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Il danneggiato ha dovuto citare in causa Cattolica, il Giudice di Pace gli ha dato ragione piena condannando l’assicurazione a pagare, ma intanto sono passati quasi otto anni

Che senso ha istituire un organismo per tutelare chi rimane coinvolto in incidenti con mezzi “pirata” o non assicurati se poi si erigono muri pur di non risarcirli, anche per poche migliaia di euro, negando anche l’evidenza e i video delle telecamere? Tra i tanti se lo sta chiedendo da tempo un oggi trentaseienne mestrino, assistito da Studio3A, che ha vissuto sulla sua pelle cosa significhi avere a che fare con il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada e che dopo quasi otto anni di battaglie si è visto riconoscere dal Giudice di Pace di Venezia il legittimo risarcimento.

Il 12 gennaio 2016, alle 10.50, l’uomo, che alla guida della sua Fiat 500 percorre l’autostrada A57 (la tangenziale di Mestre) in direzione Trieste, a due corsie di marcia, poco dopo lo svincolo di Marcon, al km 22+500 si appresta a superare il veicolo che ha davanti impegnando la corsia di sinistra, ma alle sue spalle sopraggiunge a forte velocità una Mercedes scura il cui conducente ha fretta e inanella una serie di gravi violazioni: prima cerca di passare in mezzo tra la 500 e la macchina che quest’ultima sta sorpassando, poi si sposta a sinistra insistendo nel voler passare subito ma così stringe pericolosamente l’utilitaria del trentaseienne che, per evitare lo scontro, è costretto a sterzare bruscamente a destra per rientrare in prima corsia. Nell’effettuare questa manovra di emergenza, però, l’automobilista mestrino perde il controllo della vettura e va a sbattere contro il guardrail sulla destra della carreggiata, mentre la Mercedes tira diritta e si dilegua: non sarà mai rintracciata. Anche se tra i due mezzi non vi è stato contatto, è evidente che l’incidente è stato causato dalla turbativa grande come una casa determinata dall’auto pirata. Per fortuna il malcapitato esce con le sue gambe dall’abitacolo ma, oltre ai danni al veicolo, riporta svariate lesioni tutte refertate al pronto soccorso dell’Angelo dove si reca subito, tra cui un trauma distorsivo del rachide cervicale da colpo di frusta, un trauma cranico non commotivo e una contusione sternale da cintura, per un’invalidità permanente poi riconosciuta al due per cento, svariati giorni di invalidità temporanea parziale, sofferenze, spese mediche e quant’altro.

Per essere almeno risarcito, il danneggiato, attraverso il general manager Veneto Riccardo Vizzi, si rivolge a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e tutela dei diritti dei cittadini, che, essendo rimasto sconosciuto il veicolo responsabile del sinistro, chiede i danni al Fondo Vittime della Strada che interviene, o meglio dovrebbe farlo, in caso di incidenti con auto non individuate o non assicurate, è finanziato da tutti gli assicurati italiani per la Rc-Auto tramite un quota compresa nel premio assicurativo e che peraltro, in caso di veicoli sprovvisti di copertura assicurativa, poi si rivale sui loro proprietari. E Studio3A si rapporta con Cattolica, la compagnia all’epoca designata dal Fondo per la regione Veneto: raccoglie tutta la documentazione ed è un “dossier” apparentemente “a prova di bomba” perché la versione del trentaseienne viene confermata integralmente da un automobilista che lo seguiva, che ha visto tutta la scena, si è fermato a soccorrerlo e ha rilasciato la sua testimonianza, e, di più, dalla Polizia Stradale di San Donà di Piave, che non solo è intervenuta sul posto nell’immediatezza, ma che poi ha anche visionato la registrazione delle videocamere acquisite da Autovie Venete. “E la visione del filmato conferma la versione fornita, anche se purtroppo non ha potuto dare un’identità alla Mercedes” dichiarerà nella sua relazione sul sinistro uno degli agenti. Ma nonostante le dimostrazioni schiaccianti e la richiesta risarcitoria sia di poche migliaia di euro, Cattolica denega clamorosamente ogni risarcimento, sostenendo che non vi è la prova che sussista la responsabilità di un veicolo ignoto nella determinazione del sinistro e che mancherebbe il nesso di causa tra l’incidente e le lesioni, contestando anche l’ammontare del risarcimento richiesto, posizione che manterrà fino alla fine.

Risultato, l’automobilista il 15 giugno 2017 è stato costretto a procedere con una citazione in causa avanti il Giudice di Pace lagunare nei confronti di Cattolica e, con sentenza del 16 febbraio 2021, il magistrato, avv. Nadia Santambrogio, gli ha dato ragione piena e su tutta la linea: “le risultanze probatorie consentono di ritenere accertato che il veicolo antagonista è rimasto ignoto e di giungere a escludere qualsiasi responsabilità in capo al dante causa per il sinistro in cui è rimasto coinvolto: la condotta del conducente dell’auto sconosciuta è stata non solo imprudente ma altamente pericolosa così da indurre il danneggiato a porre in essere una manovra improvvisa per evitare l’impatto con la stessa” scrive il giudice che, in base alla consulenza tecnica medico legale disposta ad hoc, ha anche affermato come non vi fossero elementi “per mettere in dubbio la sussistenza del nesso causale tra la dinamica del sinistro e le lesioni subite dall’automobilista trattandosi di lesività di natura traumatico-contusivo-distorsiva diagnosticate nell’immediatezza del fatto”.

La dott.ssa Santambrogio ha pertanto riconosciuto pressoché tutti i danni richiesti fin dall’inizio dal mestrino e per lui da Studio3A, condannando Cattolica a liquidargli una cifra complessiva che, contando il danno biologico e morale e le spese mediche sostenute, la rivalutazione monetaria e gli interessi essendo trascorsi anni dall’incidente, la refusione delle spese legali, di quelle per le consulenze tecniche medico legali d’ufficio e di parte e per l’attività svolta durante la fase stragiudiziale, non arriva neppure a diecimila euro: una somma rilevante che per un normale cittadino ma un “nulla” per una compagnia di assicurazione dai bilanci plurimilionari e per il Fondo Vittime. “Dulcis” in fundo, per poter incassare questi soldi, dalla pronuncia della sentenza il trentaseienne ha dovuto attendere quasi altri tre anni, ossia l’ormai famoso “timbro” della cancelleria del giudice di pace di Venezia necessario per rendere esecutivo il provvedimento, che è stata finalmente “depositato” il 2 dicembre del 2023: pochi giorni fa.

Caso seguito da:

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Dott. Riccardo Vizzi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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