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Se un alunno si ferisce a scuola, anche se si tratta di una “auto-lesione”, se cioè è lui stesso a farsi male, a meno di circostanze particolari la responsabilità ricade sull’insegnante e quindi sull’istituto scolastico e questo perché, tra docente (e struttura) e allievo si instaura, per “contatto sociale”, un rapporto giuridico nell’ambito del quale l’insegnante assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, onde evitare che lo studente si procuri da solo un danno alla persona.

A ribadire con forza questo principio la Cassazione, con la sentenza n. 36723/21 depositata il 25 novembre 2021, su una vicenda “tipo” che accade con molta frequenza nei plessi.

 

I genitori di un bimbo caduto all’asilo con pesanti conseguenze citano in causa la scuola

I genitori di un minore avevano citato in causa, con atto del 2013, dinanzi al tribunale di Cosenza, la scuola materna frequentata dal piccolo per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti dal bimbo presso i locali dell’istituto durante l’orario scolastico quando, richiamato dall’insegnante per recarsi in bagno, questi era sfuggito al controllo ed era rimasto vittima di un brutto incidente riportando un taglio sul mento, causato dal violento impatto con un oggetto dalla forma tagliente e affilata. La controparte si era costituita in giudizio chiedendo il rigetto della domanda e sostenendo che l’incidente era accaduto a causa di un evento improvviso che non avrebbe potuto essere evitato dal controllo della maestra.

Il Tribunale di Cosenza, all’esito di una consulenza tecnica medico legale e dell’espletamento di prove testimoniali, con sentenza del 2016 aveva rigettato la domanda risarcitoria, ritenendo che, dagli elementi acquisiti in giudizio, doveva effettivamente desumersi, come sostenuto dalla Scuola, che l’insegnante non avesse potuto impedire il fatto in considerazione del comportamento anomalo, improvviso ed imprevedibile del bambino.

La Corte d’Appello di Catanzaro, avanti la quale i genitori avevano appellato la decisione di prime cure, aveva rinnovato la Ctu all’esito della quale, con sentenza del 2019, in riforma di quella di primo grado, aveva accolto la domanda ritenendo, al contrario, che l’evento dannoso si fosse verificato per l’esclusiva responsabilità dell’insegnante, la quale non aveva adeguatamente vigilato sul minore e non aveva pertanto adottato tutte le misure idonee ad evitare il verificarsi dell’incidente

 

La Scuola ricorre per Cassazione battendo sull’imprevedibilità dell’evento

A questo punto è stata l’associazione che gestisce la scuola a ricorrere per Cassazione sulla scorta di quattro motivi. In particolare, la ricorrente lamentava il fatto che la Corte territoriale avesse ritenuto accertata la sua responsabilità nonostante non fosse stata raggiunta la prova in ordine alla responsabilità dell’insegnante ed al nesso di causalità tra l’omessa sorveglianza ed il sinistro. In particolare, muovendo da una generale contestazione della dinamica del fatto così come ricostruita nell’impugnata sentenza, la struttura non avrebbe potuto essere ritenuta responsabile dell’occorso, in considerazione della repentinità del fatto e dell’assenza di prova in ordine al difetto di vigilanza dell’insegnante, nonché in ordine all’omessa adozione, in via preventiva, di misure organizzative e disciplinari idonee ad evitare una situazione di pericolo.

Inoltre, secondo la Scuola la Corte territoriale sarebbe incorsa in un vizio di sussunzione, avendo ricondotto la fattispecie concreta, così come accertata, nell’ambito della previsione di cui all’art. 2048 c.c., anziché in quello della responsabilità contrattuale, regolata dall’art. 1218 c.c..

Ma per la Cassazione i motivi sono tutti inammissibili.In tema di danno cagionato dall’alunno a se stesso – afferma la Suprema Corte – la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante non ha natura extracontrattuale bensì contrattuale, atteso, quanto all’istituto scolastico, che l’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell’allievo alla scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale dal quale sorge a carico dell’istituto l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a se stesso”.

 

La responsabilità contrattuale dell’istituto

Pertanto, tra il precettore dipendente dell’istituto scolastico, tra insegnante e allievo “si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico nell’ambito del quale l’insegnante assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, onde evitare che l’allievo si procuri da solo un danno alla persona”.

Ne deriva quindi che, nelle controversie instaurate per il risarcimento del danno da cosiddetta auto-lesione, “nei confronti dell’istituto scolastico è applicabile il regime probatorio desumibile dall’art. 1218 c.c., sicché, mentre l’attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull’altra parte incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola, né all’insegnante”.

Confermate le omissioni della maestra e le lacune organizzative dell’istituto

Fatte queste debite premesse, la Suprema Corte, “facendo uso dei poteri correttivi consentitigli dall’art. 384 c.p.c., comma 2”, precisa che in effetti nel caso specifico la Corte territoriale avrebbe dovuto fare applicazione “non della norma di cui all’art. 2048 c.c., ma dei principi in materia di responsabilità contrattuale per stabilire della fondatezza o meno della pretesa risarcitoria” avanzata dai genitori del bambino.

Tuttavia, gli Ermellini aggiungono che, “anche rispetto alla diversa qualificazione giuridica che occorre dare all’azione esperita, la decisione di accoglimento non è comunque censurabile, in quanto risulta acquisita agli atti di causa, secondo l’espresso accertamento compiuto dal giudice del merito, la prova dell’esclusiva responsabilità dell’insegnante nella causazione dell’evento dannoso, oltreché della mancata adozione, in via preventiva, di misure disciplinari e organizzative tali da evitare il sorgere della situazione di pericolo”.

Il comportamento del bambino, poi, era altamente prevedibile

Infatti, proseguono i giudici del Palazzaccio, la Corte d’Appello, sulla base delle deposizioni testimoniali, aveva ritenuto accertato che “l’insegnante non si fosse avvicinata per prendere la mano del minore, né si fosse attivata prontamente per fermare la sua corsa, a fronte di un comportamento del bambino altamente prevedibile in considerazione della sua tenera età e delle sue condizioni psico-fisiche”.

Pertanto, secondo la Cassazione, la decisione sul punto dei giudici territoriali “è conforme a legge ed è sorretta da adeguata e logica motivazione, rispetto alla quale parte ricorrente non evidenzia vizi logici, ma sostanzialmente richiede in questa sede l’inammissibile riesame del materiale probatorio per farne derivare una conclusione diversa da quella cui è pervenuta la Corte territoriale”.

In conclusione il ricorso è stato rigettato e la condanna della scuola al risarcimento del piccolo alunno confermata.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Responsabilità Civile

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