La Procura della Repubblica di Vicenza, dopo oltre due anni di indagini sul troncone principale del vasto inquinamento da Pfas e Pfoa ascritto all’azienda chimica Miteni di Trissino, nel Vicentino, e che interessa mezzo Veneto, ha chiesto il rinvio a giudizio per nove delle tredici figure apicali della ditta indagate a vario titolo per i reati di avvelenamento delle acque e disastro innominato.
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Chiesto il processo per i vertici aziendali per avvelenamento delle acque da Pfas
Si tratta dei quattro manager di Icig, International Chemical Investors, la tedesco lussemburghese subentrata fino al fallimento, dichiarato il 9 novembre scorso, ossia il Presidente del gruppo Icig Italia, già amministratore delegato di Miteni, Anthony Brian Mc Glynn, l’ex ad Patrick Hendrik Schnitzer, Hannes Georg Achim Riemann e Alexander Nicolaas Smit, più cinque tra manager e dipendenti Miteni con delega in materia di Ambiente e Sicurezza, cioè l’ex ad e direttore operativo Luigi Guarracino, di Alessandria, l’ex direttore tecnico Mario Fabris, di Fontaniva (Padova), Davide Drusian, di Marano (Vicenza), Mauro Cognolato, di Stra (Venezia), e Mario Mistrorigo, di Arzignano (Vicenza).
Per loro sarà fissata l’udienza preliminare avanti al Gup in autunno e tra le parti civili dovrebbero esserci anche il Ministero dell’Ambiente e la Regione Veneto.
Congelate, invece, al momento, le posizioni degli altri quattro indagati, visti i lunghi tempi di notifica in Giappone: Maki Hosoda, Kenji Ito, Naoyuki Kimura e Yuji Suetsune, già presidente del Cda Miteni. Tutti giapponesi ex manager di Mitsubishi Corporation, proprietaria di Miteni spa fino al 5 febbraio 2019.
Inquinarono sapendo di farlo e occultandolo
Secondo il quadro accusatorio, avrebbero inquinato, sapendo di farlo, senza prendere contromisure né tanto meno avvisare gli enti preposti, nonostante “l’alterazione anche visiva del sottosuolo” e il continuo “sforamento dei valori tollerati”, tanto da chiedere ai consulenti a cui commissionavano le verifiche ambientali di “rivedere e di ridimensionare la portata delle affermazioni”.
E al punto di vendere l’azienda – nel 2009, tra le multinazionali Mitsubishi e Icig – al costo di un misero euro a fronte di un valore di 15 milioni.
Il tutto mentre “l’interramento di rifiuti e scarti di lavorazione, le carenti misure adottate per smaltire i residui e la limitata tenuta degli impianti estendevano la contaminazione di tutta l’area industriale alle acque sotterranee superficiali, avvelenando la falda di una vasta zona tra le province di Vicenza, Verona e Padova, a danno di migliaia di cittadini”. Contestazioni pesantissime.
Una contaminazione senza precedenti
Com’è tristemente noto, infatti, per decenni, i terreni e la falda acquifera di una vasta area tra le tre province sono stati contaminati dai Pfas, sostanze perfluoroalchiliche, impermeabilizzanti, usate in ambito industriale.
I Pfas sono inquinanti “perfetti”: inodori, incolori, indistruttibili. Si tratta di una contaminazione senza precedenti per numero di persone coinvolte: 350mila cittadini, destinati a diventare molti di più per l’allargamento dell’area interessata a causa dei flussi d’acqua contaminata.
Ma poi c’è la filiera alimentare, per cui i Pfas rischiano di finire nei piatti di tutti. Tracce di Pfas, potenziali cancerogeni e interferenti endocrini, sono state trovate nell’organismo degli abitanti di queste tre province con effetti sulla salute, anche dei bambini.
E non è finita qui. Le vicende oggetto dell’indagine della Procura berica riguardano infatti l’inquinamento delle falde fino al 2013, anno in cui la Miteni si “autodenunciò”; un altro filone di inchiesta comprende anche l’inquinamento da GenX e riguarda i fatti dal 2013 in poi, per i quali è indagato anche l’ultimo amministratore delegato della ditta di Trissino fallita il 18 novembre scorso: Antonio Nardone.
Scritto da:
Dott. Nicola De Rossi
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Categoria:
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