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Dal primo ottobre sono entrate in vigore le nuove regole sull’anatocismo bancario che dovrebbero dare alla materia, che interessa la capitalizzazione degli interessi su contratti come mutui, finanziamenti, affidamenti, aperture di credito (ecc.), una regolamentazione stabile e definitiva dopo decenni di polemiche, interventi legislativi e sentenze.

Da questa data, infatti, le banche dovranno necessariamente adeguarsi alle disposizioni fissate dal decreto del Ministro dell’Economia (in qualità di presidente del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio) n. 343 del 3 agosto 2016, in attuazione di quanto previsto dal cosiddetto d.l. banche (n. 18/2016 convertito con modificazioni dalla l. n. 49/2016) che ha modificato l’art. 120 del Testo Unico Bancario prevedendo la concreta regolamentazione della materia attraverso tale provvedimento attuativo del Cicr.

Le principali novità.

L’art. 3 del d.m. n. 343/2016, ricalcando l’affermazione di principio contenuta nell’art. 120 del Tub, afferma innanzitutto che nelle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito gli interessi debitori maturati “non possono produrre interessi, salvo quelli di mora”. Viene sancito, in sostanza, il divieto di ogni tipo di anatocismo bancario, anche se le nuove regole non chiariscono se, in materia di interessi di mora, essi decorrano automaticamente a seguito dell’inadempimento del cliente o se, trattandosi di interessi su interessi. si produce dunque anatocismo.

Le nuove regole sull’anatocismo stabiliscono, in materia di conti correnti e conti di pagamento, che gli interessi debitori e creditori abbiano la medesima periodicità, in ogni caso non inferiore ad un anno; che gli interessi vadano conteggiati entro il 31 dicembre di ogni anno, o comunque entro il termine del rapporto (se infrannuale) per il quale sono dovuti se lo stesso è fissato durante l’anno (ciò vale anche per i contratti in corso d’anno, sebbene il conteggio si effettui al 31 dicembre successivo); che, con riferimento alle aperture di credito regolate in conto corrente o conto di pagamento, nonché agli sconfinamenti rispetto al fido accordato, gli interessi debitori devono essere conteggiati separatamente dal capitale, in modo da essere calcolati solo sulla sorte e non sull’insieme di capitale e interessi, evitando così di attuare anatocismo.

Gli interessi maturati in un determinato anno e conteggiati separatamente diventano esigibili dal creditore e dunque dovuti a partire dal primo marzo dell’anno successivo. Nell’ipotesi in cui invece il rapporto si chiuda definitivamente sono immediatamente esigibili: in tal caso, il cliente può autorizzarne (potendo revocarlo in ogni momento) l’addebito in conto e la somma addebitata è considerata sorte capitale.

Una volta che gli interessi sono diventati esigibili si possono verificare le seguenti tre ipotesi: se il cliente paga, la vicenda si chiude e gli interessi corrispettivi vengono calcolati solo sul capitale; se il cliente ne autorizza l’addebito in conto (sempre revocabile in ogni momento), gli interessi diventano capitale e da quel momento vengono calcolati insieme alla somma finanziata; se il cliente non li paga e non ne autorizza l’addebito in conto, si entra nella fase dell’inadempimento, determinando i presupposti per l’applicazione degli interessi di mora.

Le nuove disposizioni si applicano agli interessi maturati a partire dal primo ottobre 2016, ma valgono anche per i contratti in corso, attraverso una variazione unilaterale da parte delle banche al fine dell’adeguamento alle nuove norme. In tal caso, però, occorre chiedere l’autorizzazione del cliente per l’addebito in conto degli interessi corrispettivi divenuti esigibili: autorizzazione che il cliente potrà sempre revocare in qualsiasi momento.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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