L’ennesima tragedia della strada causata da un mezzo pesante, il 26 marzo sull’A10 presso Savona (in foto), dove un tir, ribaltandosi, ha travolto e ucciso due operai, ripropone l’annoso problema delle condizioni di sicurezza con cui viaggiano i camion e dei turni spesso massacranti degli autisti.
Per ragioni di sicurezza stradale e di tutela del lavoro, la normativa dell’Unione Europea prescrive l’obbligo di installazione del cronotachigrafo a bordo di determinate categorie di veicoli, in particolare, appunto, quelli adibiti al trasporto di cose di massa superiore a 3,5 tonnellate e quelli adibiti al trasporto di persone in numero superiore a 9: questo strumento, com’è noto, serve a misurare la velocità del veicolo, i tempi di guida e riposo dell’autista e le distanze percorse.
L’alterazione del cronotachigrafo è punita con sanzione amministrativa ai sensi dell’art. 179 del Codice della strada. Ma quale rapporto sussiste tra quest’articolo e il reato previsto dall’articolo 437 del Codice penale “rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro”? Le due fattispecie possono concorrere tra loro, oppure tra di esse vi è un rapporto di specialità? A questa domanda ha risposto la Corte di Cassazione, I sezione Penale, con la sentenza n. 13937 del 22 marzo 2017.
I fatti. Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Asti aveva dichiarato, ai sensi dell’articolo 425 cod. proc. pen., non luogo a procedere, “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”, nei confronti di R.V. in relazione al delitto di cui all’art. 437 cod. pen., ritenendo che la condotta di installazione di un dispositivo atto ad alterare il cronotachigrafo e il limitatore della velocità su un mezzo aziendale fosse sanzionata in via amministrativa dall’art. 179 cod. strada.
Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Torino, tuttavia, ha presentato ricorso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata e formulando un unico motivo di ricorso per la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., con riferimento all’applicazione, ritenuta erronea, della norma amministrativa anche al titolare dell’impresa proprietaria del veicolo su cui è stato rinvenuto il dispositivo, mentre la disposizione citata sarebbe applicabile unicamente al conducente del veicolo, persona diversa dall’imputato.
Il difensore di quest’ultimo ha depositato una memoria difensiva con cui ha chiesto l’assoluzione dell’assistito sulla base della considerazione che il medesimo non aveva mai rivestito la carica di legale rappresentante dell’impresa titolare dell’automezzo. Il Collegio, dal canto suo, ha ritenuto che il ricorso fosse fondato, non potendosi esaminare la questione proposta nella memoria difensiva poiché attinente un profilo di fatto estraneo al contenuto della pronuncia impugnata che, difatti, non aveva esaminato nel merito la responsabilità dell’imputato.
La questione di cui è stato investito il Collegio, infatti, era se, in relazione al rapporto fra l’art. 437 cod. pen. e l’art. 179 cod. strada, debba trovare applicazione il principio di specialità, di cui all’art. 9 legge n. 689/1981, secondo il quale in caso di concorso tra disposizione penale incriminatrice e disposizione amministrativa sanzionatoria in riferimento allo stesso fatto, deve trovare applicazione esclusivamente la disposizione che risulti speciale rispetto all’altra all’esito del confronto tra le diverse fattispecie astratte (Sezioni Unite n. 1963 del 28/102010, PG in proc. di Lorenzo, RV. 248722).
“Preliminare – spiega la Suprema Corte – appare, quindi, la disamina della struttura del reato e della violazione amministrativa del cui concorso si discute. La tematica è stata recentemente affrontata da questa Sezione con una decisione alla quale il Collegio intende riferirsi (Sez. 1 sentenza n. 47211 del 25/05/2016, PM in proced. Vercesi, non massimata). Nel caso in esame si contesta all’imputato “quale titolare della ditta ***, di avere posto in pericolo, mediante l’indicata alterazione, la sicurezza dei lavoratori (il conducente del veicolo), tanto che sussiste il requisito richiesto dalla norma incriminatrice. Il delitto di rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro è un delitto doloso di pericolo, ove il pericolo consiste nella verificazione in conseguenza della condotta di rimozione o di commissione del disastro o dell’infortunio che costituisce, secondo quanto previsto dall’art. 437, comma secondo, cod. pen., una circostanza aggravante (Sez. 1 n. 20.370 del 20/04/2006, Simonetti, Rv. 233.779). A ciò si aggiunga che il reato del codice penale, come evidenziato anche nell’ultima massima riportata, è punito esclusivamente a titolo di dolo, mentre la fattispecie del codice della strada, essendo sanzionata solo in via amministrativa, può essere punita sia a titolo di dolo che di colpa”.
I destinatari e le condotte delle due disposizioni sono diversi, in quanto l’art. 437 c.p., come chiarito dai giudici, punisce chi “omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia“, mentre l’art. 179 cod. strada solo chi “circola” o “il titolare della licenza o dell’autorizzazione al trasporto che mette in circolazione” un veicolo sprovvisto di cronotachigrafo o con “cronotachigrafo manomesso o non funzionante”, punendoli anche se non sono autori della manomissione, a differenza della norma penale”.
Ad avviso del Collegio, pertanto, la violazione del codice della strada oggetto di esame “non può considerarsi speciale, se non per il fatto che attiene in modo specifico al “cronotachigrafo”, mentre la norma del codice penale parla più genericamente di “impianti, apparecchi o segnali”, rispetto al delitto di cui all’art. 437 cod. pen. tanto da escluderne l’applicazione al caso concreto. Se è vero, quindi, che in linea di massima la diversità dei beni giuridici coinvolti non esclude il ricorso al summenzionato principio di specialità, come espressamente affermato dalle Sezioni Unite nella pronuncia sopracitata, è anche vero che nel caso di specie le diversità strutturali tra le fattispecie astratte sono tali da escludere che possa parlarsi di concorso apparente tra le disposizioni e da far ritenere invece applicabili, ove sussistenti i rispettivi presupposti, entrambe le norme”.
Dunque, le finalità di tutela dell’art. 437 cod. pen. esprimono una specificità propria, non sovrapponibile a quelle del codice della strada, così da non potersi ritenere la norma codicistica generale rispetto a quella di cui all’art. 179 cod. strada e da ravvisare al più una mera interferenza, nel senso precisato dalla pronuncia delle Sezioni Unite.
In proposito, la Cassazione ricorsa anche che la giurisprudenza di legittimità è stabilmente orientata nel senso di riconoscere all’art. 437 cod. pen. un ambito di applicazione che coinvolge non solo i lavoratori esposti allo specifico rischio lavorativo, ma anche i terzi. Si è, infatti, affermato che “ai fini della configurabilità dell’ipotesi delittuosa descritta dall’art. 437 cod. pen., è necessario che l’omissione, la rimozione o il danneggiamento dolosi degli impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire infortuni sul lavoro si inserisca in un contesto imprenditoriale nel quale la mancanza o l’inefficienza di quei presidi antinfortunistici abbia l’attitudine, almeno astratta, anche se non abbisognevole di concreta verifica, a pregiudicare l’integrità fisica di una collettività di lavoratori, o, comunque, di persone gravitanti attorno all’ambiente di lavoro” (Sez. 1, Sentenza n. 18168 del 20/01/2016, P.M. in proc. Antonini, Rv. 266881), così ricomprendendosi anche, nell’ipotesi in esame attinente la circolazione stradale, i terzi (id est: gli altri utenti della strada) che possono venire in contatto con la fonte di pericolo”.
Di conseguenza, la sentenza di non luogo a procedere impugnata, “non avendo fatto corretta applicazione del principio di specialità, di cui all’art. 9 legge n. 689/1981, e avendo ritenuto applicabile nel caso specifico la sola disposizione amministrativa di cui all’art. 179 cod. strada, dichiarando conseguentemente “non luogo a procedere perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”, è stata annullata e gli atti andranno trasmessi a diverso magistrato del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Asti affinché proceda a nuovo giudizio.
Scritto da:
Dott. Nicola De Rossi
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