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Cartella clinica del defunto

Accesso consentito solo in alcuni casi

L’accesso alla cartella clinica del defunto è legittimato ex art. 9 del d.lgs n.196/2003 chi ha un interesse proprio o agisce a tutela dell’interessato oppure per motivi familiari meritevoli di tutela. Lo ha stabilito, nella sentenza n. 2/2018, il TAR della Puglia, Sez. III, che ha affrontato l’interessante argomento dell’ammissibilità della richiesta da parte di terzi di copia della documentazione sanitaria riguardante una persona defunta.

La domanda promossa nel giudizio in questione era volta all’accertamento del diritto della ricorrente al rilascio di copia delle cartelle cliniche, con relative lettere di dimissione ed esami diagnostici eseguiti, riguardanti una persona defunta, da parte di un soggetto avente qualità di successibile ex art. 565 c.c. (categorie dei successibili: “Nella successione legittima l’eredità si devolve al coniuge, ai discendenti, agli ascendenti, ai collaterali, agli altri parenti e allo Stato nell’ordine e secondo le regole stabilite nel presente titolo”), il cui rilascio era stato rifiutato in via stragiudiziale dall’ASL.

In particolare, la ricorrente era figlia della sorella (anch’essa deceduta) del defunto ed aveva motivato la richiesta di copia della cartella clinica del defunto con l’esigenza di acquisire elementi sulle condizioni psicofisiche del de cuius utili per impugnare in via giudiziale i testamenti pubblici con i quali il defunto stesso aveva disposto dei propri beni in favore di altri nipoti.

L’Asl però respingeva la richiesta, giustificando il rigetto con le previsioni del Regolamento Aziendale in materia di rilascio delle cartelle cliniche di soggetti deceduti. Contro il rifiuto dell’ASL è stato, quindi, proposto ricorso al TAR per violazione degli artt. 22, 24 e 25 della Legge n. 241/1990 e degli artt. 7 e 9 del d.lgs n. 196/2003, per eccesso di potere per erroneità nei presupposti e per illegittimità derivata del regolamento aziendale.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione III, ha ritenuto fondata e meritevole di accoglimento la domanda ed ha motivato la decisione sulla base di consolidata giurisprudenza in materia di accesso.

Pertanto, è stato illustrato un ampio excursus della giurisprudenza amministrativa in materia, con la quale sono stati specificati e ribaditi alcuni principi quali: l’accesso è oggetto di un diritto soggettivo di cui il giudice amministrativo conosce in sede di giurisdizione esclusiva; il giudizio ha ad oggetto la verifica della spettanza o meno del diritto di accesso, piuttosto che la verifica della sussistenza o meno di vizi di legittimità dell’atto amministrativo. Il giudice deve verificare, quindi, se sussistono o meno i presupposti dell’accesso, potendo negarlo anche per motivi diversi da quelli indicati dal provvedimento amministrativo; l’interesse all’accesso ai documenti deve essere considerato in astratto, senza valutazione sulla fondatezza o sull’ammissibilità della domanda giudiziale proponibile. La legittimazione all’accesso, in pratica, non può essere valutata con riferimento alla pretesa sottostante, ma ha valenza autonoma, indifferente rispetto allo scopo per cui è esercitata; il diritto di accesso non è meramente strumentale alla difesa in giudizio della situazione sottostante, ma è diretto a conseguire un autonomo bene della vita. Ne consegue che la domanda giudiziale tesa ad ottenere l’accesso ai documenti è indipendente dalla sorte del processo principale in cui viene fatta valere la situazione, ma anche dall’eventuale infondatezza o inammissibilità della domanda giudiziale che il ricorrente potrebbe proporre dopo aver avuto gli atti richiesti.

Ma decisiva ai fini della domanda proposta nel giudizio in commento è l’impostazione elaborata dal Consiglio di Stato nella sentenza n.3459 del 2012, recepita in pieno dal TAR Puglia nella sentenza in oggetto: “In materia di diritto di accesso ai dati concernenti persone decedute deve farsi riferimento alle disposizioni dell’art.9, comma 3, del codice per la tutela dei dati personali, che disciplinano in modo diretto l’esercizio del diritto di accesso per le informazioni relative a persone decedute, prevedendo che essi possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio o agisce a tutela dell’interessato o per motivi familiari meritevoli di tutela. Tale disciplina regola anche l’accesso alle cartelle cliniche, dal momento che non può trovare applicazione la disciplina specificamente prevista in materia dall’articolo 92 del medesimo codice, la quale consente l’accesso alle cartelle cliniche solo a persone diverse dall’interessato che possono far valere un diritto della personalità o altro diritto di pari rango. Se dovesse applicarsi questa disposizione anche dopo la morte, neppure i più stretti congiunti potrebbero accedere ai dati personali del defunto in assenza dei presupposti richiesti dalla norma, con conseguenze paradossali (…). Sopravvive una forma di tutela dei dati sensibili – come altre forme di tutela – anche dopo la morte, ma nelle forme specifiche e diverse previste dall’art. 9, che individua puntualmente gli interessi che possono bilanciare gli interessi di terzi ad accedere ai dati personali: la tutela del defunto e ragioni familiari meritevoli di protezione”.

Pertanto, applicando tutti i principi enunciati, in particolare l’ultimo, al caso concreto, il TAR ha ritenuto che la parte ricorrente, in quanto nipote del de cuiusavesse un interesse diretto, qualificato, concreto ed attuale ad accedere agli atti richiesti, in quanto rivolto ad ottenere informazioni utili ad agire in giudizio a tutela della propria sfera giuridica a prescindere dalla fondatezza o meno della relativa azione. Inoltre, ha ritenuto anche che la domanda non fosse generica ed esplorativa (come eccepito dall’ASL) poiché relativa ad un periodo e ad una sola persona ben determinati. Per questi motivi il TAR Puglia ha ordinato all’ASL l’esibizione degli atti e documenti richiesti, condannandola altresì alle spese del giudizio.

 

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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