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La formale denuncia presentata dal proprietario alle forze dell’ordine del furto della propria auto non è sufficiente a comprovare che il fatto si sia verificato così come denunciato e quindi quest’atto, sia pure ovviamente necessario, non garantisce l’automatico risarcimento da parte della compagnia di assicurazione con cui si è assicurato il veicolo anche contro il furto, appunto. A chiarirlo, con una decisione che fa discutere, la Cassazione, con la sentenza n. 32637/22 depositata il 7 novembre 2022. 

Società di autonoleggio cita la compagnia che non indennizza il furto del veicolo assicurato

Una società di noleggio veicoli, che aveva subito il furto, regolarmente denunciato all’autorità competente, di una delle auto della sua flotta destinate sin clienti, aveva chiesto il pagamento dell’indennizzo alla compagnia assicurativa con cui aveva assicurato i suoi mezzi, la quale però aveva denegato il risarcimento. 

I giudici di merito rigettano la domanda ritenendo insufficiente la prova fornita dei fatti

Din qui la citazione in causa contro l’assicurazione, ma sia il Tribunale di Roma, in primo grado, ia la Corte d’appello capitolina, nel 2021, avevano rigettato la domanda risarcitoria, ritenendo che l’azienda non avesse fornito sufficiente prova della verificazione del rischio assicurato.

 

L’Azienda ricorre per Cassazione forte della denuncia presentata alle autorità competenti 

La società di autonoleggio ha quindi proposto ricorso per Cassazione sostenendo che la corte territoriale sarebbe incorsa in un palese “error in iudicando” non ritenendo provato il furto nonostante la denuncia presentata alle autorità competente e tutti i documenti e gli oggetti prodotti tra cui la carta di circolazione, il certificato di proprietà, la fattura di acquisto del veicolo e soprattutto la serie completa delle chiavi: com’è noto, la mancanza di un paio di chiavi può far addebitare all’assicurato la “colpa grave”. 

La Suprema Corte rigetta il ricorso, la denuncia non basta a provare il furto

Ma per la Suprema Corte il motivo non è fondato. Gli Ermellini spiegano che la contestata violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, comma I, n. 3), cod. proc. civ., “è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni”. Nel caso di specie, invece, prosegue la Cassazione, “nessun erronea distribuzione dell’onere della prova può addebitarsi alla sentenza impugnata, attenutasi ai principi già enunciati da questa Corte”, secondo i quali “nell’assicurazione contro i danni, poiché il fatto costitutivo del diritto dell’assicurato all’indennizzo consiste in un sinistro verificatosi in dipendenza di un rischio assicurato e nell’ambito spaziale e temporale in cui la garanzia opera, è su di lui che incombe, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., l’onere di dimostrare che si è verificato un evento coperto dalla garanzia assicurativa e che esso ha causato il danno di cui si reclama il ristoro”,

Inoltre, ed è qui il punto che più preme, i giudici del Palazzaccio precisano che “la denuncia in sede penale di determinati fatti delittuosi non è sufficiente a far considerare l’effettivo svolgimento dei fatti così come denunciati”.

Il ricorso è stato pertanto rigettato. 

Scritto da:

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Dott. Nicola De Rossi

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Contenziosi con Aziende

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