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Le scritte pubblicitarie sui veicoli privati sono lecite e non configgono con il Codice della Strada purché non siano luminose. Con la rilevante sentenza n. 1793/22 depositata il 20 gennaio 2022 la Corte di Cassazione ha chiarito una questione di enorme interesse considerati gli ormai milioni di mezzi che circolano con insegne e scritte promozionali varie sulla carrozzeria.

Multa della Prefettura per un’insegna pubblicitaria su un auto, il Tribunale la annulla

A innescare la vicenda la Prefettura di Brescia che nel 2014 aveva comminato una sanzione al proprietario di un veicolo ad uso speciale e al conducente che lo guidava al momento della contestazione per avere violato l’art. 23 del Codice della Strada avendovi effettuato pubblicità non luminosa per conto di un’azienda. I due avevano proposto opposizione contro il verbale di contestazione intimato dalla Prefettura, ma il giudice di Pace di Brescia lo aveva respinto, e avevano quindi impugnato la decisione avanti il Tribunale cittadino che invece, con sentenza del 2016, aveva accolto il gravame ritenendo che l’art. 23 C.d.s. disciplinasse l’apposizione di scritte o insegne rifrangenti, consentite nei soli limiti previsti dal regolamento, mentre nello specifico si era al di fuori della norma invocata dall’Amministrazione nei casi di apposizione su veicoli di scritte o di insegne non luminose, che secondo i giudici di seconde cure doveva ritenersi sempre consentita.

A questo punto è stata la Prefettura di Brescia a presentare ricorso per cassazione con un unico motivo, deducendo la violazione e la falsa applicazione degli artt. 23, comma 2 Cds e 57 del relativo regolamento e lamentando che il giudice del gravame “avesse ritenuto illegittimo l’art. 57 del Regolamento di attuazione del C.d.s. in riferimento all’art. 23 C.d.s., così disapplicandolo, per prevedere che la pubblicità sulle auto private sarebbe consentita unicamente per l’apposizione del marchio e della ragione sociale della ditta cui appartiene il veicolo, pur ammettendo che i precetti della legge sufficientemente individuati possano essere etero-integrati da norme regolamentari”.

Con ordinanza interlocutoria n. 27324/2019, la Suprema Corte aveva rinviato la causa a nuovo ruolo per essere rimessa alla trattazione in pubblica udienza “per la rilevanza di definire in via normofilattica il principio di legalità in tema di illecito amministrativo, da coniugarsi con le previsioni di norme secondarie integrative del precetto contenuto nella norma primariaper citare le motivazioni. Si  è quindi giunti al dunque e la Cassazione conclude che il motivo di ricorso è inammissibile.

E’ vero – permettono gli Ermellini – che, sulla scorta di una consolidata giurisprudenza, la riserva di legge sancita dalla legge n. 689 del 1981, art. 1, se non consente che una fonte subprimaria possa autonomamente stabilire una sanzione amministrativa, consente però che la legge (statale o regionale) preveda l’integrazione del precetto da parte di fonti non legislative, purché siano dalla legge sufficientemente individuati e siano etero-integrati da norme regolamentari, in virtù della particolare tecnicità della dimensione in cui le fonti secondarie sono destinate ad operare”.

 

La norma di legge prevede “chiaro” che le insegne non luminose sono sempre consentite

Tuttavia, proseguono e chiariscono i giudici del Palazzaccio, “nella specie la sentenza gravata, nel riferire che ai sensi dell’art. 23 comma 2 C.d.s. “é vietata l’apposizione di iscritte o insegne pubblicitarie luminose sui veicoli. E’ consentita quella di scritte o insegne pubblicitarie rifrangenti nei limiti e alle condizioni stabiliti dal regolamento, purché sia escluso ogni rischio di abbagliamento o di distrazione dell’attenzione nella guida per i conducenti degli altri veicoli”, dà conto che la previsione normativa contiene due precetti, il divieto di apposizione di scritte o insegne pubblicitarie luminose e la legittimità di quelle rifrangenti nei limiti previsti dal regolamento”.

La decisione del Tribunale, sottolinea la Cassazione, chiarisce che la norma regolamentare successiva, l’art. 57 comma 1 C.d.s., “completa la fattispecie stabilendo la legittimità senza alcun tipo di accertamento (per cui sono consentite sempre) dell’apposizione di scritte e insegne non luminose”.

Così inquadrata, dunque, la fattispecie a livello normativo, “il giudice del gravame statuisce la mancata contestazione della rifrangenza della scritta e/o insegna apposta sul veicolo per conto della (omissis) s.p.a., come si desume là dove ritiene che nel caso in esame sia stata in realtà introdotta un’ipotesi di illecito non prevista dalla norma primaria per avere stabilito dei limiti alla apposizione di scritte e/o messaggi pubblicitari non luminosi che la norma primaria ritiene consentita, senza stabilire alcun limite e senza prevedere alcun rinvio alla norma secondaria per la regolamentazione dei casi di ammissibilità”. In altre parole, non vi è spazio alcuno per una eventuale integrazione di una norma secondaria.

E del resto che la contestazione fosse in tal senso lo aveva riconosciuto la stessa Prefettura, affermando che con verbale di accertamento del 15 febbraio 2014 la Polizia Stradale di Brescia aveva contestato agli intimati “l‘avere effettuato alla guida di veicolo ad uso speciale – adibito ad uso proprio – pubblicità non luminosa per conto terzi a titolo oneroso”.

Ne consegue che, essendo le difese della Prefettura tutte indirizzate a dolersi dell’individuazione della fattispecie contestata nel senso della rifrangenza delle insegne pubblicitarie apposte sul veicolo adito ad uso speciale, “essa appare fuori quadro rispetto all’ordito motivazionale che fa riferimento a pubblicità non luminosa e non già a quella rifrangente. Ed anche a volere interpretare il motivo nel senso della contestazione della pubblicità non luminosa effettuata su mezzo ad uso speciale per conto terzi a titolo onero, risulta trattarsi di questione che nella sua estrema genericità prospetta anche profili di novità, neanche chiarendo quando e dove la problematica dell’onerosità sarebbe stata introdotta dalla ricorrente nel corso del giudizio di merito” conclude la Cassazione, con conseguente rigetto del ricorso.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Contenzioso con Pubblica Amministrazione

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