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Dopo l’illuminata sentenza del Tribunale di Venezia che, su una vicenda seguita proprio da Studio 3A, ha riconosciuto anche ai nonni il risarcimento per la morte in seguito ad un sinistro del giovane nipote, che pure abitava a quasi mille chilometri di distanza, anche la Cassazione ha assunto una significativa decisione, sia pure sulla circostanza opposta, in materia cioè di danno non patrimoniale dei nipoti a seguito di morte da incidente stradale dei nonni, estendendo i diritti anche ai non conviventi e superando così un certo orientamento giurisprudenziale che sinora lo aveva circoscritto a coloro che dimostrassero di avere anche la residenza con l’ascendente.

Secondo quanto stabilito dalla sentenza 29332/17, emessa dalla terza sezione civile e pubblicata il 7 dicembre, il danno non patrimoniale dev’essere ritenuto presunto anche per il nipote che non conviveva con il defunto perché la coabitazione non può essere ritenuta un “connotato minimo” per l’esistenza della relazione parentale né il risarcimento può essere limitato alla cosiddetta “famiglia nucleare”: il nonno è una figura di riferimento anche se l’effettività e la consistenza dei rapporti con il de cuius devono essere sempre dimostrati.

Nella fattispecie, il ricorso dei congiunti è stato accolto nonostante le conclusioni del sostituito procuratore generale solo dopo che la corte d’appello di Milano aveva riconosciuto il risarcimento alla nipote che abitava con il nonno investito dall’auto diversamente dagli altri non conviventi, a cui invece era stato negato. La Suprema Corte ha quindi sostenuto i principi secondo cui “in caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale da uccisione“, proposta iure proprio dai congiunti dell’ucciso, questi ultimi devono provare l’effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l’ampiezza e la profondità, e ciò anche ove l’azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno; infatti, non essendo condivisibile limitare la “società naturale”, cui fa riferimento l’art. 29 Cost., all’ambito ristretto della sola “famiglia nucleare”, “il rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato alla convivenza per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, escludendo automaticamente, nel caso di non sussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto” (Cass. 21230/2016), in tali termini dovendosi considerare superato il diverso orientamento richiamato dalla sentenza impugnata.

Ma v’è di più. Per gli Ermellini, con la decisione in commento, “deve dunque ritenersi che anche il legame parentale fra nonno nipote consenta di presumere che il secondo subisca un pregiudizio non patrimoniale in conseguenza della morte del primo (per la perdita ella relazione con una figura di riferimento e dei correlati rapporti di affetto e di solidarietà familiare) e ciò anche in difetto di un rapporto di convivenza, fatta salva, ovviamente, la necessità di considerare l’effettività e la consistenza della relazione parentale ai fini della liquidazione del danno”.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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