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In un momento in cui il dibattito è tutto incentrato sui vaccini contro il Covid e sui possibili effetti collaterali, va senza dubbio segnalata la sentenza n. 7354/21 depositata il 16 marzo 2021 che statuisce definitivamente un principio generale valido anche per la campagna vaccinale in atto per contrastare la diffusione del coronavirus: nel caso di reazioni avverse comprovate si può richiedere il risarcimento, anche si si tratta di una vaccinazione non obbligatoria, perché il fatto che essa sia comunque caldamente raccomandata dalle istituzioni pubbliche la pone di fatto sullo stesso piano, dal punto di vista risarcitorio, di quelle per le quali vige invece l’obbligo.

 

Una giovane chiede i danni per le gravi conseguenze causate dalla Anti epatite A

Una oggi trentenne pugliese aveva citato in giudizio il Ministero della Salute, l’Asl di Brindisi e la Regione Puglia per essere risarcita delle gravi conseguenze riportare in seguito alla vaccinazione anti epatite A a cui era stata sottoposta e che le aveva causato un “lupus eritematoso sistemico”: il tribunale aveva riconosciuto la sussistenza del nesso di causalità tra la patologia e il vaccino a cui la paziente era stata sottoposta nel 2003 e 2004, all’età di 13 e 14 anni, ma nulla era stato precisato circa il riconoscimento del diritto all’indennizzo trattandosi di una vaccinazione non obbligatoria.   

La Corte d’appello riconosce l’indennizzo anche se la vaccinazione non è obbligatoria

La vicenda era già approdata una prima volta in Cassazione, che nel 2015 aveva demandato questo accertamento al giudice del rinvio. E la Corte d’Appello di Lecce aveva accolto la domanda della donna di ottenere l’indennizzo previsto dalla Legge 210/92 ritenendo che la fattispecie rientrasse nella sfera di applicabilità di questa previsione normativa in quanto l’anti-epatite, “pur non imposta come obbligo giuridico”, era stata fortemente incentivata dalla Regione “senza lasciare spazio alla discrezionalità del singolo”.

Secondo la Corte territoriale, non si poteva trattare diversamente il caso in cui la vaccinazione era imposta per legge da quello in cui era raccomandata da specifici atti normativi come nella fattispecie e pertanto, in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma, anche i danni derivati dalla vaccinazione di epatite di tipo A dovevano essere indennizzati ai sensi della L n. 210/1992.

 

La Cassazione solleva questione di legittimità costituzionale della legge

Il Ministero della Sanità aveva quindi proposto ricorso per Cassazione contro tale sentenza, contestando il fatto cha la Corte d’appello avesse “illegittimamente” esteso l’ambito applicativo della legge n. 210 del 1992 anche alla fattispecie in esame, pur non essendo vaccinazione obbligatoria, e la Suprema Corte nel 2019 aveva a questo punto sollevato questione di legittimità costituzionale della L 210/1992 nella parte in cui non prevedeva il diritto all’indennizzo ai soggetti che avessero subito lesioni per effetto della vaccinazione anti-epatite A non obbligatoria ma raccomandata.

Ricorso del Ministero respinto e indennizzo accordato

E la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 118/20, ha accolto l’eccezione dichiarando per l’appunto l’illegittimità costituzionale dell’ad 1, comma 1, L .n. 210/1992 nella parte in cui non prevedeva il diritto ad un indennizzo, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla medesima legge, a favore di chiunque avesse riportato lesioni o infermità da cui fosse derivata una menomazione permanente all‘integrità psico-fisica, a causa della vaccinazione contro il contagio da virus dell’epatite A, parificando quindi di fatto le vaccinazioni obbligatorie a quelle fortemente raccomandate.

Il giudizio è quindi tornato davanti alla Cassazione che ha dichiarato superata ogni questione sul punto alla luce della pronuncia della Consulta. Risultando già provata la sussistenza del nesso causale tra la malattia denunciata e la vaccinazione dopo l’accertamento operato dal Tribunale , tramite Ctu, e non essendo più (ri)esaminabile tale questione nell’ambito del giudizio d’appello, non essendo stata devoluta con l’atto di gravame, i giudici del Palazzaccio hanno definitivamente rigettato il ricorso del Ministero, accordando il risarcimento alla giovane.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Blog Malasanità

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