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Per essere equamente risarcito di un danno patito in seguito ad un sinistro stradale il danneggiato ha l’onere di allegare alla domanda tutti i documenti, soprattutto medici, che la supportino, perché l’azione del consulente tecnico d’ufficio nominato dal giudice ha dei limiti al riguardo: il Ctu, cioè, può chiedere di acquisire tutti i documenti necessari a rispondere ai quesiti sottopostigli, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti, purché però essi non siano “diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni, che è onere delle parti provare”.

L’ha appreso a proprie spese un uomo rimasto vittima di un investimento causato dalla esclusiva responsabilità della controparte ma del quale la Cassazione, con la sentenza n. 25604/22 del 31 agosto 2022, ha definitivamente rigettato le pretese circa il quantum.

Respinta la richiesta di maggior risarcimento a un pedone investito

La vicenda. Un pedone, vittima di un sinistro stradale avvenuto nel dicembre 2013, aveva citato in causa Cattolica chiedendo il risarcimento dei danni subiti dall’auto che lo aveva investito e che era per l’appunto assicurata con quella compagnia, quantificando in 36.646,50 euro i danni subiti, a fronte dei soli 16mila euro che l’assicurazione gli aveva già versato e che egli aveva trattenuto come acconto: l’investitore, nei confronti del quale era stata ordinata l’integrazione del contraddittorio, non si era costituito.

All’esito dell’espletata istruttoria, con sentenza del 2019, il Tribunale di Busto Arsizio, preso atto che la controversia riguardava solo il quantum, non essendo stata contestata la responsabilità dell’investitore, aveva quantificato il danno subito dal pedone in 14.152,55 e, tenuto conto che la società citata in causa gli aveva già corrisposto, prima dell’instaurazione del giudizio, come detto, 16mila euro, aveva rigettato la residua domanda e condannato il danneggiato a pagare le spese di lite.

Il pedone aveva quindi appellato la sentenza contestando l’errata ricostruzione degli elementi di fatto compiuta in primo grado e l’errata valutazione della relazione peritale e della documentazione medica prodotta in atti, ma la Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 2020, aveva rigettato il gravame, confermando di conseguenza la sentenza impugnata e condannando l’appellante al pagamento, in favore della compagnia, delle spese di quel grado di giudizio.

Il danneggiato tuttavia è andato fino in fondo proponendo anche ricorso per Cassazione lamentando il fatto che la Corte d’Appello meneghina avesse ritenuto corretto da parte del Tribunale l’aver dichiarato inammissibile la richiesta formulata dal Consulente tecnico d’ufficio e volta ad acquisire il Cd della risonanza magnetica (RMN), con il relativo referto medico, sebbene esso fosse indicato nel racconto anamnestico presente in cartella clinica prodotta in atti”, così come aveva rigettato la sua istanza di revoca di tale ordinanza con cui era stata dichiarata l’inammissibilità della istanza del Ctu.

 

Il danneggiato non aveva allegato la risonanza magnetica

Secondo il ricorrente, la Corte territoriale, nel confermare che il Cd in questione rientrava tra i documenti che egli avrebbe dovuto depositare nel rispetto dei termini di legge, avrebbe, per citare il ricorso, “illegittimamente impedito la formazione di una Ctu avente un’effettiva valenza probatoria in giudizio, inficiandola di nullità”.

Per la Suprema Corte tuttavia il motivo è infondato. La Corte di merito, ricostruiscono la vicenda gli Ermellini, “dopo aver precisato che il Cd non risultava essere stato depositato dall’attore né con l’atto introduttivo né con le memorie ex art. 183, sesto comma, c.p.c., ha ritenuto corretta la decisione del Tribunale, che aveva ritenuto tardiva la richiesta del Ctu (poi reiterata sostanzialmente dall’attore) di produzione di tale Cd nel corso delle operazioni peritali, trattandosi, peraltro, di documentazione pacificamente nella disponibilità dello stesso attore”.

Nella circostanza, la Corte di merito aveva evidenziando che sui poteri del Ctu si registravano ben tre orientamenti della giurisprudenza di legittimità e aveva espressamente affermato che la documentazione, il Cd, di cui l’ausiliare del giudice e poi la stessa parte attrice avevano chiesto l’autorizzazione all’acquisizione ineriva “senza dubbio ad un fatto costitutivo della domanda avanzata dall’attore stesso”, e che il Ctu aveva comunque accertato che la lamentata lesione del legamento crociato al ginocchio sinistro risultava comunque successiva e indipendente rispetto al sinistro in oggetto.

Va osservato che sul contrasto giurisprudenziale richiamato nella sentenza impugnata e ripreso nel ricorso, sono recentemente intervenute le Sezioni Unite – chiarisce la Suprema Core – le quali, con sentenza n. 3086 dell’1/02/2022, hanno affermato che, in materia di consulenza tecnica d’ufficio, il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini conferitegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, possa acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti – non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a loro carico -, tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli”.

 

Il Ctu non può chiedere documenti che è tenuto a produrre l’interessato per provare le sue tesi

Tuttavia, aggiungono gli Ermellini, la stessa sentenza delle Sezioni Unite ha anche precisato che “tale potere è subordinato alla condizione che tali documenti non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d’ufficio”.

Risulta evidente – conclude quindi la Cassazione – che l’acquisizione della RNM del ginocchio del (omissis) fosse diretta a provare la sussistenza, oltre che del danno alla mano, anche del diverso danno al ginocchio dello stesso e, soprattutto, a dimostrare la sussistenza di un eventuale nesso causale tra l’evento lesivo e la lamentata rottura del legamento crociato anteriore (come peraltro evidenziato dallo stesso Ctu nella sua richiesta) e che, quindi, tale CD fosse diretto a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda”.

Ne consegue che, secondo la Suprema Corte, i giudici di merito “hanno fatto corretta applicazione delle norme che disciplinano l’attività di consulenza tecnica d’ufficio e, in sostanza, dei principi di recente affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte”. Di qui dunque il rigetto del ricorso anche se, tenuto conto che sulla questione le Sezioni Unite si erano pronunciate solo di recente, le spese del giudizio di legittimità sono state compensate tra le parti.

Scritto da:

Dott. Nicola De Rossi

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Categoria:

Incidenti da Circolazione Stradale

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