggi nelle aree vicentine tra Lonigo, Brendola e Sarego furono confortanti.

Intanto la procura di Verona ha incaricato i carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico) di raccogliere i dati dalle Asl scaligere sulla qualità delle acque di falda.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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