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Le famiglie dei ragazzi residenti nella fascia più a rischio stanno cominciando a ricevere i risultati dello screening sui “Pfas” nel sangue avviato dalla Regione e gli esiti sono inquietanti.

Il monitoraggio sta avendo successo: già 950 giovani dai 14 ai 18 anni della «zona rossa», i 21 Comuni dove la falda è pesantemente inquinata dai composti perfluoro-alchilici, si sono sottoposti ai test. Ma i livelli riscontrati sono molto alti e i genitori sono sempre più preoccupati e, soprattutto, non sanno che fare, perché nessuno dice loro nulla. E’ il caso di alcune mamme di Lonigo, nel Vicentino, che nei giorni scorsi hanno denunciato sulla stampa la situazione.

Qui siamo di fronte a ragazzini che si ritrovano valori di Pfoa di gran lunga superiori al limite massimo, che dovrebbe essere di 8 nanogrammi per litro: c’è chi ne ha venti volte tanto, chi ha un valore di 90, di 172, etc. I genitori, peraltro, non sanno darsi spiegazioni in quanto in molti casi si tratta di ragazzi che l’acqua non solo dei pozzi ma anche del rubinetto non l’hanno mai bevuta, consumando solo quella imbottigliata. E allora? A questo punto è chiaro che c’entra anche il cibo.

Secondo le famiglie, le analisi non bastano: di fronte a questi dati le autorità sanitarie dovrebbero intervenire e dare indicazioni su come comportarsi per il bene dei figli, avviando una vera profilassi.

La realtà è che ormai in questa parte di Veneto, ai confini fra Verona, Vicenza e Padova, la falda, l’acqua e il cibo ormai fanno paura e i composi considerati più inquinanti sono il Pfoa (acido perfluoroottanoico) e il Pfos.

Com’è noto, sulla contaminazione, che Arpav del Veneto ha fatto risalire all’attività degli ultimi decenni dell’industria «Miteni» di Trissino, è in corso un’indagine della Procura di Vicenza. In parallelo, nel 2013 le autorità sanitarie hanno imposto nelle aree contaminate l’uso di sola acqua del rubinetto, filtrata dalle società fornitrici, e la Regione da poco ha avviato un maxi screening che durerà per dieci anni su circa 80mila persone fra i 14 e i 65 anni nei 21 Comuni dell’area rossa.

Ma quali sono le conseguenze sulla salute degli alti livelli di Pfoa (e Pfas in genere) nel sangue? Le indagini della Regione hanno evidenziato che fino al 2013 nell’area di maggior contaminazione vi è stata per le donne incinte un aumento della frequenza di diabete gravidico e di gestosi. E sono aumentati i bimbi nati più piccoli. Con i filtri le cose sono migliorate. Ma secondo l’Isde, società internazionale di medici per l’ambiente presieduta nel Vicentino dal medico Vincenzo Cordiano, in queste zone si rileva una maggiore incidenza di patologie legate al sistema endocrino.

Dall’Usl 8 si ribadisce che verranno svolti ulteriori esami nei pazienti in cui il primo screening evidenzia problemi di salute: da giugno verranno richiamati i soggetti che hanno valori di Pfas elevati nel sangue, oltre a problemi di fegato e colesterolo, o ai reni, alla tiroide e alla glicemia. Se però a essere elevato è solo il Pfoa, e non emergono altre complicazioni, il richiamo arriverà soltanto fra due anni”. Troppo per chi sta vivendo quest’incubo.

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Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Danni Ambientali

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